La chiesa normanna di Mili non può morire: le associazioni lottano per recuperarla
di Redazione | 25/11/2020 | ATTUALITÀ
di Redazione | 25/11/2020 | ATTUALITÀ
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La chiesetta normanna di Mili
C’è chi dice no. C’è chi proprio non ci sta a veder morire sotto le erbacce e l’incuria un gioiello di storia, cultura e architettura peloritana come la chiesa di Santa Maria di Mili. E sono sempre di più. Tanto che il coordinamento di associazioni, nato mesi fa per tutelare il bene, aumenta di numero e di intensità. Archeoclub Messina, presieduta da Dino Fazio, ha offerto l’occasione per fare il punto su problemi ed esigenze, organizzando il convegno “Realtà ed esperienze a confronto per la tutela della Chiesa Santa Maria di Mili”, che ha avuto luogo su una piattaforma digitale, grazie al coordinamento di Rosanna Trovato. Un incontro che ha coinvolto il coordinamento delle associazioni, Soprintendenza, Archeoclub (anche con i vertici nazionali, Rosario Santanastasio e Flora Rizzo), realtà istituzionali e professionali che da tempo si occupano dello studio di Santa Maria di Mili. Ne è venuto fuori un quadro preoccupante sulla stato della struttura ed una serie di difficoltà di intervento. La soprintendente di Messina, Mirella Vinci, ha messo il dito nella piaga più difficile da sanare: “La chiesa è di proprietà del Ministero degli Interni, una porzione di area di accesso è del Comune, l’area del monastero appartiene a diversi privati ed un pezzo di edificio a rischio crollo non si comprende bene di chi sia”. Perciò, in altri termini, non si sa bene nemmeno chi dovrebbe intervenire, visto che in questi anni i soggetti proprietari non si sono mai nemmeno coordinati tra loro. Ciò ha senz’altro favorito il degrado, testimoniato e documentato dal prof. Fabio Todesco, in un intervento in cui ha fatto emergere anche in tutta la sua bellezza ed importanza le caratteristiche di questo edificio. Una chiesa di anima greca, come ha sottolineato anche Daniele Macris in apertura di convegno, come altre della costellazione basiliana del Val Demone sorte in epoca normanna. Secondo alcune ricostruzioni, proprio in questa chiesa di Mili venne sepolto Giordano di Altavilla, figlio illegittimo di Ruggero I, che aveva edificato la chiesa nel 1090, e fratellastro di Ruggero II, che continuò poi l’opera del padre, dando vita a diversi insediamenti sul territorio. Fabio Todesco ha anche ricostruito le modalità con cui la chiesa è sorta, le aggiunte successive, i restauri. Eugenio Enea, portavoce del coordinamento di associazioni per la riapertura di Mili ha dato un quadro delle iniziative intraprese e da intraprendere, sottolineando la necessità di un maggiore impegno da parte delle istituzioni. Filippo Brianni e Ketty Tamà di Archeoclub Area Jonica, hanno fatto emergere i punti di contatto tra Mili e San Pietro e Paolo di Casalvecchio Siculo: Brianni accennando al cosiddetto “percorso basiliano” lungo la riviera jonica; la Tamà concentrandosi sugli obiettivi raggiunti a San Pietro e Paolo d’Agrò, grazie alla sinergia tra associazioni e istituzioni, che sta permettendo di riportare dall’Escorial di Madrid in formato digitale i testi realizzati nel monastero ed ora di avviare i lavori per il museo immersivo nei locali, che appartenevano al monastero, acquistati dalla regione. Proprio la proprietà e la gestione unitaria dell’intera area “diventa imprescindibile per programmare in modo organico il tutto”. Dino Fazio e Rosanna Trovato hanno assicurato che Archeoclub terrà alta l’attenzione sul tema, non essendo più rinviabile un piano di recupero effettivo di questo fiore all’occhiello di Messina, dove da tempo gli unici “fiori” che crescono sono quelli della… vegetazione che la invadono.