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La storia di Janus, da 16 anni in bici per scoprire il mondo: "Morirò pedalando" - FOTO
di Andrea Rifatto | 11/12/2016 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 11/12/2016 | ATTUALITÀ
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Janus River con la sua bicicletta
“Studente italiano fa il giro d’Europa in bicicletta”. Janus lo legge la mattina del 28 dicembre 1999 sulla copia de Il Messaggero che come ogni giorno un ragazzotto romano gli ha recapitato nella sua casa a Fregene. Balza in piedi. E perché non il giro del mondo in bici? Lo faccio io, si convince. Sessantaquattro primavere sulle spalle, sangue russo-polacco nelle vene, Janus River è in Italia da 21 anni quando decide di cambiare vita. Compra da un amico una bicicletta di quelle che scartano tutti, recupera due vecchi borsoni e un sacco a pelo e si mette in sella con poche lire in tasca. Destinazione mondo. A casa non lascia né moglie né figli ("Ufficialmente, sparsi per il mondo chissà quanti") ma solo una vecchia Alfa Romeo chiusa in garage. Sale sul traghetto Civitavecchia-Barcellona e poi fino alle Canarie: il Capodanno del 2000 lo festeggia in spiaggia sorseggiando champagne ma senza perdere troppo tempo. Europa, Africa, America, Asia e Russia: Janus macina quasi 250mila chilometri attraversando 150 Paesi, affidandosi alla sola ospitalità dei borghi e delle città che raggiunge. Negli ultimi quattro anni ha pedalato sulle strade russe, poi la tabella di marcia prevedeva Australia, Sud America e infine Italia: capolinea Roma 2024, alla cerimonia inaugurale dei Giochi olimpici. Che però non si apriranno mai. Niente problema, i canguri possono aspettare: Bel Paese eccomi. Dieci ore di treno dalla Siberia fino a Cracovia, poi sul bus che ogni settimana fa la spola con Palermo: 38 ore di viaggio e l’arrivo a Messina. L’avventura italiana di Janus River inizia in riva allo Stretto martedì 29 novembre 2016, da dove si mette in viaggio, dopo l'incontro con il sindaco Renato Accorinti, attraversando i centri della riviera jonica messinese. Il quaderno sgualcito dove racconta da 16 anni le sue giornate dice che il giro dell’Italia si compirà pedalando per 12mila chilometri in due anni, con ritorno al punto di partenza a gennaio 2019. Cinque giorni e 30 chilometri dopo eccolo a S. Teresa di Riva. Oggi ha 80 anni, il volto segnato dal tempo ma sempre sorridente, un animo desideroso di conoscere nuovi mondi e di trasmettere agli altri la propria storia. “Vivevo bene, avevo abbastanza soldi per concludere la mia esistenza senza problemi ma ho voluto fare qualcosa che nessuno prima di me al mondo avesse mai fatto”. Superbia direte. Ma non sembra, piuttosto una sana follia. Si definisce italo-russo-polacco. Sì l’Italia al primo posto, perché metà della sua vita è legata alla Penisola, dove approda nel 1978, all’indomani dell’elezione di Karol Wojtyla a Papa. Un pontefice che dona un barlume di speranza ai polacchi oppressi dal regime comunista, da cui Janus fugge per rifugiarsi in Siria e poi in Egitto, dove si converte alla fede musulmana, e la cui elezione gli consente di ottenere il passaporto italiano, grazie ad “agganci” diplomatici. “Ma non parliamo di me, parliamo del mio viaggio”. Poi si convince. “Ho lavorato come impresario nel mondo dello spettacolo e del calcio internazionale – racconta – e in Italia ho collaborato con Aldo Biscardi al Processo del Lunedì e con Zbigniew Boniek. Però il mio destino di viaggiatore era già segnato dalla nascita. Mia madre, di origine russa, volle chiamarmi Janus perché era innamorata dell’Italia e studiando le origini del vostro Paese scoprì Giano, dio dei passaggi e inventore dell’arte della navigazione”. Dalle navi alla bicicletta il salto è lungo ma concediamo questa licenza mitologica. Lasciati i soldi in banca e messosi in sella, oggi Janus River vive con la sua bici, un carico da 30 chili da portare con sé e tre euro al giorno in tasca: “Senza l’aiuto di voi giornalisti non ce l’avrei mai fatta, nessuno sapeva del mio viaggio e solo grazie ai giornali che parlano di me riesco a trovare ospitalità e a cavarmela anche nelle situazioni più difficili”. Che dal 2000 a oggi non sono di certo mancate. “Sono stato rapito 32 volte in dieci paesi del mondo, dal Caucaso alla Cecenia fino alle Filippine, ma sono ancora qua. Accadeva tutto quando attraversavo villaggi sperduti dove non si vedeva anima viva: all’improvviso spuntavano fuori famiglie e spesso anche bambini, non delinquenti o bande di criminali, che mi prendevano in ostaggio e poi contattavano le ambasciate per trattare. E in casi come questi bastano poche migliaia di dollari per ridare la libertà a un anziano sconosciuto al mondo. Mi è sempre andata bene, anzi: quando raccontavo la mia storia riuscivo anche a racimolare qualche banconota”. Più che fortunato. “In Messico, invece, mi avevano dato già per morto dopo il morso di un serpente che mi devastò la gamba, ma me la cavai”. Janus sottolinea con orgoglio di essere il detentore di tre record mondiali: “Non mi interessa il guinness dei primati, è roba per pazzi che mangiano in fretta spaghetti, però non dormo in un letto da 16 anni, sono l’unico in giro per il mondo alla mia età e non ho mai forato una ruota, grazie alle gomme speciali che mi ha fornito una società tedesca”. Ne va orgoglioso mentre mostra il suo menù giornaliero, fatto di tanta verdura a pranzo e frutta a cena, che gusta prima di andare a dormire in vecchi castelli o cimiteri. Quotidianamente Janus incontra i bambini delle scuole per raccontare la sua avventura, che lascia a bocca aperta anche i grandi. Il suo itinerario in provincia di Messina si è concluso in questi giorni Giardini Naxos e adesso inizierà da Calatabiano il giro nella provincia catanese, dove rimarrà per dieci giorni incontrando anche il sindaco di Catania e della Città metropolitana, Enzo Bianco. E a Capodanno? “Dovrei essere nella provincia di Siracusa, dormirò in un cimitero e avrò con me la mia bici e una bottiglia di champagne”. Sembra commuoversi. “Dedico questo giro all’Italia, perché mi ha accolto e mi ha dato la possibilità di vivere e lavorare. Andrò avanti fin quando la salute me lo permetterà ma ho una sola certezza: “Morirò pedalando, probabilmente sulle pericolose strade del Sud America”. Buon viaggio Janus.