Mafia, le mani di Cosa nostra su Jonica e Alcantara: accordi per inquinare l'economia
di Andrea Rifatto | 28/02/2021 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 28/02/2021 | ATTUALITÀ
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I clan operanti nella zona jonica
Il territorio messinese si conferma crocevia di varie matrici criminali, in particolare Cosa nostra palermitana e catanese con le loro peculiari caratteristiche, insieme all’indiscussa influenza delle cosche calabresi che hanno contribuito a creare una realtà piuttosto eterogenea. E la fascia jonica, che va dalla periferia sud della città di Messina fino al confine con la provincia di Catania, rimane regno dalle organizzazioni mafiose catanesi, che agiscono nella propria zona di influenza per lo più attraverso luogotenenti locali. È il quadro che emerge dalla relazione della Direzione Investigativa Antimafia sull'attività svolta e i risultati conseguiti nel primo semestre del 2020, inviata al Parlamento italiano. La ripartizione delle aree di influenza dei gruppi messinesi, nel semestre, è rimasta sostanzialmente invariata in città come in provincia, rimanendo consolidate le alleanze con gli schieramenti mafiosi dei territori confinanti. Nel territorio di Messina è documentata la sussistenza di legami tra la criminalità organizzata locale e quella catanese: gli esiti delle attività giudiziarie hanno rivelato, infatti, presenze della famiglia Santapaola-Ercolano nella città di Messina, consentendo di effettuare anche sequestri di importanti patrimoni riconducibili a personaggi considerati affiliati proprio al sodalizio catanese. Il territorio dove è più pervasiva l’influenza delle consorterie catanesi è comunque la fascia jonica. È qui che le consorterie etnee, in particolare la famiglia Santapaola-Ercolano e i clan Cappello e Laudani, estendono i propri interessi grazie a personaggi del luogo fidelizzati. Secondo la Dia il primo clan, tramite Pietro Oliveri più noto come “Carmeluccio”, reggente del clan Brunetto dopo la morte del capoclan Paolo nel 2013, continua a esercitare la propria influenza nella valle dell’Alcantara e sui comuni di Giardini Naxos, Taormina, Letojanni, Gaggi, Francavilla, Malvagna e Castiglione (Ct); i Laudani, tramite Paolo Di Mauro, detto ‘u Prufissuri, hanno esteso la loro influenza su Malvagna, Mojo, Giardini, Roccella Valdemone e Taormina; il clan Cappello, il cui referente jonico è Antonino Cintorino, opera invece a Taormina, Gaggi, Francavilla, Malvagna, Letojanni e Giardini. Recenti indagini hanno evidenziato il superamento delle rigide forme di spartizione del territorio e delle attività criminali a favore di accordi tra sodalizi funzionali ad una più pervicace sottrazione di risorse dal tessuto imprenditoriale dell’area che, in ambito provinciale, è con le Isole minori quella più esposta a forme di riciclaggio nel settore del turismo. A tal proposito l’operazione “Isola Bella”, condotta nel giugno 2019 dalla Guardia di Finanza di Catania con i colleghi della Compagnia di Taormina, ha disvelato un vero e proprio accordo tra il clan Cappello e la famiglia Santapaola-Ercolano, finalizzato a gestire a proprio vantaggio tutte le attività turistiche da diporto e dell’intero indotto gravitante intorno ad esso. Un'indagine che ha riguardato 31 persone, parte affiliate al sodalizio dei Cintorino, articolazione territoriale del clan Cappello, e parte affiliate alla famiglia Santapaola-Ercolano, accusate di associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intestazione fittizia, usura, rapina, detenzione e spaccio di stupefacenti: oltre a fotografare le pressioni mafiose nell'ambito del redditizio settore delle attività economiche legate all'Isola Bella, in particolare il noleggio delle imbarcazioni con un giro d'affari che d'estate era di 20mila euro al giorno grazie ad una spartizione “scientifica” tra i due clan delle varie zone dell'Isola Bella, gli inquirenti hanno anche monitorato per mesi la “piazza di spaccio” gestita dal gruppo mafioso catanese tra Calatabiano, Giardini e Taormina, incentrata sullo smercio di cocaina, hashish e marijuana. Lo scorso dicembre in udienza preliminare al Tribunale di Catania sono arrivate 21 condanne e 4 assoluzioni e La pena più altra è stata inflitta al boss Sebastiano Trovato, 20 anni di reclusione. A Mario Pace, esponente storico del clan Cappello, ai figli Antonino e Giuseppe e alla compagna Agnese Brucato sono stati inflitti rispettivamente 12 mesi di isolamento in continuazione con la pena dell'ergastolo che sta scontando, e poi la pena di 6 anni e 8 mesi ciascuno. Carmelo Pennisi è stato assolto dal reato di associazione mafiosa, mentre dalla contestazione di spaccio di droga è caduta l'aggravante di aver favorito l'associazione mafiosa (6 anni e 8 mesi la pena finale inflitta).