I borghi tra emigrazione e spopolamento: c’è ancora una speranza per questi territori?
di Redazione | 12/08/2024 | ATTUALITÀ
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I relatori del convegno
Cultura, imprenditoria, azioni fiscali: quali sono gli strumenti più efficaci per contrastare lo spopolamento dei borghi collinari e montani? Un fenomeno, iniziato con l’emigrazione e proseguito con l’urbanizzazione delle coste, che danneggia anche le aree costiere, spesso sovraffollate e vittime degli eventi naturali collegati al mancato presidio delle montagne. Dopo l’emigrazione, c’è una speranza per le aree montane? È proprio questo l’interrogativo posto dall’annuale meeting dedicato all’emigrazione, tenutosi al Centro polifunzionale “Scaldara” di Limina, organizzato dal Comune in collaborazione con Archeoclub Area Jonica, Zone Franche Montane ed Arcipretura e patrocinato da Regione e Università di Messina. I lavori, moderati da Filippo Brianni di Archeoclub, sono stati aperti dal sindaco Filippo Ricciardi, che ha illustrato le ragioni per cui è stato scelto il tema e le esigenze dei piccoli borghi montani. Esigenze e prospettive esaminate anche nel dialogo tra Brianni ed il giornalista madonita Vincenzo Lapunzina, che ha presentato il suo libro “Il cavallo di Troia”, un testo che parla “della battaglia di civiltà a favore dell’istituzione di zone franche montane in Sicilia”, attraverso un movimento, guidato proprio da Lapunzina, che per otto anni ha tentato di ottenere una legge non ancora arrivata. Economia, cultura ed emigrazione “di ritorno” sono stati i temi toccati dal Filippo Grasso, docente di Economia del Turismo all’Università di Messina e vicepresidente di Messina Tourism Bureau, che ha avviato un progetto di “turismo delle radici”, un concetto anche esperienziale ed emozionale in cui i borghi, un tempo abbandonati per via dei flussi migratori, possono essere ora essere riscoperti dai figli e nipoti di quegli stessi emigranti, desiderosi di scoprire i luoghi delle proprie radici. Tra gli intervenuti anche Giuseppe Restifo, già docente di Storia all’Università di Messina, che ha riannodato le fila con un’espressione emblematica: “E adesso?...”. Una volta sviscerato il problema, “mi chiedo se c’è ancora una speranza per questi territori”. Restifo ha illustrato l’esperienza di Capizzi, per dimostrare come questi territori possano contare sulla propria storia e la propria cultura che li rende unici; ha ritenuto possibile la valorizzazione del concetto di cooperative di comunità contenuto anche nella normativa regionale; ha invocato una sorta di “risarcimento morale” per le comunità montane che mettono a disposizione delle aree urbanizzate il loro capitale umano e di valori; ha rivendicato il “ruolo fondamentale delle montagne in ottica cambiamento climatico” ed ha infine auspicato che gli amministratori abbiano il coraggio di parlare con le proprie comunità per un’apertura organizzata ai migranti visto che “il modello Riace senz’atro per Riace ha funzionato”. Si è parlato anche di un’esperienza concreta di imprenditoria giovanile avviata di recente a Limina, una cantina vinicola realizzata da Antonio Restifo, dottore di ricerca in Storia all’Università di Messina: Restifo ha richiamato le difficoltà che si trova un giovane imprenditore ad operare in realtà collinari ed ha auspicato che “il rilancio del territorio passi attraverso un’imprenditoria armonizzata alle vocazioni del territorio, senza snaturarlo”. Al termine dell’evento sono stati consegnati attestati di stima ad Antonio Restifo per l’apertura della cantina “Catarussa” ed al dottor Alberto Bernava per il trentennale impegno nella guardia medica di Limina.