Savoca, dopo l'accordo mancato la Sicobit vince al Cga sulle autorizzazioni ambientali
di Andrea Rifatto | 30/07/2024 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 30/07/2024 | ATTUALITÀ
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Lo stabilimento industriale in contrada Mandrazzi
Riapertosi dopo il tentativo non andato a buon fine per trovare un sito alternativo per trasferire lo stabilimento, si chiude con il ribaltamento della sentenza di primo grado uno dei contenziosi amministrativi principali tra il Comune di Savoca e la società “Sicobit”, che produce conglomerati bituminosi nello stabilimento a valle del centro storico. Il ricorso pendente al Cga di Palermo, presentato contro il Comune (difeso dall’avvocato Cecilia Nicita) e la Città metropolitana (dall’avvocato Aldo Tigano), riguardava lo stop alle attività di produzione asfalti per l’assenza delle autorizzazioni ambientali e urbanistiche nell'attuale sito di contrada Mandrazzi, ricadente in zona agricola del Programma di Fabbricazione, sul quale ad agosto 2022 il Tar di Catania che aveva dato torto alla “Sicobit”. Adesso, invece, i giudici del Cga hanno accolto l’appello annullando la sentenza di primo grado e accogliendo il ricorso presentato dagli avvocati Andrea Scuderi e Giuseppe Sciuto, con l’annullamento del provvedimento di diniego ai fini della reiterazione del procedimento. In sentenza è stato riconosciuto che vi furono vizi procedimentali nello svolgimento della conferenza di servizi del 16 dicembre 2020, quando venne sospesa in attesa del parere ai fini urbanistici del Comune, espresso con esito negativo solo il 27 maggio 2021, dunque al di là del termine di 45 giorni. Visto il parere negativo del Comune, il successivo 10 giugno la Città metropolitana ha ritenuto la pratica improcedibile e l’ha archiviata, “senza che si fosse instaurato il confronto partecipativo previsto al fine del superamento delle eventuali condizioni (che peraltro in sede di riunione non risultavano espresse) - scrive il Cga - né risulta garantita la partecipazione conseguente all’effetto di preavviso di diniego della determina, la trasmissione da parte della Città metropolitana della nota recante le osservazioni negative del Comune né alle altre amministrazioni che partecipavano, né tanto meno al richiedente”. Nessuna osservazione venne fatta dalle parti in quella sede e dunque non è possibile considerare la riunione quale sede di partecipazione. Le problematiche di compatibilità urbanistica evidenziate dal Comune avrebbero dovuto formare, dunque, oggetto di confronto in conferenza, anche al fine di individuare soluzione alternative per l’insediamento industriale, anche perchè il Cga ricorda come in termini generali la giurisprudenza ha evidenziato che il potere di pianificazione del territorio non può precludere insediamenti industriali in zone a destinazione agricola se non in via eccezionale, vale a dire nei casi in cui si discuta di assetto agricolo di particolare pregio, servendo tale destinazione ad impedire gli insediamenti abitativi residenziali e non anche a precludere in via radicale qualsiasi intervento urbanisticamente rilevante, specie quelli di tipo industriale per ovvi motivi incompatibili con zone abitate e quindi necessariamente da realizzare in aperta campagna. Sul punto i giudici si soffermando evidenziando come “in via sempre generale, gli atti della programmazione territoriale non sono esenti da sindacato per il solo fatto di essere adottati nell’esercizio del potere di pianificazione urbanistica, dovendosi verificare se, in concreto, essi perseguano effettivamente finalità di tutela dell’ambiente o siano, comunque, riconducibili all’obiettivo di dare ordine e razionalità all’assetto del territorio, oppure perseguano una finalità di regolazione autoritativa attraverso restrizioni territoriali alla libertà di insediamento delle imprese”. Considerazioni che nel caso della Sicobit evidenziano come “il confronto tentato in giudizio (e non riuscito) di composizione attraverso l’individuazione di una soluzione attraverso l’apposizione di condizioni o l’individuazione di un’area alternativa avrebbe dovuto trovare la propria naturale sede nell’ambito della conferenza di servizi, in ragione della preesistenza dell’azienda appellante operante da molti anni sul territorio, alla luce dei principi di cooperazione e buona amministrazione e tutela dell’iniziativa privata sanciti a livello costituzionale”. Non accolti, invece, i motivi di ricorso legati alla durata dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera e alla possibilità di rinnovare l’autorizzazione all’attività, in ragione della sopravvenuta incompatibilità urbanistica dell’impianto.