Alì Terme, scuola e palestra occupano terreni privati. Il Tar: "Demolite o regolarizzate"
di Andrea Rifatto | 13/05/2024 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 13/05/2024 | ATTUALITÀ
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Interessati una porzione del cortile e della palestra
Un caso rimasto in sospeso da oltre vent’anni, sul quale adesso ha messo un punto fermo la giustizia amministrativa. Il Tar di Catania ha infatti accolto il ricorso presentato da una cittadina di Alì Terme contro il Comune per l’occupazione del suo terreno agricolo in contrada Mena, sul quale 25 anni fa è stata costruita la scuola media. Un iter mai completato dopo l’approvazione del progetto e del piano particellare di esproprio, avvenuto nel 1997 con la dichiarazione di pubblica utilità, e adesso i giudici hanno condannato il Comune concedendo tre possibilità per rimettere le cose a posto, ossia restituire alla cittadina due particelle per un totale di 1265 metri quadrati, occupate per lo più dal cortile scolastico e parzialmente dalla palestra coperta, riportandole allo stato originario; risarcire il danno per il periodo di occupazione illegittima o in alternativa acquisire il bene con la procedura di acquisizione sanante per espropriazione illegittima, liquidando l’indennità prevista. Ma il Tar non ha escluso “ogni altra ipotesi di acquisto legittimo del bene stesso da parte dell’Amministrazione”, ossia cessione volontaria, donazione, usucapione o altro. La cittadina aliese è stata assistita dall’avvocato Alessandra Processo, mentre il Comune è stato difeso dall’avvocato Carmelo Moschella e dovrà decidere come agire entro 60 giorni dalla sentenza, che l’ha condannato anche al pagamento di 1.500 euro di spese di giudizio. Il terreno agricolo venne occupato l’1 dicembre 1997, dietro autorizzazione dal sindaco per anni cinque dalla data di immissione in possesso, e dunque sin dal 2 dicembre 2002 l’occupazione avviene senza titolo ed è illegittima, visto che non è stato mai adottato il decreto di espropriazione. Nel 2006 l’ente ha determinato l’indennità provvisoria di espropriazione sulla base di un presunto valore venale dell’area di 40.200 lire al mq e nel 2007 gli allora proprietari hanno dichiarato di accettarla e di voler concordare la cessione volontaria, tanto che il Comune ha impegnato le somme e rimaneva in discussione soltanto l’importo spettante come indennità di esproprio. Il Tar ha però evidenziato che “non risulta provato il perfezionamento del negozio di cessione volontaria e l’acquisto, mediante atto formale, del bene da parte dell’Amministrazione” e neanche “la mera dichiarazione della ricorrente di acconsentire alla cessione volontaria è sufficiente ad integrare l’accordo negoziale, in quanto difetta l’esternazione in modo diretto della volontà negoziale mediante un atto sottoscritto dalle parti contenente l’enunciazione degli elementi essenziali del contratto e delle prestazioni da svolgersi da ciascuna delle parti”. In sostanza alla dichiarazione di pubblica utilità non ha fatto seguito l’emanazione di un tempestivo decreto di esproprio e dunque adesso “l’Amministrazione ha l’obbligo giuridico di far venir meno l’occupazione sine titulo e di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, restituendo l’immobile al legittimo titolare dopo aver demolito quanto eventualmente realizzato”. Ipotesi, quella della restituzione, molto remota, visto che il Comune ha altri strumenti per poter sanare l’errore e divenire proprietario dell’intero complesso scolastico a distanza di 25 anni.