La riviera jonica grida basta alla violenza sulle donne - FOTO
di Andrea Rifatto | 25/11/2018 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 25/11/2018 | ATTUALITÀ
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Amministratori, associazioni e cittadini alla manifestazione
La riviera jonica ha gridato oggi il proprio no alla violenza sulle donne con la manifestazione “Neanche con un fiore”, marcia silenziosa organizzata ad Alì Terme dall’associazione e centro antiviolenza “Al tuo fianco” di Roccalumera, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Sul lungomare hanno sfilato amministratori del comprensorio, associazioni, studenti, docenti, cittadini, per dire ancora una volta basta a ogni forma di violenza e ribadire un messaggio comune: il rispetto verso fidanzate, mogli, madri, amiche. Tutti con un simbolo rosso addosso, perché il rosso è il colore del sangue versato dalle troppe vittime di femminicidio ma anche il colore dell’amore – ha ricordato Concetta La Torre, presidente di “Al tuo fianco” – e ciascuno di noi deve lanciare il messaggio comune di rispetto dell'altro e di condanna di ogni forma di violenza. Dalla zona sud il corteo ha sfilato sul lungomare fino al cortile dell’Istituto Maria Ausiliatrice, dove hanno preso la parola, oltre la presidente La Torre, il sindaco di Alì Terme, Carlo Giaquinta, il sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale di Messina Roberto Conte, Rosaria Di Blasi, vicequestore aggiunto della Polizia di Stato di Messina. Alla manifestazione ha partecipato il camper della Polizia che gira lungo il territorio per portare avanti la campagna contro violenza e femminicidio e distribuire opuscoli informativi per contrastare il fenomeno della violenza di genere I ragazzi hanno messo in scena balli e flash mob per spezzare le catene della violenza. A terra è stato esposto il “Tappeto della Vita”, progetto itinerante ideato negli anni scorsi dalla presidente del Consiglio comunale di Mandanici, Anna Misiti. Presenti anche la Croce Rossa, alcune palestre e scuole di danza del comprensorio. In Sicilia, da inizio anno, si contano cinque femminicidi e l’Isola, secondo i dati della Polizia di Stato, è la regione in cui le donne denunciano di più. Se le denunce venissero prese in maggiore considerazione e solo la metà delle aggressioni non rimanesse impunita, a denunciare al primo segnale di violenza sarebbero però molte di più. Ogni giorno sono 134, secondo l’Istat, le donne che chiedono aiuto ai 253 centri e sportelli d’ascolto sparsi in tutta Italia. Nel caso dei femminicidi, quasi la metà è stata preceduta da una denuncia non presa in adeguata considerazione. Mentre i delitti sono in netta diminuzione del 40%, i femminicidi diminuiscono solo del 14%: nella metà dei casi l’assassino è il partner o l’ex. Madri, mogli, fidanzate, figlie hanno capito che chiedere aiuto può salvare loro la vita. A spaventare le donne sono più di ogni altra cosa la solitudine e la vendetta dell’uomo persecutore. Le possibili iniziative di contrasto al fenomeno non possono prescindere da un ruolo attivo degli uomini in questa battaglia e il rispetto della parità di genere e delle differenze è, in primo luogo, un tema culturale e come tale va affrontato in tutte le sedi adeguate. L’uomo deve infatti prendere consapevolezza del ruolo paritario delle donne nella società. Uno dei punti cruciali è quello del finanziamento dei centri antiviolenza e della loro gestione: nel corso degli ultimi anni la scarsità dei finanziamenti diretti e i tagli subiti dagli enti locali hanno ridotto questi presidi territoriali all’incertezza più assoluta e secondo il monitoraggio condotto da ActionAid sui fondi antiviolenza nazionali fra il 2015 e il 2017, nonostante le risorse complessive stanziate per il Piano dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio fossero pari a 85,3 milioni di euro, a cui vanno aggiunte le quote di cofinanziamento che alcuni enti ed istituzioni hanno messo a disposizione, risulta erogato solo il 35,9%, pari a circa 30,8 milioni di euro. I centri antiviolenza, che accolgono le donne in uno stato di debolezza e abbandono istituzionale, sono sopravvissuti e sopravvivono ancora oggi principalmente grazie alla dedizione, alla militanza e al lavoro volontario di altrettante donne. E la maggior parte di loro da più di 20 anni, svolge un ruolo centrale nella prevenzione del femminicidio, con attività di supporto legale e psicologico durante la denuncia, la disponibilità h 24 per i casi di emergenza, la collaborazione con le forze dell’ordine e i servizi sociali.