Mafia, Jonica e Alcantara in mano a Cosa nostra etnea: la mappa dei clan attivi
di Andrea Rifatto | 29/07/2019 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 29/07/2019 | ATTUALITÀ
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La mappa dei clan nella zona jonica
Se la provincia messinese versa in uno stato di crisi generale, che investe l’economia, il mondo del lavoro e perfino gli enti locali (21 comuni in dissesto e la stessa Città metropolitana in “deficit strutturale”), la mafia non conosce recessione e la presenza delle consorterie criminali permane in maniera forte, anche nella zona jonica, condizionando molti settori ormai inquinati dai clan di Cosa nostra. Il quadro aggiornato al secondo semestre del 2018 è delineato nell’ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia inviata al Parlamento. Una provincia che nonostante la posizione geografica di collegamento tra la parte continentale e il cuore della regione, nonché la diversità delle manifestazioni economiche che il territorio è potenzialmente in grado di esprimere, si colloca agli ultimi posti per qualità della vita, consentendo alla malavita di infiltrarsi anche grazie ai facili guadagni che riesce a promettere agli affiliati. La jonica messinese, al confine con la provincia etnea, continua a essere un’area di forte influenza di Cosa nostra catanese, in particolar modo delle famiglie Santapaola-Ercolano e dei Laudani e della consorteria dei Cappello, ciascuna delle quali affidata ad un “responsabile” locale. Secondo la Dia il primo clan, tramite Pietro Olivieri più noto come Carmeluccio, reggente del clan Brunetto dopo la morte del capoclan Paolo nel 2013, continua a esercitare la propria influenza nella valle dell’Alcantara e sui comuni di Giardini, Taormina, Letojanni, Gaggi, Francavilla, Malvagna e Castiglione (Ct); i Laudani, tramite Paolo Di Mauro, detto ‘u Prufissuri, hanno esteso la loro influenza su Malvagna, Mojo, Giardini, Roccella Valdemone e Taormina; il clan Cappello, il cui referente jonico è Antonino Cintorino, opera invece a Taormina, Gaggi, Francavilla, Malvagna, Letojanni e Giardini. I clan criminali influiscono significativamente sul tessuto economico-sociale, attraverso estorsioni, usura, traffico di droga, corse clandestine di cavalli, accaparramento di fondi agricoli per accedere ai finanziamenti e anche con il controllo delle scommesse online. Gli introiti che ne derivano vengono reimpiegati e riciclati in imprese operanti in diversi settori economici quali l’edilizia, le attività commerciali in genere ed i servizi. Il lucroso settore degli appalti pubblici viene infiltrato sia mediante l’aggiudicazione forzata delle gare ad imprese di riferimento delle consorterie, sia sottoponendo ad una sistematica attività estorsiva gli imprenditori affidatari. Tra le attività portate a termine nel secondo semestre 2018 l’operazione “Portofranco”, che ha visto la Compagnia Carabinieri di Taormina arrestare due persone ritenute elementi di spicco del clan Ragaglia-Sangani, affiliato ai Laudani, accusate di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso per aver cercato di mettere le mani su un’opera pubblica a Malvagna. Il comprensorio turistico taorminese indubbiamente fa gola ai clan, che come emerso poco più di un mese fa con l’operazione “Isola Bella” condotta dalla Guardia di Finanza (31 arresti per associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsioni, trasferimento fraudolento di valori, usura, associazione finalizzata al narcotraffico, detenzione e spaccio di stupefacenti, rapina) avevano messo le mani sul business delle escursioni all’isolotto e gestiscono attività imprenditoriali a Giardini e dintorni. Una mafia non più piovra ma camaleonte, che si mimetizza infiltrandosi nell’economia legale, asfissiando gli imprenditori onesti costretti spesso a piegarsi ai clan pur di andare avanti.