Sabato 20 Aprile 2024
Il letto del Pietrabianca, da cui si accede a un campeggio, non è transitabile


Letojanni, la strada sul torrente rimane sequestrata: la Cassazione respinge il ricorso

di Andrea Rifatto | 16/09/2019 | ATTUALITÀ

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La strada sul torrente Pietrabianza

Rimane sotto sequestro la strada sul torrente Pietrabianca di Letojanni, che dal km 41 della Statale 114 in contrada Milianò consente l’ingresso al camping Paradise di proprietà dell’ing. Pietro Leo e al terreno di fronte (ex lido Moby Dick) di proprietà della catanese Valeria Giaquinta. La Cassazione ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Leo contro l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Messina del 24 aprile scorso che ha disposto il sequestro della strada (LEGGI QUI) in base a quanto stabilito dal Tribunale delle Acque con sentenza dell’ottobre 2018, con la quale è stato respinto il suo ricorso contro la decisione del dicembre 2017 dal Genio civile di revocare un’autorizzazione del 1992, con la quale veniva autorizzato il transito veicolare per raggiungere il Paradise da aprile a ottobre. Una vicenda nata a seguito di una denuncia presentata da Leo contro Giaquinta, che ha aperto un varco per accedere alla sua proprietà danneggiando il muro d’argine di proprietà del demanio fluviale, finendo indagata per danneggiamento aggravato. Pietro Leo, tramite gli avvocati Antonio Maria Ludovico Paratore e Alessandro Billè, sosteneva che il Riesame avrebbe basato la propria decisione su una lettura distorta sia del provvedimento della Regione del settembre 1991 sia della nota del 26 aprile 2017 del Comune di Letojanni, con i quali gli era stato concesso di ripristinare il tracciato sul letto del torrente e il diritto di transitarvi e aprire due varchi nel muro d'argine: a suo dire i giudici avrebbero affermato la sussistenza di una condotta illecita (Leo è indagato per invasione di terreni) pur essendo munito di titolo legittimante l'occupazione e anche se è punita la condotta commissiva di chi si introduce abusivamente in un terreno altrui in mancanza di titoli autorizzatori ma non anche la condotta di chi, dotato in un primo momento di concessione, non la arresta ma continua a transitarvi o ad esercitare un possesso ab origine legittimamente conseguito.

La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto può essere proposto solo per violazione di legge, che non c’è stata da parte del Riesame il quale ha rilevato come l'alveo del Pietrabianca sia un bene demaniale, deputato al deflusso delle acque e pertanto il transito deve essere previsto ed autorizzato, autorizzazione non rinvenuta tra gli atti acquisiti dagli Enti pubblici e neppure tra la documentazione prodotta dalle difese degli indagati. Il Riesame ha affermato in particolare che l'autorizzazione rilasciata dalla Regione doveva intendersi "limitata allo svolgimento dei lavori di sistemazione alveo e rifacimento muro d'argine torrente Pietrabianca", avuto riguardo all'oggetto del provvedimento e al fatto che essa prevedeva che "rimanesse inalterato l'alveo (in tal senso era espresso parere negativo alla pavimentazione), là dove lo stato attuale dei luoghi è contrassegnato dalla presenza sul letto del torrente di una strada in cemento attraversata da opere di urbanizzazione". Nella nota del 26 aprile 2017, invece, il Comune di Letojanni prendeva atto di una situazione di fatto ma non chiariva se le opere fossero state eseguite in presenza delle necessarie autorizzazioni. Quindi l'occupazione è avvenuta senza titolo, risultando dalla documentazione agli atti solo un'autorizzazione temporanea e limitata alle attività necessarie ad eseguire i menzionati lavori, non, dunque, un'autorizzazione ad occupare il bene demaniale. Il reato inoltre non è prescritto in quanto “la permanenza del reato di abusiva occupazione si protrae fino a che essa perdura e, pertanto, il termine di prescrizione decorre non dalla data dell'accertamento, ma da quella del rilascio della concessione o dello sgombero, individuandosi in tale momento la cessazione dell'illegittimo uso e godimento di fatto del bene demaniale”. Il ricorso di Pietro Leo è stato quindi dichiarato inammissibile e lo stesso è stato condannato al pagamento delle spese processuali pari a 2mila euro alla Cassa delle ammende.


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