Gestione dell’Ato Me4, in sette finiscono sotto processo per appalti e ammanchi di denaro
di Andrea Rifatto | 02/07/2020 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 02/07/2020 | CRONACA
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L'Ato gestisce ancora il servizio in alcuni comuni jonici
La gestione dell’Ato Me4 e di quanto ruotava intorno alla società d’ambito che si occupa dal 2001 del ciclo rifiuti nella zona jonica e nella valle dell’Alcantara era da tempo sotto i riflettori della Procura di Repubblica di Messina. Adesso il Tribunale peloritano ha rinviato a giudizio sette persone, accusate a vario titolo di peculato, abuso d’ufficio e millantato credito per fatti contestati tra il 2011 e il 2017. All’udienza preliminare di ieri pomeriggio il Gup Fabio Pagana, accogliendo la richiesta del Pm Alessandro Liprino, ha mandato a processo l’ex commissario straordinario Ettore Ragusa, il direttore generale Arturo Vallone, i commissari liquidatori Leonardo Racco, Francesco Bondì e Alessandro Di Tommaso per i casi di abuso d’ufficio; l’impiegata Loretta Sanfilippo, dipendente del Comune di Giardini Naxos distaccata per un periodo all’Ato Me4 e il “mediatore” Agatino Rosario Vinci per la contestazione di millantato credito. Il dibattimento inizierà il 15 ottobre davanti ai giudici della Prima Sezione penale del Tribunale di Messina. I sette imputati sono difesi dagli avvocati Danilo Santoro, Giovanni Randazzo, Beatrice Furfaro, Carlo Autru Ryolo, Rina Frisenda e Giovanni Mannuccia. Al centro dell’inchiesta sono finite delle convenzioni per lo smaltimento di rifiuti con altrettante ditte che secondo l’accusa sarebbero fuorilegge, un cospicuo ammanco di denaro dalle casse della società e un sedicente mediatore che riceve un compenso per il suo presunto interessamento. L’accusa di abuso d’ufficio per i vertici dell’Ato Me4 riguarda infatti due convenzioni per lo smaltimento dei rifiuti stipulate con le imprese “EcoBeach” per l’importo di 688mila euro e “Waste Green” per 46mila euro, che secondo l’accusa sarebbero state siglate senza lo svolgimento di una gara pubblica e senza adottare alcun criterio di rotazione nella scelta degli affidatari. Per la Sanfilippo l’accusa è di peculato in quanto si sarebbe appropriata tra il 2011 e il 2014 di 71mila euro “sottraendoli dai conti correnti di cui essa aveva la disponibilità per ragioni del suo ufficio”, denaro che sarebbe finito con una serie di bonifici nel suo conto personale in una banca di Gaggi. Il millantato credito contestato a Vinci deriva invece dal pagamento di mille euro effettuato in suo favore dal direttore generale Vallone “come prezzo della propria millantata mediazione verso i pubblici uffici o impiegati”.