Santa Teresa, il caso di via Fiorentino non è chiuso: la Cassazione tornerà a pronunciarsi
di Andrea Rifatto | 10/02/2024 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 10/02/2024 | ATTUALITÀ
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Al centro del contendere l'accesso ad un complesso
Un anno fa il caso sembrava chiuso con un verdetto favorevole per l’ente, ma non è detta ancora l’ultima parola. Ci sarà infatti un altro passaggio in Cassazione sulla vicenda relativa alla causa civile intentata nel 2007 da una donna di Roccalumera, che ha chiesto al Comune di Santa Teresa di Riva un risarcimento da mezzo milione di euro per due concessioni edilizie revocate. Nel gennaio 2023 la Suprema Corte aveva rigettato il ricorso con un’ordinanza della Sesta Sezione civile, ritenendolo infondato e confermando la motivazione della Corte d’appello sull’impossibilità di ascrivere responsabilità per danni al Comune e all’allora ingegnere capo, riconducendo piuttosto la contestata revoca delle concessioni edilizie al comportamento della ricorrente, indicata come responsabile di aver prospettato come “pubblica” una via meramente privata (benché di uso pubblico), generando l’impossibilità di un legittimo rilascio dei titoli edilizi. Adesso, però, il suo legale, l’avvocato Carmelo Saitta, ha presentato un nuovo ricorso contro il Comune e l’ingegnere Claudio Pellegrino, all’epoca dirigente dell’Ufficio tecnico, chiedendo alla Cassazione di impugnare per revocazione quell’ordinanza per la presenza di un errore di fatto. Il Comune, assistito nella vicenda dall’avvocato Giovanni Monforte, ha quindi deciso di costituirsi in giudizio stanziando 4mila 240 euro per un nuovo incarico legale. Secondo l’avvocato Saitta la pronuncia della Cassazione è errata poiché emessa sulla scorta di un errore che ha riguardato la condotta della ricorrente, perchè “non si è resa responsabile di alcuna condotta illecita né di alcuna dichiarazione infedele, né ancor meno essa ha posto in essere una condotta fattuale, tale da portare l’Ente locale alla decisione di revocare alla stessa le concessioni edilizie rilasciatale”. A riprova di ciò la circostanza che la donna è stata assolta in sede penale, con la formula perchè il fatto non costituisce reato, da ogni responsabilità e da ogni ipotesi di falso, riferita alla rappresentazione in progetto della strada di accesso alla sua proprietà, indicata come strada pubblica anzichè strada privata di uso pubblico. Dunque secondo il suo difensore la titolare delle concessioni “non ha prodotto alcuna falsa ed errata rappresentazione dei luoghi, tale da meritare il ritiro degli atti concessori”, mentre “la pronuncia della Corte territoriale ed a seguire la pronuncia oggi impugnata sono viziate allo stesso modo, in quando fondate su un fatto, quale la condotta illecita della ricorrente, che non vi è stato”. In sostanza “l’impianto motivazionale della pronuncia della Corte territoriale è stato errato - evidenzia Saitta - perché poggiato su un fatto inesistente” e di conseguenza l’ordinanza della Cassazione è errata. Confermata anche la richiesta di risarcimento da 500mila euro “in quanto vi è prova legata alla produzione di tutti gli atti giudiziari mirati all’aggressione del patrimonio di cui la stessa è stata destinataria”, in riferimento ad un’azione risarcitoria da 320mila euro da parte degli acquirenti degli edifici e dal sequestro con fermo lavori con un danno calcolato in 180mila euro.