Il fenomeno mafioso a 25 anni dall'uccisione di Falcone e Borsellino
07/05/2017 | ATTUALITÀ
07/05/2017 | ATTUALITÀ
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I relatori del convegno
Gli anni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il pool antimafia di Palermo, la stagione dei pentiti, il maxiprocesso, la legge Rognoni - La Torre, il 41 bis; mafia ieri e oggi, come sono cambiate regole e stili dei mafiosi, verso quali settori economici oggi la criminalità ha spostato i propri interessi e le nuove metodologie di contrasto alle organizzazioni criminali; una nuova antimafia e il ruolo dell’avvocato penalista. Questi i punti centrali analizzati nel convegno “Il fenomeno mafioso a venticinque anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio: vecchi scenari e nuovi orizzonti” organizzato dall’Elsa (‘The European Law Students Association’) di Messina, Catania e Palermo nell’ambito della Trentesima assemblea nazionale, che quest’anno è stata organizzata dai soci siciliani e ospitata a Sant’Alessio Siculo. I lavori sono stati aperti dai saluti dei tre presidenti provinciali Elsa, Antonino Amato (Messina), Elena Laudani (Catania) e Francesco Candioto (Palermo). Sono poi intervenuti il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, il sindaco di Sant’Alessio Rosanna Fichera, il vicesindaco di Taormina Mario D’Agostino e il presidente dell’Ordine degli avvocati di Messina, Vincenzo Ciraolo. Il dibattito è stato coordinato da Enrico Trantino, presidente della Camera penale di Catania “Serafino Famà”. Tra i relatori, il magistrato Leonardo Guarnotta, membro del pool antimafia con Falcone e Borsellino, che istruì il maxiprocesso di Palermo. Guarnotta ha ripercorso la storia del fenomeno mafioso, ricordando il rapporto prima di tutto umano con i due giudici assassinati, e ha raccontato quelli anni, fondamentali ancora oggi per conoscere di più la mafia, la sua organizzazione e per consentire così allo Stato di essere più efficace nella lotta. Il magistrato ha ricordato anche l’importanza della legge Rognoni-La Torre, che ha attaccato direttamente i patrimoni mafiosi, l’istituzione del carcere duro (il 41 bis) e il ruolo dei pentiti. “Quella stagione – ha spiegato il magistrato – ha aperto la strada a nuovi metodi investigativi moderni ed efficaci: prima si aveva una conoscenza molto più frammentaria delle organizzazioni criminali; inoltre ha dato coraggio alla gente, facendo capire che chi subiva minacce mafiose poteva denunciare, che l’omertà era sempre più un non senso”. Sui nuovi metodi investigativi, poi, si è soffermato il sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale di Catania, Rocco Liguori. Liguori ha spiegato che delle vecchie regole interne alla mafia oggi è rimasto ben poco e come la criminalità ha molto diversificato i settori nei quali fa affari, dal traffico di droga, alle agenzie di scommesse fino ai videopoker, sistemi anche utili per riciclare e far fruttare il denaro sporco. “Il pizzo – spiega – oggi è un fenomeno in diminuzione, si preferisce il recupero crediti a favore degli imprenditori mediante la mediazione del soggetto mafioso”. Sul campo investigativo il procuratore catanese ha spiegato come oggi “la sfida è anche tecnologica. I mafiosi utilizzano internet, le nuove forme di comunicazione ed è importante investigare anche su questi strumenti”. L’avvocato Pietro Luccisano del Foro di Messina ha illustrato alla platea dei tanti giovani “il ruolo dell’avvocato penalista e con quale impegno e motivazione le nuove generazioni si devono avvicinare a questa professione. Infine Francesco Forgione, ex presidente della Commissione nazionale antimafia, ha evidenziato come la mafia è un fenomeno così complesso che non si può analizzare solo sotto l’aspetto giudiziario: “E’ importante la ricerca del confine tra legale e illegale in tutti i tessuti sociali ed economici”. L’ex parlamentare ha anche parlato di antimafia, spiegato come questa deve ridefinirsi. “Dobbiamo chiudere quella stagione dell’antimafia che ha costruito solo carriere politiche”.