Savoca, Inwit vince il ricorso sulla stazione radio base: il Tar smonta il Piano antenne
di Andrea Rifatto | 06/01/2024 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 06/01/2024 | ATTUALITÀ
1480 Lettori unici
Il terreno individuato per installare la torre
Un’altra battaglia persa, in un settore dove i Comuni sembrano non avere alcuna possibilità neanche con i Piani antenne. Anche a Savoca l’ente è uscito sconfitto dal ricorso presentato al Tar di Catania dalla società “Inwit”, che a marzo dello scorso anno ha chiesto di realizzare una torre su un terreno privato nella frazione Contura superiore, destinata ad ospitare impianti di telefonia mobile multigestore in quanto il sito è stato ritenuto il più idoneo, ossia l’unico, tecnicamente, in grado di assicurare una compiuta erogazione del servizio pubblico telefonico sul territorio comunale. Il Comune ha però negato il titolo edilizio, dopo aver approvato a giugno il Regolamento per l’installazione degli impianti di telefonia mobile e il Piano antenne che individuano due sole aree pubbliche per le installazioni delle stazioni radio base, ma dopo l’udienza dell’8 novembre i giudici hanno accolto il ricorso presentato da “Inwit”, assistita dall’avvocato Edoardo Giardino, contro il Comune, la Città metropolitana, la Regione, il Governo, la società Polab che ha redatto il Piano antenne e Open Fiber. In giudizio si sono costituiti solo il Comune, difeso dall’avvocato Fabio Di Cara e la Regione con l’Avvocatura dello Stato e adesso è arrivata la sentenza della Prima Sezione che annulla il provvedimento di diniego emesso il 19 giugno dal Comune e alcune parti del Regolamento antenne. Il Tar, dop aver estromesso la Regione, ha innanzitutto dichiarato infondata l’eccezione del Comune secondo il quale Inwit non è un soggetto giuridicamente qualificato ad azionare le tutele previste dalla normativa per i gestori di rete e non è un gestore di servizi di comunicazione, stabilendo invece che tower company “ha la facoltà di presentare istanze anche in assenza di un progetto radio elettrico direttamente riferibile ad un operatore”. Se il diniego del Comune è stato ritenuto legittimo tenendo conto anche delle modifiche normative intervenute durante l'iter procedimentale, tanto che è stato respinto il motivo di ricorso di Inwit sull’applicazione retroattiva delle norme non vigenti al momento della presentazione dell’istanza autorizzatoria, è nel merito del suo contenuto che il Tar lo ha annullato. I giudici hanno ricordato come in base al D. Lgs. 259/2003 “gli impianti di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, quelli esercitati dallo Stato e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità hanno carattere di pubblica utilità” e “sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria”, ma soprattutto che in base alle recenti modifiche normative “i Comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato”. In sostanza “per costante giurisprudenza l'assimilazione delle infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazioni alle opere di urbanizzazione primaria implica che le stesse siano in generale compatibili con ogni destinazione urbanistica e, dunque, con ogni zona del territorio comunale” e “i criteri per la localizzazione non possono essere adoperati quale misura, più o meno surrettizia, di tutela della popolazione da immissioni elettromagnetiche”. Tesi che di fatto "smontano" il Piano antenne, poiché la sentenza evidenzia come “per consolidato e costante indirizzo giurisprudenziale, deve ritenersi illegittimo il regolamento comunale che vieti l’istallazione di tali impianti in aree diverse da quelle individuate dal Comune, comportando una limitazione alla localizzazione in aree generalizzate del territorio: per costante orientamento interpretativo, invero, la ‘specificazione dei siti è ammessa dalla norma ma in negativo, a fini di tutela, e non può quindi estendersi alla ulteriore limitazione della specificazione dei siti quali unici punti ammessi, pena una illogica inversione del criterio normativamente stabilito’. Sulla base della documentazione prodotta - scrivono i giudici - emerge che il Comune resistente, contrariamente alle difese articolate dal medesimo Ente, ha nella sostanza sancito un generale divieto di installazione, fatte salve le zone indicate. Le disposizioni regolamentari avversate, quindi, non si limitano a porre criteri preferenziali per la localizzazione degli impianti (espressione della scelta operata dall’Amministrazione comunale di privilegiare alcune aree del proprio territorio, senza tuttavia inibire le aree residue) ma configurano, al di fuori delle zone puntualmente individuate un limite assoluto alla localizzazione. La scelta - contestata dalla società ricorrente - si pone in contrasto con il richiamato insegnamento giurisprudenziale in base al quale la specificazione dei siti è ammessa dalla norma ma ‘in negativo, a fini di tutela’, e non può quindi estendersi alla ulteriore limitazione della specificazione dei siti ‘quali unici punti ammessi’”.