Mafia, la mappa dei clan messinesi: Jonica e Alcantara in mano ai catanesi
di Andrea Rifatto | 16/02/2019 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 16/02/2019 | ATTUALITÀ
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La mappa dei clan nella zona jonica
Un crocevia di rapporti e alleanze, grazie alla particolare posizione geografica che costituisce il punto di forza della criminalità messinese, attribuendole la possibilità di confrontarsi e rapportarsi tanto con Cosa nostra palermitana quanto con quella catanese e la ‘Ndrangheta. È il quadro della malavita di Messina e provincia delineato dalla Direzione Investigativa Antimafia nella relazione del primo semestre 2018, inviata al Parlamento. La propensione a relazionarsi con le organizzazioni delle province confinanti e con quelle che insistono oltre lo stretto rende le consorterie messinesi dotate della flessibilità necessaria per riorganizzare, all’occorrenza, i propri assetti interni ed adattare organizzazione ed operatività alle diverse realtà emergenti. Nel precedente semestre, ad esempio, gli esiti dell’attività investigativa denominata “Beta”, non solo avevano confermato la sussistenza dei legami con la criminalità etnea ma hanno documentato, per la prima volta, la presenza - sul territorio della città - di una cellula costituente una proiezione di Cosa nostra catanese (denominata Romeo-Santapaola) diretta emanazione della nota famiglia Santapaola-Ercolano. L’influenza della consorteria etnea si è manifestata con una netta e indiscussa preminenza sui sodalizi locali che tendono a non contrastarla. La presenza dei “catanesi” non sembra comunque aver alterato gli equilibri dei gruppi cittadini e la loro tendenza ad agire autonomamente, ancorché nell’ambito di una sinergia funzionale ad evitare situazioni di belligeranza ed al raggiungimento degli obiettivi criminali. Passando al dettaglio dell’architettura criminale di Messina, nella zona sud domina il gruppo criminale Spartà, radicato soprattutto a Santa Lucia sopra Contesse e Santa Margherita; la zona centro (Provinciale) è controllata dai Lo Duca; a Camaro comanda il clan Ventura con i suoi sodali; Mangialupi è zona dell’omonimo clan, con cellule di tipo familistico risalenti alle famiglie Trovato, Aspri, Trischitta e Cutè; a Giostra opera il gruppo criminale facente capo ai Galli. La città di Messina resta, quindi, suddivisa in quartieri, nei quali gli specifici gruppi operano in autonomia evitando, per quanto possibile, azioni conflittuali. Non appare, inoltre, trascurabile la capacità d’intervento dei clan messinesi in favore di esponenti politici locali, come evidenziato da indagini del recente passato. Nel resto della provincia, la pervasiva presenza della criminalità organizzata di tipo mafioso continua ad assumere caratteristiche diverse in relazione agli equilibri ed alle collaborazioni criminali poste in essere nella zona d’interesse. La fascia jonica è connotata dalla rilevante influenza di Cosa nostra catanese, facente capo sia alla famiglia Santapaola-Ercolano sia ai clan Laudani e Cappello, che si avvalgono di referenti locali: secondo la Dia il primo clan, tramite Pietro Olivieri più noto come Carmeluccio, continua ad esercitare la propria influenza nella valle dell’Alcantara e sui comuni di Giardini, Taormina, Letojanni, Gaggi, Francavilla, Malvagna e Castiglione (Ct); i Laudani, tramite Paolo Di Mauro, detto ‘u Prufissuri, hanno esteso la loro influenza su Malvagna, Mojo, Giardini, Roccella Valdemone e Taormina; il clan Cappello, invece, il cui referente jonico è Antonino Cintorino, opera invece a Taormina, Gaggi, Francavilla, Malvagna, Letojanni e Giardini. I clan criminali influiscono significativamente sul tessuto economico-sociale, attraverso estorsioni, usura, traffico di droga, corse clandestine di cavalli, accaparramento di fondi agricoli per accedere ai finanziamenti e di recente anche con il controllo delle scommesse online. Gli introiti che ne derivano vengono reimpiegati e riciclati in imprese operanti in diversi settori economici quali l’edilizia, le attività commerciali in genere ed i servizi. Il lucroso settore degli appalti pubblici, viene infiltrato sia mediante l’aggiudicazione forzata delle gare ad imprese di riferimento delle consorterie, sia sottoponendo ad una sistematica attività estorsiva gli imprenditori affidatari.