Selenizza 1943: una strage dimenticata
di Fabrizio Sergi | 18/10/2014 | STORIA
di Fabrizio Sergi | 18/10/2014 | STORIA
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Tra le vittime il carabiniere Rosario Sergi di Roccalumera
Nel 200° anniversario della fondazione dell’Arma dei Carabinieri desidero ricordare un episodio che mi tocca personalmente, rimasto nell’oblio per 70 lunghi anni. L'eccidio di 122 carabinieri, vittime di una strage compiuta da bande irregolari albanesi nei pressi delle miniere di Selenizza, in Albania, molti dei quali sono tuttora considerati dispersi dal marzo del 1943. La ricostruzione è iniziata da una nota, datata 5 aprile 1943, a firma del colonnello Luigi Bertarelli, comandante della Legione dei carabinieri di Valona, secondo la quale la colonna, composta dai 122 carabinieri e da alcuni soldati, guidata dal tenente colonnello Giuseppino Ricci, sarebbe caduta in un'imboscata tesa l'1 aprlle 1943 da circa 800 ribelli albanesi. Stando a quanto detto nell'informativa di Bertarelli, i militari italiani sarebbero stati attaccati mentre tentavano di raggiungere le miniere carbonifere di Selenizza. Dopo un primo conflitto a fuoco, i soldati furono lasciati fuggire: i carabinieri, invece, accerchiati e massacrati. Da un'inchiesta condotta dalla Procura di Bari solo nel 1993 è emerso che i responsabili della strage di allora sarebbero stati "non belligeranti". Le indagini compiute nell'immediatezza del fatto portarono il colonnello Bertarelli a ipotizzare il tradimento da parte di un carabiniere aggregato, di nazionalità albanese. Secondo il racconto attendibile di un anziano del luogo, i cadaveri dei militari furono gettati poi nella "Grotta del pipistrello", nei pressi di Selenizza, dopo essere stati spogliati delle divise e depredati. Questa ricostruzione consentirebbe di dare, secondo gli investigatori, una spiegazione plausibile al ritrovamento nella grotta di 43 salme (una identificata grazie alla piastrina militare con le generalità), scoperte dalla commissione Onorcaduti durante le missioni compiute negli anni a seguire. Dopo due anni di ricerca personale, grazie al contributo del museo storico dell’Arma, sono riuscito ad avere copia del rapporto di quelle drammatiche ore, ormai documento storico, con l’elenco completo dei caduti e di tutti i dispersi, molti dei quali siciliani, che guarda caso coincidono con il numero dei ritrovati. Mi è stato spiegato che è impossibile recuperare le vittime in quanto la grotta è totalmente impraticabile, per cui chi vi è rimasto, probabilmente, non avrà mai una degna sepoltura. Oggi, non si può che ricordare questi ragazzi che hanno perso la vita in un agguato, lasciando parenti, mogli e figli, e per i quali probabilmente non vi è stato mai un giusto riconoscimento da parte della loro madre patria. Un evento che nonostante l’ingente numero di morti è passato tristemente nell’oblio.
Il mio ricordo personale va al carabiniere Rosario Sergi, di Roccalumera, al quale è stato precluso il futuro a soli 33 anni.