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Furci, in appello arrivano otto assoluzioni per la costruzione del "Residence Grecale"
di Andrea Rifatto | 04/10/2022 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 04/10/2022 | ATTUALITÀ
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L'immobile è oggi completo e utilizzato
Tutti assolti. È questo il verdetto della Corte di appello di Messina al termine del processo di appello sulla costruzione del “Residence Grecale” di Furci Siculo, struttura realizzata dalla famiglia dell’ex sindaco Sebastiano Foti sul lungomare Amerigo Vespucci all’angolo con via Interdonato. In primo grado, il 21 dicembre 2021, erano arrivate otto condanne per il reato di abuso d’ufficio, mentre ieri pomeriggio il collegio della Corte d'appello, presieduto dal giudice Alfredo Sicuro con a latere Antonino Giacobello e Carmine De Rose, ha assolto tutti gli imputati con la formula “perchè il fatto non costituisce reato”. Il pubblico ministero Felice Lima aveva chiesto invece la conferma delle condanne, alle quali si sono opposti i legali difensori, gli avvocati Pietro Luccisano, Ferruccio Puzzello, Carlo Autru Ryolo e Antonio Scarcella, intervenuti in udienza con una discussione durata tre ore. Prosciolti, dunque, l’architetto Claudio Crisafulli, all’epoca dei fatti contestati dirigente dell’Ufficio tecnico comunale e in pensione dallo scorso giugno, e sette familiari dell’ex sindaco Sebastiano Foti (non coinvolto nella vicenda), ossia la moglie Carmela Maccarrone, Concetta Maccarrone, Francesco Maccarrone, Giovanni Maccarrone, Maurizio Maccarrone, Rosario Maccarrone (1960) e Rosario Maccarrone (1964). In primo grado erano stati tutti condannati alla pena di un anno e sei mesi di reclusione (pena sospesa e non menzione) per l’abuso d’ufficio, contestato in concorso; già allora, invece, era stato dichiarato prescritto per tutti il reato urbanistico (violazione del Dpr 380/2001), che veniva contestato anche all’ingegnere Giovanni Curcuruto (ex consigliere di maggioranza durante la sindacatura Foti) nella qualità di progettista e direttore dei lavori. Quest’ultimo aveva proposto appello contro la prescrizione, chiedendo la pronuncia nel merito anche per i reati edilizi, ma è stato condannato al pagamento delle spese di giudizio. Un processo che si era aperto in primo grado nel giugno 2019, dopo l’appello presentato dalla Procura della Repubblica contro la decisione del gup Simona Finocchiaro, che a marzo 2018 aveva prosciolto in udienza preliminare tutti gli indagati. Secondo l’accusa, però, non vi erano le condizioni per confermare la sentenza di proscioglimento “apparendo decisivo nell’economia del giudizio il concetto di ultimazione dell’opera al 31 dicembre 2009 per accedere ai benefici del Piano casa, ricostruito in sentenza in termini non condivisibili”. Adesso in appello l'assoluzione con formula piena. L’immobile a tre elevazioni fuori terra oltre cantinato, destinata a uso commerciale, appartamenti e garage, è stato edificato con un permesso di costruire del 2015, rilasciato per la demolizione e ricostruzione del fabbricato esistente, grazie al Piano casa che consentiva un aumento del 25% di cubatura nel caso di ricostruzione dopo la demolizione di abitazioni esistenti purché ultimate al 31 dicembre 2009. Secondo la Procura, però, il permesso è stato rilasciato in assenza di questi requisiti, procurando ai privati richiedenti un ingiusto vantaggio patrimoniale consistente nell’edificazione di una terza elevazione fuori terra pari a 1.273 metri cubi e 462 metri quadri, suddivisa in sei appartamenti: da qui l’accusa a Crisafulli di aver firmato il titolo edilizio nonostante l’immobile non risultasse destinato a uso residenziale, poiché il piano terra aveva la destinazione di fabbrica di derivati agrumari e il primo piano non risultava ultimato al 31 dicembre 2009. Nel 2017 era scattato dunque il sequestro del fabbricato allo stato rustico, dissequestrato un anno dopo e oggi ultimato e utilizzato. I sette proprietari avevano presentato richiesta di titolo edilizio 2011 ma era arrivato parere negativo dall’allora dirigente dell’Ufficio tecnico, l’ingegnere Francesco Foti, che aveva imposto una serie di integrazioni tra cui la dimostrazione della destinazione residenziale del fabbricato e della regolarità dei pagamenti Ici e Tarsu. I proprietari non avevano adempiuto ma anzi il 2 marzo 2013 avevano sollecitato il Comune a rilasciare il permesso, che ottenevano dall’architetto Crisafulli, nominato l’1 agosto 2013 dirigente dal sindaco Sebastiano Foti, in carica da appena due mesi. La Procura contestava inoltre che i Maccarrone non erano in regola con il pagamento dell’Ici alla data di presentazione dell’istanza, versata per gli anni 2010/2011 solo il 12 febbraio 2015 (quindi il giorno prima del rilascio del permesso di costruire) mentre il pagamento della Tarsu risultava omesso per il periodo 2006/2011.