"Il 4 maggio riaprirò il bar, così arrivo all'elemosina": da S. Teresa la sfida al Governo
di Andrea Rifatto | 28/04/2020 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 28/04/2020 | ATTUALITÀ
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L'imprenditore Natale Luna
Un durissimo sfogo, ma anche una provocazione, da parte di chi sente crollarsi il terreno sotto i piedi in questo periodo di crisi. A lanciarli è stato ieri un imprenditore di Santa Teresa, Natale Luna, titolare del bar-pasticceria “Cafè Sicilia” nel quartiere Portosalvo. “Dopo aver sentito parlare il premier Conte ho una rabbia addosso che non potete immaginare - esordisce in un video indirizzato al Governo e divenuto virale sui social - sono una piccolissima partita Iva e oggi, non consentendomi di riaprire, mi avete portato al fallimento. Allora per la mia famiglia, i miei due figli, mia moglie, per la mia dignità di vero italiano, il 4 maggio apro la mia attività”. Una riapertura contro quanto consentito dal Dpcm firmato ieri da Conte, dunque, visto che dal 4 maggio è concessa solo la vendita da asporto, oltre che la consegna a domicilio, con l’obbligo di rispettare la distanza di almeno un metro e i divieti di consumare i prodotti all’interno dei locali e sostare nelle immediate vicinanze degli stessi. Solo dall’1 giugno bar e pasticcerie potranno riaprire totalmente al pubblico. “Ho ricevuto una chiamata dalla banca che mi intima di pagare la bolletta della luce e la pagherò, il 18 aprile ho avuto sottratte dal conto le spese dei dipendenti e quindi nulla è sospeso, sono sospensioni virtuali - continua Luna - ho ricevuto 600 euro dallo Stato ma di affitto tra locale e abitazione pago 2mila 650 euro al mese, ditemi cosa ci faccio, dove devo andare a finire, cosa dico ai miei figli?”. Una richiesta di aiuto rivolta anche al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in quanto “padre di tutti gli italiani”. “La mia è un’azienda sana, ho tutti i contributi versati e i dipendenti pagati, tasse e documenti in regola, ho sempre pagato utenze e affitti, anche due mesi in anticipo - prosegue il barista - ma da oggi non riesco più a stare in piedi. Ho chiamato i dipendenti per ripulire la mia attività, domani (oggi) finiremo e giorno 4 apro il bar, perché devo dare da mangiare ai miei figli, non li porto davanti la chiesa a chiedere l’elemosina. Da quattro anni mi sveglio alle 4 del mattino e chiudo alle 10 di sera senza mai un giorno di riposo e ferie, per permettere ai miei figlia una vita normale. Ho sbagliato in passato e pagato allo Stato il mio oneroso conto e oggi dopo che mi sono rifatto una vita non consento allo Stato di portarmela via”. Dunque il titolare dell’esercizio è deciso a riaprire lunedì prossimo: “Non ne faccio fare fila fuori, la fanno dentro e dignitosamente lavoriamo, un bar non ha niente meno di una macelleria, di una farmacia, di un supermercato, siamo ormai responsabili - dice rivolgendosi direttamente al premier Conte - pensi che io voglia la morte mia, dei miei figli o di mia moglie? Voglio la vita sana e perciò responsabilmente apro, non mi mandare le Forze dell’ordine, vieni tu e fermami che ti faccio un mazzo così come l’hai fatto tu a me”. Tantissimi i commenti a supporto della sua iniziativa, anche dalla politica: “Il 4 mattina verrò a fare colazione e a darti sostegno e solidarietà amico mio” - dice il consiliere comunale Santino Veri, mentre un collega barista lo invita a non aprire e fare solo servizio da asporto, “sennò peggiori di molto la situazione, piano piano si rientrerà, per ora non fare sciocchezze”.