Giuseppe Fava, l'eroe che sfidò la mafia anche con il teatro
di Federica Bruno | 05/01/2015 | ATTUALITÀ
di Federica Bruno | 05/01/2015 | ATTUALITÀ
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Il giornalista catanese fu assassinato il 5 gennaio 1984
"Un esame di coscienza su quello che è accaduto e non doveva accadere: Fava, l'eroe che sfidò la mafia, testimone di una tragedia". Sono queste le parole pronunciate da Nino Milazzo per ricordare l'amico e collega Giuseppe Fava e per riflettere e commemorare l'anniversario della sua tragica uccisione. L'evento, curato dal regista Federico Magnano San Lio, si è svolto domenica nei locali della scuola d'Arte drammatica "Umberto Spadaro" di Catania. Un momento di approfondimento sul giornalista catanese che ha preso le mosse dal lavoro teatrale “Il Proboviro. Opera buffa sugli italiani”, pubblicato nel 1972 e messo in scena dal Teatro Stabile etneo nello stesso anno. Dalla morte del giornalista catanese sono passati 31 anni: la sera del 5 gennaio 1984 cadde in un agguato mafioso davanti al teatro Verga, in un vile assassinio che avrebbe consegnato per sempre ai posteri l’immagine di un uomo e intellettuale coraggioso. Nino Milazzo, presidente dello Stabile, fu legato all’amico e collega Giuseppe Fava da un profondo rapporto di stima e collaborazione: durante l’evento ne ha elogiato le doti di giornalista, scrittore e drammaturgo, sintetizzando la vicenda con una frase significativa: “la solitudine di un combattente”. Parole di stima sono state pronunciate da Sergio Sciacca, critico teatrale e letterario, che ha sottolineato come "Il Proboviro", storia di un ex impiegato ridotto in miseria a causa dei soprusi del potere, mentre un malvagio imprenditore corrompe con il denaro giudici e politici, fu una delle creazioni giornalistiche più interessanti di Fava, riguardanti la realtà catanese nel suo aspetto più intimo: “Fava era un osservatore della natura umana che lo circondava, smuoveva gli animi, voleva che il popolo riacquistasse la coscienza di sé - ha spiegato al pubblico - perché, così facendo, avrebbe trovato le energie per affrontare le questioni sociali”. Giuseppe Fava preconizzava già allora il pericolo di un disfacimento morale della nazione e il teatro divenne il luogo della rappresentazione che svela la corruzione del potere in una società sempre più soggiogata dalla violenza mafiosa, messa di fronte all'emergenza di una gravissima questione morale da risolvere guardando ai valori della democrazia. Un’opera ancora attuale che deve servire da stimolo per spezzare i fili dei burattinai che guidano larghe fette della società.
Presente anche la figlia Elena Fava, presidente della Fondazione intitolata al giornalista, che ha ricordato il padre come un uomo ironico e allegro, molto passionale e attento al suo lavoro: “Il Proboviro – ha ricordato – si sviluppa come una pièce satirica surreale, che oscilla tra i toni aspri e quelli poetici, per restituire un'impietosa e nitida radiografia della politica”. Fava in quest'opera annuncia l'incombente disfacimento della situazione sociale italiana, consacrando la sua vita alla ricerca della verità e alla lotta alle ingiustizie, riuscendo a strappare un sorriso anche nelle situazioni più tragiche. Una tragedia di una città, Catania, in pieno disfacimento, dai toni aspri e taglienti, che strappa un sorriso laddove si dovrebbe piangere. Una satira molto attuale in quanto ancora oggi non si affrontano i problemi ma vi si gira intorno, cercando soluzioni "di comodo". Le pagine più significative dell’opera sono rivissute durante la serata grazie alla lettura degli attori Aldo Toscano, Liliana Lo Furno, Francesco Russo, Camillo Mascalino, Giampaolo Romania e Federico Fiorenza.