Il fascismo tra violenza e luoghi comuni: "Storia contesa solo tra storici e non storici"
di Redazione | 16/08/2024 | ATTUALITÀ
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Sergi, Restifo, Brianni e Mosca
Un’analisi storica del Ventennio e dei suoi luoghi comuni attraverso le fonti documentate. È questo quanto proposto domenica scorsa a Gallodoro nel corso del convegno “Fascismo, una storia contesa” in occasione della XII edizione della Notte della Cultura, organizzata dal Comune e da Archeoclub Area Jonica, in collaborazione con l’Arcipretura Santa Maria Assunta di Gallodoro. Dopo i saluti del sindaco Alfio Currenti e del parroco don Daniele Truscello, il dibattito è subito entrato nel vivo con l’intervento dello storico Giuseppe Restifo, che ha parlato di una “storia contesa solo tra storici e non storici, perché per gli storici che si attengono ai documenti c’è poco di conteso”. Restifo ha ricostruito le fasi iniziali del movimento che si professava anticlericale e repubblicano, salvo poi invertire la rotta. Gli elementi di violenza che caratterizzarono nell’immaginario collettivo il fascismo “traevano origine da quanto già succedeva in Italia dal 1914, con la guerra che ha contributo ad eccitare ed inasprire il contesto sociale” su cui poi il fascismo ha attecchito. Restifo ha dedicato un’ampia riflessione alla vicenda Matteotti, partendo dal suo pacifismo, che durante la guerra convinse i comandi a mandarlo a Messina, dove girò i vari forti e da dove, nel periodo 1916-19 mandò lettere costanti alla moglie in Veneto. Matteotti, quando fu ucciso, “era sul punto di comunicare al Parlamento un episodio corruttivo tra il governo fascista ed una società petrolifera americana per favorire alcune concessioni” e di quell’omicidio “lo stesso Mussolini se ne assunse la responsabilità pubblicamente il 3 gennaio 1925”. Sulla figura di Matteotti è intervenuto anche il prof. Carmelo Ucchino, segnalando come “fosse inviso anche ai vertici della sinistra italiana, in particolare a Gramsci”. Restifo ha anche indicato alcuni episodi efferati legati alle stragi nazifasciste ed all’uccisione, il 14 agosto 1943 di padre Antonino Musumeci a Sant’Alessio Siculo, il “primo martire cattolico del fascismo”. Salvatore Mosca, ideatore e coordinatore dell’incontro, ha poi elencato tantissimi luoghi comuni del fascismo, alcuni veri (bonifiche, architettura e tutela urbanistica, codici, scuola, colonie estive), altri enfatizzati e molte del tutto falsi, tra cui soprattutto le pensioni, introdotte in Italia “già dalla legge 70 del 1895, poco dopo la Germania”. Ha anche evidenziato le interpretazioni date al fascismo da molti storici tra cui Benedetto Croce, in un primo momento favorevole (lettera a Nitti del 1923), ma dopo il 1924 si smarca, assumendo una posizione critica e diventando bersaglio della stampa fascista. Mosca ha anche evidenziato la “parabola” di De Felice, ritenuto lo storico del fascismo ma che si espresse in toni molto critici su quell’esperienza e su Mussolini (“più che un grande politico creatore, Mussolini è stato un distruttore”). Il terzo intervento è stato affidato a Fabrizio Sergi, regista e storico militare, che attingendo al proprio libro (Charlie Beach, Di Nicolò editore) sulla presenza degli Alleati nella riviera jonica ed alle immagini ha illustrato in maniera dettagliata tutte le fasi e l’evoluzione dello sbarco alleato in Sicilia dell’estate del 1943. Gli interventi sono stati intermezzati dagli interventi di Daniela Fileti, che dal suo libro “Petali e Pietre” (Di Nicolò editore) ha letto due poesie sulla guerra ed una sulle donne. Il libro, insieme ad altri, sarà oggetto di dibattito lunedì 19 a Roccafiorita, nel corso della rassegna Kalfaracconta organizzata dal comune e da Archeoclub. Prima dell’inizio dei lavori, il presidente di Archeoclub Area Jonica, Filippo Brianni, ha voluto sottolineare come l’idea di realizzare un convegno sul fascismo ha determinato “qualche reazione scomposta” e ha evidenziato che “Archeoclub e le associazioni non devono giustificarsi con nessuno se organizzano qualcosa sul fascismo, o sulla mafia o su altre esperienze storiche simili perché, grazie a Dio, non c’è nessuna dittatura come il fascismo, di nessun colore, che possa censurare un dibattito; non è un convegno politico, ma storico, anche perché si dà per scontato che le idee fasciste non facciano più parte del dibattito politico e sarebbe grave il contrario, alla luce della nostra Costituzione”.