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Rumore ambientale, da disagio a occasione di sviluppo
di Aldo Lenzo | 22/06/2013 | AMBIENTE
di Aldo Lenzo | 22/06/2013 | AMBIENTE
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I rumori prodotti dalle attività dell’uomo si sono diffusi via via anche negli ambienti di vita mentre prima erano relegati ai soli ambienti di lavoro. Il disagio provocato dal rumore è così diffuso, oggi, che molti lo considerano una parte ineludibile della nostra esistenza. Un recente studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha certificato l’innegabile evidenza scientifica del “carico di malattia” che incombe su gran parte della popolazione che vive in agglomerati urbani. I sintomi più diffusi che si manifestano a causa di una eccessiva esposizione al rumore sono insonnia, alterazione del sistema cardio-vascolare, annoyance, difficoltà di apprendimento da parte dei bambini. Il problema è serio e non va sottovalutato. Ed è per questo che l’Europa, da tempo, ha avviato una politica di contrasto al rumore (libro verde sul rumore del 4 novembre 1996). Il rumore viene finalmente riconosciuto come una delle principali minacce per il benessere psicofisico delle persone. La direttiva Ue del 2002 Una accelerazione nell’impegno per una progressiva riduzione del rumore è rappresentata dalla direttiva 2002/49/CE del 25 giugno 2002 del Parlamento e del Consiglio europeo “relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale”, volta ad evitare, prevenire o ridurre, secondo le rispettive priorità, gli effetti nocivi, compreso il fastidio, dell’esposizione al rumore ambientale attraverso la determinazione dell’esposizione al rumore ambientale mediante la mappatura acustica realizzata sulla base di metodi di determinazione comuni agli stati membri; l’informazione del pubblico in merito al rumore ambientale e ai relativi effetti; l’adozione di piani di azione (piani di risanamento) in base ai risultati della mappatura acustica, allo scopo di evitare e ridurre il rumore ambientale laddove necessario, e in particolare, allorché i livelli di esposizione possono avere effetti nocivi per la salute umana, nonché di conservare la qualità acustica dell’ambiente quando questa è buona. Un'occasione (persa) per creare sviluppo L’Italia ha recepito la direttiva con il D.Lgs 19 agosto 2005, n. 194. Peccato, però, che il nostro Paese si sia dimostrato anche in questa occasione incapace di rispettare gli impegni assunti con la Comunità europea, la quale il 25 aprile scorso ci ha messo in mora per la mancata attuazione della citata direttiva. A 18 anni dalla Legge quadro sull’inquinamento acustico gran parte dei comuni del Sud Italia non ha ancora un piano di zonizzazione acustica né i regolamenti per l’attuazione della disciplina statale e regionale per la tutela dell’inquinamento acustico.Servono nuove linee guida, anche per aiutare le attività industriali, artigianali e musicali a lavorare meglio e al contempo migliorare la qualità della vita del nostro Paese. L’applicazione integrale della direttiva europea consentirebbe di agire su più fronti: ricerca e innovazione tecnologica che riguarderà infrastrutture stradali, veicoli silenziosi, realizzazione di piste ciclabili, sviluppo del traffico ferroviario locale; una nuova gestione e il miglioramento del patrimonio edilizio esistente; una nuova spinta tecnologica nell’industria di materiali per l’edilizia. Tutto ciò equivale a sviluppo e nuovi posti di lavoro.