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S. Teresa, sbarrato il locale in piazza: ecco perché il sindaco rischia di inciampare
di Andrea Rifatto | 10/10/2017 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 10/10/2017 | ATTUALITÀ
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Il locale sbarrato con la nuova serratura alla porta
Il buonsenso ha prevalso sull’arroganza? Forse ci si è resi conto di aver oltrepassato il limite. Parliamo del locale comunale in piazza Marina Militare Italiana a S. Teresa di Riva, occupato da tempo da un cittadino con attrezzature edili. Da ieri la struttura prefabbricata, ubicata al confine ovest della piazza, si presenta con la porta d’accesso chiusa a chiave con una serratura nuova di zecca, che ha sostituito quella presente prima dell’occupazione e misteriosamente sparita, e sembrerebbe essere stato sgomberato. Una vicenda paradossale, che vede protagonisti il Comune e un cittadino, cugino del sindaco Danilo Lo Giudice, proprietario dell’abitazione retrostante la piazza. L’accaduto ha provocato imbarazzi in Municipio e non sappiamo quali passaggi siano avvenuti, visto che ieri regnava il nervosismo e sia il dirigente dell’Ufficio tecnico che il primo cittadino si sono rifiutati di dare chiarimenti. Ipotizziamo che l’occupante sia stato invitato a liberare lo spogliatoio con annesso wc e che il Comune sia intervenuto installando una nuova serratura per chiudere i locali e rientrarne così in possesso. In caso contrario, a nostro avviso, il fatto sarebbe ancora più grave. Ma perché da tre mesi il Comune di S. Teresa continua a far finta di nulla, consentendo a un privato di agire a proprio piacimento e contribuendo a far addensare le nubi sul comportamento del sindaco, visto che ad occupare il locale è stato un suo parente? Ricostruiamo la vicenda. Il 6 luglio al Comune giunge una segnalazione telefonica con la quale viene comunicato che qualcuno si è introdotto nel locale comunale di piazza Marina Militare deponendovi attrezzature e materiali. Viene effettuato un sopralluogo e la Polizia municipale, informata su chi abbia agito con l’occupazione, redige una relazione sui fatti che invia all’Ufficio tecnico e probabilmente anche al sindaco. Ma non succede nulla. Arriviamo al 9 agosto, quando la minoranza consiliare presenta un’interrogazione indirizzata al primo cittadino per chiedere spiegazioni su chi abbia occupato la struttura prefabbricata. Il sindaco Lo Giudice chiede quindi con una lettera al direttore dell’Ufficio tecnico e al comandante della Polizia municipale, allegando l’interrogazione, di effettuare un sopralluogo congiunto “per verificare lo stato dei luoghi adibiti a spogliatoi durante le manifestazioni estive e relazionare nel più breve tempo possibile”. Già non si comprende perché chiedere un nuovo sopralluogo quando dal 6 luglio si conosceva lo stato dei luoghi. Non sappiamo se questo sopralluogo congiunto sia stato effettivamente eseguito ma l’8 settembre il direttore dell’Ufficio tecnico redige due note sulla questione. La prima è rivolta al sindaco in risposta all’interrogazione della minoranza ed è stata letta dallo stesso primo cittadino, che ha ammesso di conoscere i fatti già prima della presentazione dell'interrogazione, in Consiglio comunale l’11 settembre. “Il piccolo vano deposito tra il muro che delimita la piazza e la proprietà privata è stato certamente realizzato e utilizzato dal Comune, anche se in Ufficio non sono stati rinvenuti atti autorizzativi in merito. Dalle misurazioni effettuate sui luoghi e dalla sovrapposizione di tali misurazioni sulla aerofotogrammetria della zona con l’ausilio di estratto della mappa catastale la proprietà dell’area in questione sembrerebbe non sia stata interessata dall’esproprio per la realizzazione della piazza e quindi potrebbe essere privata. Andrebbe comunque effettuato un più accurato rilievo strumentale di tutta l’area e inoltre verificato dal punto di vista giuridico se il possesso della striscia di terreno da parte del Comune, prima con la realizzazione della piazza e la costituzione di una servitù di passaggio pedonale e successivamente mediante la costruzione di un vano deposito, non abbia in qualche misura comportato un diritto permanente su tale superficie”. Particolare, quest’ultimo, di non poco conto. Nella seconda, indirizzata al comandante dei Vigili (e per conoscenza al sindaco) il dirigente dell'Ufficio tecnico si ricorda dopo due mesi di riscontrare la segnalazione del 6 luglio, scrivendo come dagli atti risulti che lo spazio retrostante il muro che delimita la piazza è stato riservato ai proprietari espropriati per consentire loro il libero accesso in piazza da un unico punto (un varco esistente sul muro da cui si accede anche a un esercizio pubblico) costituendo quindi una servitù di passaggio sull’area in questione. Successivamente il Comune ha realizzato un piccolo vano deposito tra il muro che delimita la piazza e la proprietà privata, ostruendo così la servitù di passaggio di fatto costituita al fine di consentire il libero accesso alla piazza. Dunque nello stesso giorno il dirigente dell’Ufficio tecnico evidenzia nella nota inviata al sindaco che l’Ente potrebbe vantare un diritto su quella striscia di terreno dove sorge lo spogliatoio, mentre in quella indirizzata al comandante dei Vigili come sia stata ostruita una servitù di passaggio. L’attuale proprietario dell’immobile (il cugino del sindaco) ha quindi richiesto nel 2014 il ripristino di tale passaggio per consentire l’accesso pedonale alla piazza dalla sua proprietà e il Comune ha optato nel 2015 per autorizzare l’apertura di un piccolo cancello a tale scopo nell’angolo nord della piazza. Non si comprende, però, perché l’attuale proprietario dell’immobile, una volta ottenuta l’uscita sulla piazza, abbia deciso dopo circa due anni di rivendicare la titolarità anche sull’area dove sorge il locale comunale e procedendo alla sua occupazione, quando poteva già allora chiedere di riavere quella porzione di terreno ed eventualmente instaurare un contenzioso per ripristinare la servitù riconosciuta dallo stesso Comune. Di certo vi è che la struttura è stata sempre in possesso del Comune sin dalla sua costruzione, risalente ad oltre 15 anni fa, e chi ha deciso di occuparla a nostro avviso ha commesso un abuso (si potrebbe configurare il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose) perché la legge non consente a chiunque voglia esercitare un preteso diritto di farsi arbitrariamente ragione da sé. Senza contare che durante l'estate non è stato possibile per i fruitori della piazza e per quanti hanno partecipato agli spettacoli estivi poter usufruire di quei locali e del bagno. Una vicenda che rischia di far inciampare il sindaco Danilo Lo Giudice, che doveva prendere subito in mano la situazione in modo da non dare adito alle polemiche, inevitabili visto che è direttamente coinvolto un suo parente. Addirittura il primo cittadino è arrivato a dire che “se il Comune ha commesso un errore negli anni realizzando una struttura abusiva su un area privata chiederne oggi lo sgombero (ancorché l'area in questione è passata in proprietà a mio cugino) rappresenterebbe l'ennesimo errore e qualora facessi qualunque atto in tal senso, non supportato dalle carte, si configurerebbe un abuso”. Da vittima il Comune, secondo il sindaco, sarebbe perfino colpevole. Se i locali siano stati adesso effettivamente sgomberati e il Comune ne è rientrato in possesso non possiamo che prendere atto del dietrofront, dettato magari dal buonsenso. In caso contrario chi ha sbagliato pagherà le conseguenze. Poi, una volta risolta la questione dell’occupazione, sarà possibile avviare gli accertamenti per capire di chi sia effettivamente quell’area al confine con la piazza. Dagli atti catastali sembra che ricada in area privata (particella 1477), mentre l’area pubblica (particella 1216) finisce al limite con il muro. Ma il Catasto non è probatorio e non fa fede. Ne è prova il fatto che piazza Marina Militare Italiana non risulti neanche intestata al Comune ma sia un agrumeto di 1.300 metri quadri. Forse era meglio rimanesse tale.