Giornate europee dell’Archeologia, Archeoclub mostra due "gioielli" a Mongiuffi e Scifì
21/06/2021 | ATTUALITÀ
21/06/2021 | ATTUALITÀ
1323 Lettori unici
Il gruppo negli scavi di Scifì
Anche i siti archeologici del comprensorio jonico sono stati coinvolti nel fine settimana nelle Giornate europee dell’Archeologia. La rete di Archeoclub nazionale si è attivata per riscoprire i tanti siti archeologici italiani e anche la sede Area Ionica ha concentrato l’attenzione sulle sue due principali attrazioni di epoca romana: l’acquedotto del Chiodaro a Mongiuffi Melia ed il sito di Scifì a Forza d’Agrò. L’evento si è snodato in due “passeggiate archeologiche”, forma di promozione e divulgazione che Archeoclub Area Ionica sta sempre più privilegiando. La prima è partita sabato mattina dal Santuario della Madonna della Catena di Mongiuffi Melia e ha raggiunto il “cuore” dell’antico acquedotto romano, illustrato dalla vice presidente di Archeoclub Ketty Tamà e da Antonella Siligato, facendo riferimento soprattutto agli studi del giovane archeologo letojannese, Dino Alberto Rapisarda. È stata chiarita la struttura e la funzione dell’infrastruttura e le varie vicissitudini che hanno portato ora a riscoprirla in maniera scientifica, proprio grazie all’impegno di Rapisarda fin dagli studi universitari. Subito dopo il gruppo si è spostato a Scifì, la cui area archeologica è stata illustrata dal presidente Filippo Brianni, facendo riferimento agli studi ed al “sogno” dello storico locale Giuseppe Lombardo ed agli scavi condotti e studiati da Maria Grazia Lentini, Gabriella Tigano (oggi direttrice del Parco di Naxos) e Grazia Spagnolo (docente dell’Università di Messina, particolarmente legata al sito). Brianni ha evidenziato come secondo l’ipotesi di Lombardo a Scifì si trovava l’originaria abbazia dei Santi Pietro e Paolo, distrutta da un’alluvione e poi realizzata dall’altra parte del torrente in epoca normanna. Gli scavi finora eseguiti hanno fatto emergere i frammenti di una struttura imponente, che dovrebbe aver “vissuto” tra la fine del periodo greco e la fase tardo romana, subendo in mezzo un terremoto ed alla fine all’alluvione. I reperti emersi fanno pensare ad una mansio, una sorta di “stazione di sosta” lungo la strada romana Milazzo-Taormina o ad un villa di cui si sarebbe finora scoperto solo la minima parte. Perciò il presidente di Archeoclub ha evidenziato l’esigenza di svolgere indagini geoscanner per capire la conformazione della struttura.