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Abusi edilizi, don Broccio pienamente sconfitto al Tar: "Quella chiesa non è consacrata”
di Andrea Rifatto | 19/06/2020 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 19/06/2020 | ATTUALITÀ
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Don Broccio e una celebrazione a Ligoria
“Il ricorso è in parte infondato e in parte inammissibile”. E così è arrivata una netta sconfitta per il sacerdote Francesco Broccio procedimento giudiziario pendente dinanzi al Tar di Catania relativo alla demolizione delle opere abusive (quattro edifici tra cui una chiesa, per un totale di quasi 2.500 metri cubi) realizzate in contrada Ligoria a Santa Teresa all’interno del “Parco della Divina Misericordia”. Demolizione ordinata dal Comune con un provvedimento emesso il 24 maggio 2019, contro cui il sacerdote si è opposto sin da subito senza ottenendo però alcun risultato, in quanto tutte le richieste di sospensiva sono state finora rigettate sia dal Tar che dal Cga. Adesso c’è un primo punto fermo, posto dall’articolata sentenza di primo grado pubblicata ieri con la quale i giudici della Terza Sezione (Daniele Burzichelli presidente estensore, Giuseppa Leggio e Diego Spampinato consiglieri) hanno rigettato il ricorso introduttivo presentato dal prete (attuale sacerdote delle frazioni di Savoca), dichiarato inammissibile il primo e rigettato il secondo ricorso per motivi aggiunti, condannandolo al pagamento di 2.000 euro di spese di giudizio. Don Broccio, difeso dall’avv. Francesca Ferro, aveva chiesto innanzitutto l’annullamento dell’ordine di demolizione dei quattro corpi di fabbrica (B, C, D, E)realizzati in assenza di titolo abilitativo e di un corpo di fabbrica (A) realizzato in difformità dal titolo concessorio; successivamente si era rivolto nuovamente al Tar chiedendo di annullare il provvedimento del 9 agosto 2019 con cui l’Ufficio tecnico comunale ha espresso parere negativo sulla richiesta di permesso di costruire in sanatoria e del provvedimento della Polizia municipale del 28 ottobre con cui è stata accertata l’inottemperanza all’ordine di demolizione. Nel ricorso l’avv. Ferro contestava per conto di Broccio le procedure adottate dal Comune, sostenendo che l’ordine di demolizione non risulta motivato in modo adeguato, non avendo il Comune qualificato in modo puntuale gli interventi realizzati, né precisato la data di loro realizzazione; si rilevavano tra l’altro errori di misurazione e la mancata considerazione dei limiti della tolleranza del 3%”. In merito alla chiesa (corpo B) veniva fatto presente come fosse una struttura “adibita ad attività di culto, con la conseguenza che non può essere demolita se non per gravi ragioni e previo accordo con l’autorità ecclesiastica (citando l’art. 831 Codice civile “Gli edifici destinati all'esercizio pubblico del culto cattolico, anche se appartengono a privati, non possono essere sottratti alla loro destinazione neppure per effetto di alienazione, fino a che la destinazione stessa non sia cessata in conformità delle leggi che li riguardano” e l’art. 5 della Legge 121/1985 “Gli edifici aperti al culto non possono essere requisiti, occupati , espropriati o demoliti se non per gravi ragioni e previo accordo con la competente autorità ecclesiastica”), mentre in merito al corpo E si spiegava nel ricorso che “è adibito all’accoglienza gratuita di soggetti svantaggiati e ospita pazienti malati di tumore”. Inoltre si faceva presente che “è trascorso un notevole lasso di tempo dai presunti abusi e anche in passato il Comune era perfettamente a conoscenza dello stato dei luoghi”. In effetti al “Parco della Divina Misericordia” si erano recati diverse volte vari amministratori comunali per fare visita a don Broccio o partecipare a manifestazioni, ma l’Ente si è mosso solo dopo la segnalazione del Genio civile di Messina, al quale era giunto un esposto inviato alla Prefettura. Secondo il Tar, invece, tutto l’iter seguito dal Comune di Santa Teresa, difeso dall’avv. Giuseppe Freni, è stato corretto e l’ordine di demolizione non fa una piega: “La destinazione del corpo B ad attività di culto deve essere ovviamente provata dall’interessato - scrivono i giudici - e sembra, comunque, assolutamente da escludere non risultando che la struttura di cui si tratta sia una chiesa o altro luogo deputato formalmente allo svolgimento di attività religiosa, previa la prescritta consacrazione e dedicazione. Non può, inoltre, assumere rilievo in questa sede la circostanza che il corpo E sia adibito all’accoglienza gratuita di soggetti svantaggiati e che ospiti pazienti malati di tumore”. Per quanto attiene al notevole lasso di tempo che sarebbe trascorso dai presunti abusi, il Tar scrive che “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso e tale principio non ammette deroghe neppure nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell'abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino; l'attività di repressione degli illeciti urbanistico-edilizi ha carattere strettamente vincolato e non è soggetta a termini di decadenza o di prescrizione, atteso che la misura demolitoria può intervenire in ogni tempo, anche a notevole distanza dall'epoca della commissione dell'abuso, ciò in considerazione del carattere permanente rinvenibile nell'illecito edilizio e dell'immanenza dell'interesse pubblico al ripristino dell'ordine violato, il quale è sempre prevalente sull'aspirazione del privato al mantenimento dell’opera”. Il complesso abusivo va dunque demolito ed è già in corso la procedura di acquisizione al patrimonio comunale, avviata dopo l'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, atto che costituisce titolo per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari. L’Ufficio tecnico comunale può adesso procedere a constatare l’inottemperanza e irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dalla legge, che va da 2.000 e 20.000 euro. Se venisse confermata l'acquisizione delle struttura al patrimonio pubblico, le opere andranno demolite, a meno che il Consiglio comunale non dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, anche se sembrerebbe che lo stesso don Broccio sia intenzionato ad abbattere le strutture abusive visto che ha presentato al Comune una Scia per la demolizione. Una vicenda che comunque non è ancora chiusa, visto che il sacerdote potrebbe presentare appello al Cga di Palermo.