Fase 2 a Santa Teresa, riaprono i bar ma non tutti: speranze e preoccupazioni dei titolari
di Andrea Rifatto | 06/05/2020 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 06/05/2020 | ATTUALITÀ
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I titolari di Fiorino, Cafè Sicilia, Incontro e California
Una timida ripartenza tra paure e incognite su cosa accadrà nelle prossime settimane e su quali saranno le ricadute sociali ma soprattutto economiche, comn tanta voglia di lavorare e tornare ai ritmi pre emergenza. Lunedì è stato il primo giorno di fase 2 anche a Santa Teresa di Riva e dopo quasi 60 giorni dalla chiusura, disposta dall’8 marzo dal Governo, hanno riaperto bar, pizzerie e ristoranti, effettuando solo vendita da asporto, consentendo l’ingresso di un cliente alla volta e con il divieto di consumazione all’interno o nelle immediate vicinanze dell’attività. Regole rigide che hanno spinto alcune attività a non rialzare le saracinesche in attesa di tempi migliori. In paese si è iniziato a percepire il rumore della normalità, con un moderato traffico veicolare e parecchie persone in strada. Tra i baristi, però, c’è molta preoccupazione soprattutto per la ripresa economica, che ancora si stenta a intravedere. “Scuole e uffici sono chiusi e in giro c’è molta meno gente - commentano Iolanda e Roberto Chillemi del Bar Fiorino al centro - e solitamente tutti hanno l’abitudine di fare colazione al bar e non portarla a casa. Abbiamo venduto qualche granita per l’entusiasmo del primo giorno ma riteniamo sbagliato consentire solo l’asporto, visto il numero dei contagi in Sicilia si poteva aprire normalmente facendo rispettare le distanze e riducendo i posti a sedere, nella nostra attività avremmo tutto lo spazio per farlo. Abbiamo dei costi fissi non indifferenti, non sul personale perché siamo in famiglia, ma valuteremo se riusciremo a coprire le spese, perché arrivare così fino all’1 giugno è davvero dura, speriamo quindi in una riapertura il 18 maggio”. Natale Luna del bar Cafè Sicilia nel quartiere Portosalvo, che aveva annunciato di voler riaprire l’attività a pieno regime contro il Dpcm Conte, è tornato sui suoi passi e si è attenuto alle regole, mettendo a disposizione dei clienti guanti, mascherine e sanificante: “Abbiamo aperto per dare un po’ di dignità a noi stessi e recuperare liquidità per sostenerci - spiega - non c’è la clientela di prima, abbiamo ridotto il personale a tre unità e già abbiamo speso 300 euro per il nuovo protocollo sanitario e abbiamo da pagare 5mila euro di materie prime, senza contare affitti arretrati e utenze. Vedremo se riusciremo a coprire le spese, quello che è perso non si recupera: abbiamo deciso fino a fine mese di far pagare il caffè 0,50 centesimi e di offrirlo agli operatori sanitari”. Sul lungomare incontriamo Carmelo De Simone, titolare col fratello Vincenzo del bar Incontro: “C’è stato un afflusso che non mi aspettavo, ho venduto circa 25 granite, la gente era entusiasta anche se ancora spaventata - commenta - e ha bisogno di parlare ed avere contatti sociali, spesso si soffermano nel locale ma non possiamo far consumare qui i prodotti. Speriamo si riparta presto a pieno regime”. Gabriele Fiumara, proprietario del bar California, ha invece lasciato chiuso il locale: “Riaprire non sarebbe stato produttivo - spiega ho oltre 10 dipendenti e non riuscirei a coprire i costi, tengo molto ad offrire sempre prodotti freschi e la merce resterebbe invenduta da un giorno all’altro”. Come lui anche altri hanno deciso di restare chiusi, sperando che dal prossimo mese o già dalla metà di quello in corso si possa tornare alla normalità, se così potrà chiamarsi.