Covid e scuole, una bomba pronta ad esplodere e un protocollo difficile da gestire
di Francesca Gullotta | 20/11/2020 | ATTUALITÀ
di Francesca Gullotta | 20/11/2020 | ATTUALITÀ
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Aperture e chiusure a fisarmonica dei plessi
È come una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere, la situazione che riguarda le scuole del comprensorio jonico. Di giorno in giorno si registrano casi di positività tra alunni ed insegnanti che costringono i dirigenti scolastici a richiedere la messa in isolamento fiduciario per le classi in cui sono stati riscontrati casi di positività, a cui segue l’effettuazione del test rapido per verificare l’eventuale diffusione del contagio, ed i sindaci a disporre la chiusura degli edifici per permettere gli interventi di sanificazione. Una prassi che purtroppo ormai dilaga nei plessi scolastici della zona, nei quali si registrano aperture e chiusure a fisarmonica, cercando di limitare al minimo i disagi per la popolazione scolastica e per le famiglie nelle quali però serpeggia una forte preoccupazione legata alla dilagante diffusione del virus che potrebbe generare ulteriori contagi. Ma a parte la naturale e legittima apprensione dei genitori, bisogna anche considerare le condizioni del sistema sanitario fortemente messo a dura prova, poiché quotidianamente il personale delle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) viene impiegato nell’esecuzione dei tamponi antigenici per testare l’eventuale contagio. Un protocollo che, seppure utile a fornire un tracciamento pressoché preciso, presenta parecchie criticità. A cominciare dal numero necessario di personale da impiegare per finire alla quantità di dispositivi da utilizzare per l’effettuazione dello screening, con gli operatori dell’Usca sommersi da richieste di esecuzione di tamponi rapidi da parte delle scuole, per testare l’eventuale diffusione di ulteriori casi di contagio. Quella che alla vigilia della riapertura delle scuole veniva paventata come un’emergenza è invece diventata, piano piano, ordinarietà, dato che non trascorre giorno in cui in un qualsiasi plesso scolastico di un qualsiasi comune del comprensorio non si verifichi una condizione per cui è necessario attivare le procedure del caso. Tenere aperti i plessi scolastici equivale a chiuderli nel caso in cui venga emanata un’allerta meteo: il problema non è la sicurezza della scuola in sé ma quello che succede ad alunni e personale scolastico all’esterno. La didattica in presenza è sicuramente da preferire a quella a distanza ma trovandoci in piena pandemia sarebbe il caso di scegliere il male minore. Una situazione che però rischia, da qui a poco, di diventare ingestibile sotto più profili. L’alternativa ai test rapidi di verifica, prevista dal Decreto Legge Cura Italia, è che, trascorsi 14 giorni dal contatto stretto o confermato di un caso Covid-19, si è liberi dalla quarantena fiduciaria e, dunque, i bambini possono fare rientro a scuola dietro il rilascio del certificato di ammissione del pediatra o del medico di famiglia. Possibilità che ha però generato qualche dubbio e che suona come uno scaricabarile tra gli organi interessati per mantenere attivo un giocattolo che, così continuando, prima o poi finirà con il rompersi.