Premio Zappalà, Di Matteo: "Rompere il rapporto tra mafia e potere per la verità" - FOTO
di Andrea Rifatto | 04/08/2016 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 04/08/2016 | ATTUALITÀ
2884 Lettori unici
Il tavolo dei relatori: Caminiti, Manca, Di Matteo, Repici, D'Arrigo
“Bisogna avere il coraggio di scoprire la verità, superando depistaggi e reticenze, e recidere i rapporti tra mafia e potere”. È il messaggio lanciato da Nino Di Matteo, sostituto procuratore al Tribunale di Palermo e pubblico ministero al processo Stato-mafia, durante la serata in ricordo di Onofrio Zappalà, il giovane di Sant’Alessio morto nella strage di Bologna del 1980, svoltasi nel giardino di villa “Crisafulli-Ragno” a S. Teresa di Riva. All’11esima edizione del “Premio Zappalà-Incontro alla vita” a lui dedicato, organizzata dall’associazione “Amici di Onofrio Zappalà” in corrispondenza del 36esimo anniversario della strage, il magistrato palermitano, accompagnato da una folta scorta, ha pronunciato parole dure contro la politica, che cerca spesso di insabbiare le indagini delegittimando anche la magistratura, e ha esortato i cittadini a sollecitare lo Stato ad andare fino in fondo, perché “una verità parziale è una verità negata”. Alla serata, presentata da Natale Caminiti e Antonello D’Arrigo, che ha tracciato un breve ricordo di Onofrio, sono intervenuti Angela Manca, madre di Attilio Manca, oncologo “suicidato” da Cosa nostra, e Fabio Repici, avvocato di vittime di mafia. A portare i saluti anche i sindaci di S. Teresa, Cateno De Luca, e Messina, Renato Accorinti, massimo esponente della Città metropolitana, presenti insieme a vari amministratori del comprensorio. “Eventi come questo sono un antidoto per un paese che sta perdendo la memoria – ha esordito Nino Di Matteo –: perché con l’indifferenza e la rassegnazione si crea terreno fertile per la malapianta mafiosa, che ha messo a rischio la democrazia del nostro Paese. Ancora oggi ci scontriamo con depistaggi e reticenze, soprattutto istituzionali, e posso testimoniare che negli ultimi 25 anni, seppur siano stati fatti passi avanti nella repressione dell’ala militare di Cosa nostra, il metodo mafioso si è infiltrato nelle istituzioni e nella società”. Per il magistrato è necessario avere il coraggio di arrivare alla verità, troppo spesso resa irraggiungibile dalla mancata volontà della politica di contrastare seriamente la mafia: “Serve un salto di qualità per recidere i rapporti tra mafia e potere, perché i mafiosi, senza l’appoggio delle istituzioni deviate e della politica corrotta, non sarebbero stati nulla. E di questo ne sono ben consapevoli”. Di Matteo ha sottolineato poi come mafia e corruzione siano ormai facce della stessa medaglia e che la politica dà risposte schizofreniche mostrando poca incisività anche a causa di meccanismi perversi come la prescrizione dei reati: “Vi è un inaccettabile inquinamento della democrazia in tutta Italia e voi cittadini dovete pretendere di essere informati correttamente ma allo stesso tempo dovete sollecitare noi giudici a ricercare la verità, perché tutti insieme abbiamo il dovere di andare fino in fondo. Avverto da tempo una sorta di fastidio verso l’attività che svolgo, vedo ergersi muri di gomma, di silenzio, dove la politica è assente ma anzi sferra continui attacchi all’autonomia della magistratura. Bisogna condurre uniti una lotta per preservare e applicare i principi della Costituzione – ha concluso Nino Di Matteo – e non per cambiarla”. Fabio Repici ha ricordato come spesso i familiari delle vittime vengano lasciati soli a vivere “un ergastolo civile”, mentre gli esecutori di stragi come quella di Bologna sono a piede libero: “L’impunità dei condannati è il rovescio della medaglia del mancato accertamento della verità – ha evidenziato – e il magistrato che fa il suo dovere spesso è contrastato dallo Stato. Bisogna coltivare la memoria e star accanto ai familiari nella ricerca della verità, senza dimenticare le pagine buie di questo Paese ma anzi ricordandole sempre per non far calare l’attenzione”. Commovente il racconto di Angela Manca, che da anni lotta per avere giustizia. “Mi sono fatta forza in questi anni, ho iniziato a girare nelle scuole, nelle piazze e ho visto che le persone che si sono affiancate a noi sono aumentate sempre di più. La verità non si vuole far conoscere perché dietro la morte di Attilio ci sono i segreti della latitanza di Provenzano e dunque le coperture garantite dallo Stato – ha sottolineato – ma noi non ci arrendiamo fin quando non emergerà tutto. Per questo chiedo di starci vicino”. Ai tre ospiti l’Associazione ha donato dei premi alla persona, mentre alla dirigente dell’Istituto “Caminiti-Trimarchi”, Carmela Maria Lipari, è stata consegnata la medaglia di rappresentanza del presidente della Repubblica come segno di riconoscimento da parte degli “Amici di Onofrio Zappalà” per la collaborazione nelle attività svolte. Vincitori delle due borse di studio sono stati gli studenti Sergio Lombardo (Classico) e Michela Maria Moschella (Scientifico), premiati dalla presidente della giuria di valutazione degli elaborati del “Premio Zappalà”, Melina Patanè. Alla serata presenti anche i rappresentanti delle "Agende Rosse-Gruppo Graziella Campagna" di Messina e del presidio Libera "Nino e Ida Agostino" di Messina.