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La "rivolta del panino" contro il caro mensa a Santa Teresa: c'è l’ipotesi autorefezione
di Andrea Rifatto | 21/01/2023 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 21/01/2023 | ATTUALITÀ
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La scuola di Bucalo, sede della Direzione didattica
La promessa di “sconti” sulle tariffe della mensa scolastica a partire da febbraio non placa le lamentele delle famiglie di Santa Teresa di Riva. Da alcuni giorni scorsi diversi genitori hanno dato vita alla “rivolta del panino”, decidendo di far rimanere i figli a scuola con pagnotte o tramezzini, o comunque con un pranzo portato da casa, senza utilizzare il buono per la refezione. Un atto di forza, affiancato dalla scelta di altre famiglie di far rientrare i bambini a casa per il pranzo per poi riaccompagnarli al pomeriggio, ma non in tutti i casi, che è stato anche una forma di protesta contro l’aumento dei costi per gli utenti (deciso dall’Amministrazione comunale a dicembre e scattato dal 9 gennaio), che poi ha portato nelle ore successive il sindaco Danilo Lo Giudice a promettere una riduzione delle tariffe di 0,50 euro per tutte le fasce di reddito dal prossimo mese. “Tutto sommato non c’è un calo drastico delle presenze, l’agitazione è più a parole che nei fatti - minimizza la dirigente della Direzione didattica Maria Grazia D’Amico - la maggioranza è tranquilla, c’è qualche genitore scalmanato che vorrebbe autogestirsi, ma ci sono delle regole da rispettare. Ci sono state più lamentele nelle scuole dell’infanzia, dove mensa e rientro sono tutti i giorni, ma adesso con l’annunciata riduzione dei costi le famiglie dovrebbero essere agevolate”. E se gli alunni non dovessero pranzare a scuola si rischiano riduzioni di orario del 50% e perdita di posti per le insegnanti? “Ciò accadrebbe solo in caso di mancate presenze al pomeriggio - precisa la dirigente - sto riscontrando però che chi preleva i figli per il pranzo a casa poi li fa rientrare”. Pasto fornito dal Comune e panino, secondo le regole attuali, non possono convivere. Ma se da un lato ci sono famiglie che chiedono di diminuire i costi del buoni pasto e migliorare la qualità delle pietanze servite ai figli, dall'altro c'è un gruppo che punta a far attuare l’autorefezione, cioè far rimanere i figli a scuola ma senza usufruire del servizio mensa, bensì con un pasto domestico, che la giurisprudenza ammette senza preclusioni o modalità solitarie di consumazione dello stesso, dovendosi garantire, da parte dell’amministrazione scolastica la consumazione dei pasti degli studenti in un tempo condiviso che favorisca la loro socializzazione “Non ci può essere l’anarchia - precisa comunque D’Amico - siamo un’agenzia educativa e dobbiamo insegnare il rispetto delle regole. Se dovesse esserci una protesta generalizzata, non di pochi genitori, si valuterà se regolamentare l’autorefezione, ma spetta agli organi collegiali scolastici modificare il regolamento. Sono aperta al dialogo, ci deve essere collaborazione tra famiglie, scuola, gestore e Comune, tutti devono andare d’amore e d’accordo per superare insieme le difficoltà - conclude - se la refezione non dovesse andare bene va rivista, non spetta a me come Direzione didattica ma a tutta la comunità prendere una decisione autonoma. Spero che tutto si risolva al meglio”. E sul servizio mensa la minoranza torna ad attaccare: “Il costo di 7,20 euro a pasto è eccessivo, fuori mercato, non lo paga nessuno - commenta il capogruppo Nino Bartolotta - a Taormina pagano 6,40, a Savoca 6, a Roccalumera 5,90, a Giardini Naxos 5,63, a Sant’Alessio Siculo 5,47, a Furci Siculo 4,54. Qui hanno aumentato il ticket del 100% anche ai poveri, a chi ha un Isee da 0 a 3mila euro, persone che in molti paesi non pagano. Non è vero che bisogna coprire almeno il 36% del costo con le tariffe degli utenti - prosegue il consigliere - è obbligatorio solo per i Comuni strutturalmente deficitari. Nel bilancio consuntivo 2021 la percentuale di copertura è stata del 35% e vi erano 118mila euro di avanzo di amministrazione che avevamo chiesto fossero destinati all’abbassamento delle tasse, compresa la mensa, ma ci hanno detto che non si poteva fare. Alla riunione della commissione mensa è stato detto che se qualche famiglie dovesse avere particolari difficoltà economiche può rivolgersi al sindaco che valuterà la situazione, è vergognoso costringere le persone a questa mortificazione. L’ultima cosa che gli amministratori avrebbero dovuto fare - aggiunge Bartolotta - era aumentarsi le indennità al massimo, mentre chiedevano tasse più alte: avrebbero dovuto soprassedere, lo stipendio se lo devono meritare e secondo noi non lo meritano. Il sindaco non vive questa comunità, è sempre in campagna elettorale, adesso in giro per la Sicilia per le Europee”.