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Metanizzazione, scoppia il “caso Iva”: i Comuni pronti a bloccare i pagamenti
di Andrea Rifatto | 11/11/2015 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 11/11/2015 | ATTUALITÀ
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Mentre ruspe e operai sono al lavoro per la realizzazione della rete metanifera in 15 centri del comprensorio jonico, tra trincee che solcano le strade e condutture da posare in tempi rapidi, per i comuni che hanno aderito al Bacino “Sicilia Jonico-Peloritano” con capofila Fiumedinisi, che riunisce le amministrazioni che nel febbraio 2011 hanno sottoscritto un contratto di servizio per la progettazione, realizzazione e gestione dell’impianto di distribuzione del gas metano, potrebbe profilarsi una brutta sorpresa. L’opera è in corso di esecuzione da parte della Fin Consorzio, società romana che si è impegnata a proprie spese in cambio della concessione ventennale del servizio di distribuzione del gas e di un indennizzo di 65 milioni di euro al termine del periodo di affidamento. Inoltre, dato che i comuni coinvolti (esclusi Antillo, Alì e Mandanici) hanno ottenuto un finanziamento comunitario di 54 milioni di euro, parte dell'opera viene realizzata grazie anche a queste somme: le amministrazioni, tramite i contributi ottenuti, stanno infatti effettuando i pagamenti alla Fin Consorzio sulla base dello stato di avanzamento dei lavori. È nato però un problema di non poco conto: chi paga l’Iva allo Stato? Fino ad oggi non l’ha fatto nessuno, né Fin Consorzio né i Comuni. La società romana, infatti, nelle fatture fin qui emesse, ha sempre riportato la dicitura “operazione esclusa dal campo di applicazione dell'Iva per mancanza del presupposto oggettivo ai sensi dell'articolo 3 del Dpr 633/1972”. Che tradotto dal burocratese significa: io, Fin Consorzio, non ricevo un corrispettivo per una prestazione di servizi e dunque non si tratta di una operazione imponibile ai fini Iva. Ergo, l’imposta non va pagata. Il dubbio, però, col passare dei mesi (i lavori sono stati avviati nell’ottobre dello scorso anno) si è insinuato in maniera sempre più forte tra i vertici della Fin Consorzio, che per ricevere conforto sulla validità della propria tesi hanno deciso, il 3 dicembre 2014, di interpellare l’Agenzia delle Entrate di Roma, ponendo un quesito su come debbano essere trattate, sia ai fini Iva che delle imposte dirette, le somme da ricevere e, in particolare, se possano essere ricondotte ai contributi che riceveranno i Comuni. La tesi della Fin Consorzio La risposta dell’Agenzia delle Entrate Fin Consorzio avvisa i Comuni I Comuni incassano, qualcuno inizia a preoccuparsi, qualcun altro continua a pagare come se nulla fosse le fatture “esenti Iva”, che a questo punto è stato accertato siano irregolari. La questione non è di poco conto: l’Iva da versare sulle opere, che in questo caso ammonta al 10% sul totale di 54 milioni di euro (5,4 milioni dunque), rappresenta una spesa non ammissibile da parte della comunità europea e costituisce per molti comuni un importo considerevole: basti pensare ad esempio, al caso di Scaletta Zanclea, già in dissesto finanziario, che si vedrebbe costretta a versare allo Stato 500mila euro di Iva senza avere la disponibilità di tali somme in bilancio. Una situazione che si ripete anche per altri centri, soprattutto quelli più piccoli. E c’è già chi si dice pronto a bloccare i pagamenti alla Fin Consorzio fin quando la questione non verrà chiarita del tutto. Va detto che i Comuni potranno poi chiedere il rimborso di tali somme allo Stato ma non di prima di 18-24 mesi: nel frattempo dovranno farvi fronte con le proprie casse. Resta da capire come Fin Consorzio abbia potuto commettere un errore così grave ai danni dei 12 comuni del Bacino “Sicilia Jonico Peloritani” che hanno ricevuto il finanziamento comunitario per la realizzazione delle rete metanifera.
Secondo la soluzione interpretativa prospettata dalla società concessionaria, i 54 milioni di contributo europeo, trattandosi di somme riconducibili a “contributi a fondo perduto”, consentirebbero di rientrare nel campo di esclusione dell’Iva. Sotto il profilo delle imposte dirette, invece, Fin Consorzio ritiene che "le somme erogate dai Comuni non costituiscono ricavi e vanno imputate a riduzione dei costi sostenuti per la costruzione degli impianti per cui, nel corso del ventennio della concessione, il valore dell'impianto da ammortizzare sarà depurato dell'importo dei contributi ricevuti”. Secondo il contribuente, dunque, i costi dovranno essere capitalizzati, costituendo il valore dei beni in concessione da ammortizzare nel ventennio, al netto dei suddetti contributi.
Il parere della Direzione regionale del Lazio dell’Agenzia delle Entrate smentisce però questa tesi. “L'esclusione dal campo d'applicazione dell'Iva – scrive il dirigente dell’Ufficio – si configura ogni qualvolta il soggetto, che riceve il contributo, non diventi obbligato a dare, fare, non fare o permettere alcunché in controprestazione. Pertanto, in via di principio, i contributi a fondo perduto, ossia quelli non versati in contropartita di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, non sono soggetti ad imposta. Nel caso in trattazione emerge che il beneficiario effettivo delle risorse è il complesso dei singoli Comuni del Bacino – si legge nella risposta all’interpello – mentre il Consorzio istante rappresenta il soggetto cui viene rimessa la realizzazione, e successiva gestione, dell'opera cosi come disciplinate dal contratto di servizio. Ciò consente di affermare che il Consorzio istante, non essendo beneficiario, riceve non contributi bensì un corrispettivo per la realizzazione dell'opera. Ne consegue che sulle somme in esame corrisposte al Consorzio, benché derivanti da finanziamenti pubblici, dovrà applicarsi l'Iva, trattandosi di acconti sul prezzo finale, da saldare al momento della devoluzione dell'opera con l'indennizzo residuo”. In sostanza, dunque, l’Iva allo Stato va versata.
Da dicembre 2014 arriviamo ad ottobre 2015: in questi mesi la Fin Consorzio continua ad emettere fatture ai 12 comuni con la solita dicitura “operazione esclusa dal campo di applicazione dell'Iva”. Uffici tecnici e di ragioneria ricevono e versano puntualmente gli importi sulla base degli stati di avanzamento lavori, senza battere ciglio. Il 15 ottobre, però, suona un campanello d’allarme. L'amministratore della Fin Consorzio, Antonio Anfuso, invia una comunicazione tramite posta elettronica certificata agli uffici tecnici dei Comuni di Alì Terme, Casalvecchio Siculo, Fiumedinisi, Furci Siculo, Itala, Nizza di Sicilia, Pagliara, Roccalumera, Sant’Alessio Siculo, Santa Teresa di Riva, Savoca, Scaletta Zanclea. “Pregiatissimi sindaci e rup (responsabili unici del procedimento, nda) – scrive Anfuso esponendo tutta la questione e allegando la risposta dell’Agenzia delle Entrate – consapevole dell’importanza della problematica, lo scrivente ha cercato di approfondire in ogni modo la questione, rivolgendosi a diversi professionisti esperti nel settore. I loro pareri, tuttavia, hanno confermato la tesi dell’Erario: le somme corrisposte dai Comuni, benché derivanti da finanziamenti pubblici, assumono carattere di corrispettivo rispetto agli obblighi gravanti sul concessionario e in quanto tali devono essere assoggettati ad Iva. Tutto ciò considerato – prosegue l’amministratore – Fin Consorzio farà ricorso, nei prossimi giorni, alla procedura di regolarizzazione prevista dall’art. 6 del D.Lgs 471/97 provvedendo all’invio delle note di variazione per l’addebito dell’Iva sulle fatture a tutt’oggi emesse e consentendo alle singole Amministrazioni di corrispondere l’imposta all’Erario nei modi e nelle forme previste dalla Legge 104/2014, che ha introdotto il cosiddetto sistema dello “split payment”. Fine. Dunque scusate, abbiamo sbagliato, pagate voi l’Iva, poi si vedrà. Il messaggio, in sintesi, è questo.