Giovedì 21 Novembre 2024
Comune più anziano e più piccolo per le classifiche. Ma i primati sono ben altri


Limina, Roccafiorita e le ricchezze che l'Istat ignora: ecco i veri "numeri" dei borghi

di Filippo Brianni | 14/03/2021 | ATTUALITÀ

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Roccafiorita e Limina visti dall'alto

È la fredda legge dell’Istat quella che ancora una volta inchioda due borghi della Val d’Agrò sulla croce dei record negativi, dalla quale non sembrerebbe esserci possibilità di resurrezione. Limina, sentenzia l’Istat, è il paese con la popolazione più anziana di Sicilia; Roccafiorita, invece, il comune più piccolo del Sud Italia, un primato che consolida da anni, avendo sfondato a ritroso il muro dei 200 abitanti, scendendo a 197. Ma questi dati come impattano sulle due comunità della cui esistenza le istituzioni si accorgono quando l’Istat ne segnala la quasi scomparsa? Scopriamolo nei loro vicoli, anche per capire se è proprio vero che la matematica non sia mai un’opinione.

Dall’alto, Limina, meno di mille abitanti, la si vede comodamente stesa a forma di Sicilia “al contrario” (quando anche le forme vogliono dire qualcosa…) su un colle posto nella striscia di confine, limen appunto, in cui nel I secolo vennero esiliati i ribelli taorminesi, o almeno quelli che di loro respiravano ancora dopo i trattamenti che Roma riservò loro, ufficialmente perché infastidita dalla troppa autonomia, di fatto perché era divenuta un ottimo pretesto per uno scontro tra titani al vertice dell’Impero. Così Taormina finì nel tritacarne e questa zona si riempì di sangue ribelle. Che a modo suo si ribella ancora, due millenni dopo. Oggi qui l’altra faccia dell’Istat ha le rughe orgogliose e laboriose di nonna Amalia. Una donnina tanto piccola quanto forte che fino a pochissimi anni fa si svegliava col sole e scendeva sotto casa a zappettare l’orto, perché lei lo sa da un secolo – tanto ha già vissuto -  che piselli e pomodori non vengono su dal nulla. Il suo orto si trova proprio accanto al muro della guardia medica, da cui lei ha sempre cercato di tenersi almeno a due solchi di distanza; alle medicine ha sempre preferito i suoi pomodori e piselli, convinta che funzionino meglio.  Certo, da quando i suoi tenaci polmoni hanno soffiato sulla candelina a tre cifre, nell’orto non scende più. Ma non molla. Non ha mai mollato nemmeno quando la vita le ha riservato di peggio. Come le altre due coetanee del paese: Venera, che di anni ne ha già 102 ed è sana almeno quanto è buona; Rosalia, è invece la più giovincella delle tre, avendo compiuto cento anni da appena due settimane. Qui scantonare il secolo non fa più notizia. Alcuni anni fa, è toccato a due coniugi quasi contemporaneamente, duecento anni nella stessa stanza da letto: difficile spiegarla all’Istat un’emozione del genere… Perciò nei giorni scorsi quando la notizia del nuovo record ha fatto il giro della piazza l’hanno presa tutti con un sorriso, e se la sono “presa” tutti proprio con le tre centenarie, decisive per accaparrarsi il record. “Poi vuol dire che qui si vive bene”, chiosano.  Ma su questo non tutti sono d’accordo. Soprattutto quelli che di numeri se ne intendono. Per esempio, in disaccordo totale c’è tale Il Sole24ore, quotidiano che ogni anno stila una classifica sulla qualità della vita. I risultati di questa classifica fanno pensare che si ritiene, per esempio, elevata “qualità della vita” per un anziano vivere da solo, in una stanzetta di pochi metri di una “residenza sanitaria assistenziale”, bel nome per definire un ospizio, con vista sul muro di fronte, che però non si vede per via della nebbia, purché abbia due estranei in camice che lo controllano e una flebo sempre pronta all’uso, anche a prescindere ed a volte a dispetto di cosa ci sia dentro. Pessima idea invece vivere in case ampie, piene di vento e sole, con familiari attorno ed un paese a disposizione per ogni necessità. Insomma, questa classifica, dove serenità, sole e semplicità non devono avere un gran peso,  alcuni anni fa ha spiegato, con dovizia di numeri, frazioni ed algoritmi, che Limina era la più povera di Sicilia, perché aveva il minor reddito pro capite. Commentando il dato, sottovoce, ma nemmeno tanto, amministratori e cittadini (soprattutto quelli che lavorano da sempre, ma non sempre regolarizzati…) facevano notare che Il Sole24Ore dimenticava i risparmi in posta, visto che su quel fronte i liminesi sono tra i più virtuosi. E come si spiega? Il quotidiano economico non lo dice. Chi vive qui lavorando da mattina a sera dice che forse molto è dovuto al fatto che quando si poteva arrivarono pensioni precoci – certo, non era giusto, ma quando le vacche erano grasse ognuno munse con gli attrezzi a disposizione… - e rimesse dell’estero a fianco a lavoro artigianale e contadino, che sfugge ai radar delle statistiche, e dopo l’edilizia, ultimamente, anche il turismo sulla riviera, oltre al “posto”, che non guasta mai, anzi. Certo, il lavoro, quello delle statistiche, quello delle 6 ore e 40 a 1.500 euro nel privato scarseggia; i giovani vanno via; l’imprenditoria si conta sulle dita di una mano; l’aria pura e l’alimentazione sana aiutano ma non risolvono. Però si continua a vivere. E pure tanto. E quindi, se la matematica non è un’opinione valli a scoprire gli ingredienti per raggiungere quegli obiettivi anagrafici tanto fastidiosi per l’Istat. Ma soprattutto per l’Inps… Del resto, qui, coi record dei numeri ci hanno sempre giocato. Tre anni fa un’intera troupe di Rete4 si sorbì i tredici chilometri di curve per andare a scoprire quel remoto paese, Limina appunto, in cui i numeri dicevano che la Lega era stata votata dal 41% degli elettori. Sorpresi, erano venuti quassù a capire quale porzione del verbo padano avesse ammaliato questa gente del profondo Sud. Il federalismo che aggiunge a ricchi ciò che dovrebbe andare ai poveri? L’immigrazione in una paese con una delle più alte percentuali di emigranti? L’Europa (allora, ancora, la Lega era contraria…)? Non se ne capì molto, malgrado l’impegno dei commentatori e intellettuali in studio, sia perché in paese l’avevano presa a ridere tanto da far sbagliare al giornalista pure gli intervistati – uno di quelli che spiegava le ragioni dell’amore felpato aveva votato... Pd - sia perché la realtà era molto più semplice ma gli intervistati si divertirono a celarla: la gente aveva votato un suo compaesano, Carmelo Lo Monte, sospinto dal maggior portatore di voti del paese, oggi sindaco, Filippo Ricciardi. Quando anni prima quello stesso politico era con Italia dei Valori, Limina sembrava più “dipietrata” di una roccia. 

Nella vicina Roccafiorita, invece, l’Istat fotografa numeri che sembrano descrivere un paese da Wwf, in via di estinzione, una ghost town direbbero quelli che amano neologismi arditi. Ma qui di “ghost” ci sono solo leggende e qualche superstizione di un paese ufficialmente nato nel XVII secolo in uno strano giro di vessilli nobiliari spagnoli, ma sulle cui membra e abitudini sono tatuati simboli e segni almeno arabi, dal quartiere Saraceno, al nome del monte che lo domina, Kalfa, donato. Insomma, qui, tutto è un mistero, persino come possa reggersi in piedi un comune di nemmeno duecento anime che vivono a 16 km (e non 19, come erroneamente riporta la segnaletica, a volte anche i numeri… sbagliano) dalla riviera, dove fino a metà del secolo scorso non ci arrivava nemmeno la strada. Eppure quei duecento fortunati  – a fine articolo valuterete se sia o meno il caso di dirlo – hanno da decenni una rete di servizi efficiente, a cominciare da quella fognante. Mentre altrove i liquami fanno capolino sul torrente, si infilano a scrocco nei depuratori altrui, sono causa di avvisi di garanzia di magistrati ed avvisi di fuga di turisti dal naso sensibile, alle falde del Kalfa, per sentire odori “rilevanti” bisogna attendere il passaggio di qualche mandria. Altrimenti, soltanto l’odore dell’aria pura a rarefatta di un monte affacciato sul mare. Per il resto e malgrado l’isolamento – anche da parte delle istituzioni politiche - tutto funziona perché tutti in qualche modo si danno da fare. Una sorta di spirito di sopravvivenza virtuoso. Se un tubo si rompe, il sindaco (e vale un po’ per tutti i sei sindaci che si sono succeduti dal ‘46 ad oggi) prende il primo paesano che gli capita sotto mano e va a sistemarlo. Certo la delibera, certo la determina, ma prima il tubo, perché nessuna provincia o regione lo aggiusterà per te. Non a caso qui sono devoti alla Madonna dell’Aiuto. A Roccafiorita non sanno cosa sia il condominio.  I pochi “eletti” vivono in case che in media superano i cento metri quadrati e che per comprarle basta meno della metà di quanto costano in riviera.  Tra i record c’è pure che anni fa, mentre altrove si discuteva di sigle astruse (Ato, Ssr, Aro e via confondendo…), Roccafiorita fece sparire i cassonetti dalle sue strade – peraltro sempre linde - ed avviò la differenziata porta a porta. Quella vera. Ora, mentre a Roma stanno scoprendo la “transizione ecologica”, Roccafiorita si gode la sua elettricità a costo quasi zero, avendo scovato già da anni i finanziamenti per coprire i suoi principali edifici pubblici con pannelli solari che danno calore e luce a tutti gli impianti, illuminazione pubblica (a led, ovviamente) compresa. Il tutto senza spendere un euro e facendo diventare il costo della bolletta come la famosa particella di sodio in certe acque minerali, mentre altrove le casse comunali si svenano, le luci restano spente e gli uffici al freddo.  La scuola, trasferiti gli alunni a Limina – con scuolabus, vecchio ma andante - è diventata un centro dove si può fruire di connessione veloce, computer, schermi. La palestra “multipiano”, costruita in via Belvedere negli anni ‘80, è molto grande, troppo grande, e quindi sta diventando anche biblioteca, sfruttando una donazione di un mecenate, mentre sulla sua terrazza ci si gioca a tennis ed a calcio. Nei prossimi mesi fungerà pure da chiesa, visto che la “matrice” va in restauro. Alcuni anni fa erano state attivate tante di quelle iniziative di lavoro che dovettero importare i giovani di altri comuni, avendo esaurito i propri. Quattro corse quotidiane lo collegano alla riviera, su una strada più adatta ai rally ma alla quale ci sono abituati e percorrono in una ventina di minuti, tanti quanti ne servono da Sant’Alessio per raggiungere Furci in estate o nell’ora di punta; se dovesse sorgere lo svincolo sull’Agrò, d’estate da Roccafiorita si raggiungerà Messina nello stesso tempo oggi impiegato per raggiungerla da Sant’Alessio. Il Comune è proprietario - ed incamera gli affitti, non esosi – di una grande area boschiva e di altri edifici realizzati quando i soldi arrivavano: il ristorante, il bar-alimentari e la Casa del Pellegrino, un centro accoglienza e punto degustazione sul monte Kalfa, dove c’è un altro locale cui il Comune deve dare ancora una destinazione. All’unico bar le colazioni sono caserecce, così come nel ristorante ed al punto degustazione sul monte, perché utilizzare l’autoprodotto di contadini e pastori del luogo – oltre che di un’azienda di vini che ha sede qui - costa pure meno, oltre ad essere più gradito a palati fin troppo omologati. A proposito, se qui pronunciate la parola McDonald’s potrebbero offendersi… Al visitatore che arriva in paese non serve né guida né depliant, gli basta uno smartphone con cui scannerizzare i vari QrCode sparsi per le vie principali e che gli consentono di leggere ed ascoltare, anche in inglese, le descrizioni di luoghi ed eventi. Il Comune ha fatto tutto a costo praticamente zero, grazie alla collaborazione con un’associazione insieme alla quale, due anni fa, è stato realizzato - in appena 15 giorni! - anche il Museo della Madonna dell’Aiuto, con immagini, oggetti antichi, documenti, video delle prime feste e QrCode, e da alcuni anni organizza Kalfaracconta, un’iniziativa letteraria per la promozione di scrittori e poeti del comprensorio. Naturalmente è un dettaglio, del tutto irrilevante ai fini Istat, che stando semplicemente seduti sulla “roccia” giusta, la mattina si possa assistere all’alba dall’Aspromonte e di sera al tramonto tra le Eolie e Pizzo Novara a destra, mentre a sinistra l’Etna erutta spettacolo, confondendosi con Taormina e lo Jonio. Ecco perché quando a queste latitudini (e altitudini…) arrivano i numeri disperati dell’Istat, col loro tono di vaga e mal celata commiserazione, anziché di necessaria attenzione, qui si avverte solo il fruscio del vento che, infilandosi nel maestoso canyon dentro la rocca fiorita sopra il paese, sembra quasi riprodurre il suono di una pernacchia. Ovviamente, è solo un’illusione sonora.  


COMMENTI

Gianpiero Venuti | il 15/03/2021 alle 10:44:44

Eccellente articolo... la parola "articolo" è molto riduttiva. In vero viene brillantemente fotografata uno scorcio di bella realtà nostrana e sapientemente raccontata in modo succinto ma nitido un pezzo di storia del nostro territorio ... Complimenti!

Enrico Scandurra | il 15/03/2021 alle 15:22:58

Complimenti Filippo. Un articolo degno della tua penna.

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