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L'energia dei Sikilia: in scena tragedie ed emozioni - FOTO
di Redazione | 28/11/2014 | CULTURA E SPETTACOLI
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Sabato 29 (alle 20.30) e domenica 30 novembre (alle 18.30) la Compagnia Sikilia torna in scena al teatro "Val d'Agrò" di S. Teresa di Riva con "Terremigranti 1908-1920", pièce teatrale sul terremoto che distrusse Messina e sulla successiva emigrazione che portò migliaia di siciliani a lasciare la terra natia per dirigersi in terre lontane. Venerdì 28 alle 17.30 si terrà una replica per gli studenti dell'Istituto comprensivo di S. Teresa di Riva, grazie alla collaborazione tra Cettina Sciacca, che guida i Sikilia, e la dirigente scolastica Enza Interdonato. L'ultimo appuntamento con lo spettacolo è in programma domenica 7 dicembre alle 20.30. Appunti di un regista stavolta in veste di spettatore - di Pier Paolo Segneri Alcune foto di scena
Ospitiamo qui due recensioni su "Terremigranti 1908-1920": la prima della prof.ssa Pina D'Alatri di Messina e la seconda del regista Pier Paolo Segneri di Roma.
Dopo la prima “Terremigranti “: dalla distruzione alla rinascita - di Pina D’Alatri
Nel piccolo teatro “Val d’Agrò “ di Santa Teresa di Riva (Me) ha avuto luogo la prima dello spettacolo musicale “Terremigranti” , interpretato dal gruppo Sikilia, sotto la regia e direzione artistica di Cettina Sciacca e con la direzione musicale di Antonio Pizzi. Il pubblico numerosissimo, gremiva il teatro, nell’attesa di gustare uno spettacolo di rilievo, come tutti quelli allestiti e interpretati da questi valenti artisti. Pur in uno spazio limitato, il gruppo ha dato il meglio di sé. L’epicità dell’argomento, la maestosità degli scenari rappresentati nello sfondo, il gran numero dei musicisti, attori, ballerini e figuranti avrebbero richiesto uno spazio ben più ampio, ma la professionalità dei Sikilia è riuscita a supplire a quanto mancava. Lo spettacolo ha coinvolto gli spettatori intensamente, colmandone gli occhi e cuore. La vicenda prende inizio da quegli interminabili trentasette secondi che, nella notte del 28 dicembre 1908, scuotono la terra e il mare circostanti Messina e si sviluppa negli anni difficili del post terremoto, quando è ancora tutto macerie e dolore. Ogni cosa è persa, intorno solo miseria e morte. Gli aiuti arrivano ma la burocrazia è lenta. Comincia l’esodo di un popolo affranto, verso il Nuovo Mondo. Sfilano nello sfondo le immagini raccapriccianti dei crolli, le cataste dei detriti tra cui occhieggiano piantine, ancora fiorite, indumenti, libri: tra la morte, segni aggraziati di vita. Sul palcoscenico gli artisti cantano, ballano, recitano, evocando i momenti della distruzione ma anche le lievitanti speranze di rinascita. Alla disperazione dei canti delle donne prefiche, che urlano, piangono e si percuotono come in un coro da tragedia greca, rispondono i ritmi più lievi e agili di qualche famoso refrain dei nostri giorni. In realtà passato e presente si fondono: ieri, la catastrofe, oggi, la paura ancestrale di un oscurità minacciosa; ieri, la partenza con gli abiti buoni della domenica e con le valigie di cartone, oggi, l’imbarco con trolley e abbigliamento casual. Oggi come ieri, lasciandosi dietro non le macerie ma i sogni infranti. I Sikilia però vogliono esorcizzare la paura, rendendo indelebile il ricordo ma, nel contempo, lanciando messaggi positivi. Loro stessi rappresentano questa positività. Nell’”isola” dove la cultura l’arte, l’inventiva, la poliedricità sono innate, tutto sembra segnare il passo. Giovani talenti abbandonano, vanno via nelle grandi città italiane o all’estero e spesso realizzano le loro attese. I “Sikilia” restano , caparbi non si arrendono, si affidano alla forza del proprio talento e sperano. Noi li abbiamo ascoltati e crediamo in loro.
I Sikilia sono molto di più che una semplice compagnia teatrale, sono una vera e propria alchimia, una scuola di formazione artistica, una scuola per attori e interpreti. E Cettina Sciacca ha le qualità dei maestri, dei formatori e di quelle persone che riescono a far crescere gli altri valorizzando ciascuno singolarmente per quello che è, per ciò che in quel momento sa dare, per quello che può dare, per il ruolo che ricopre e che, seguendo le sue indicazioni, piano piano, passo dopo passo, lo porterà a essere migliore, a perfezionarsi, a diventare più bravo, più incisivo, più credibile.
Ho deciso di scrivere questi appunti perché ho visto qualcosa di speciale al Teatro Val d’Agrò di S. Teresa di Riva (Me), ho visto l’impegno di tante persone trasformarsi in talento collettivo. In Terremigranti 1908 – 1920, ci sono dei momenti così intensi e drammatici, così autentici e dolorosi, che si preferisce rinunciare all’applauso, forse come segno di rispetto per tanta sofferenza, quasi per pudore, senz’altro per la profondità del messaggio. Si resta senza respiro in alcuni momenti. Si piange per l’intensità di alcuni quadri teatrali. Ma non si vive soltanto l’aspetto tragico, durante lo spettacolo si sorride, anche. Ci sono dei passaggi molto divertenti, solari, pieni di gioia di vivere: col canto, la danza, la musica. L’energia drammatica e drammaturgica dei Sikilia è coinvolgente. Ecco: l’ho scritto. Ma loro stessi sanno anche che devono migliorare ancora. Lo spettacolo è una magia continua che cresce lungo il corso dei minuti, comincia un po’ sottotono poi cresce, si evolve, si scalda. Infine, si applaude a scena aperta. Altre volte si vorrebbe applaudire e non lo si fa perché l’emozione è tale e la tragedia è così vera da inibire anche lo spettatore più sfrontato.
Ci sono, certo, durante lo spettacolo, diversi aspetti della messa in scena che possono e devono essere perfezionati, ma l’energia emotiva ed emozionale che arriva dal palco è talmente forte da superare qualunque criticità tecnica o espressiva. In questo caso, la regia dello spettacolo determina la magia dello spettacolo e la magia è nascosta nei dettagli, nella cura dei particolari, nel duro lavoro dell’intera compagnia. La rappresentazione, però, è vissuta con tale leggerezza dai Sikilia che non si avverte nemmeno il fatto che ogni scelta deriva da una decisione oculata e non casuale. In Terremigranti 1908 – 1920, anche ciò che può apparire casuale, infatti, è il prodotto di un fragile equilibrio raggiunto nelle prove, con un’attenta regia, con una dedizione davvero professionale di ogni singolo componente, musicisti compresi.
Lo spettacolo scivola via come un evento naturale. Senza apparente artificio, senza che lo spettatore possa avvertirne la costruzione, la fatica, il lavoro che c’è dietro. Come se la regia quasi non vi fosse, tanto è profonda, precisa, appassionata. Malgrado qualche piccola mancanza o qualche breve calo di attenzione. Si tratta di peccati veniali.
Insomma, lo spettacolo è caratterizzato da una regia a servizio degli altri elementi scenici e tecnici. Tutto si regge grazie a un lavoro individuale e di gruppo che ha permesso agli attori di esprimere il meglio di loro stessi, ciascuno rispetto alle proprie possibilità, ognuno con le proprie caratteristiche, uno per uno secondo le proprie corde interpretative. Tutto avviene sul palco come se, dietro alla recitazione di ogni singolo interprete, restasse celata l’opera umile di una direzione dell’attore compiuta dalla regista in modo tale che non si percepisse il meticoloso e attento lavoro di regia che vi è in ognuno dei personaggi in scena.
Le due storie narrate, in altre parole, divise in due tempi distinti e, dunque, quasi fossero due spettacoli in uno, avvolgono lo spettatore senza mai annoiare.
Lo spettacolo scorre attraversando le emozioni del pubblico, come quando si assiste a un fenomeno della Natura perché in Terremigranti 1908 – 1920 tutto si muove, interagisce, progredisce e accade come se le luci, la musica, gli attori, il testo e i video agissero spontaneamente. Anche gli imprevisti, alla fine, sembrano voluti, pensati e provati. Come è accaduto a una valigia che non si chiudeva più e che, più si tentava di aggiustarla e più si apriva, anzi: col rischio che si sfondasse nella parte opposta. Una gag che sembrava costruita durante le prove. Divertente.