Scifì, lavori per l'area giochi davanti gli scavi: la Soprintendenza ordina la demolizione
di Andrea Rifatto | 21/06/2021 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 21/06/2021 | ATTUALITÀ
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La gettata di cemento realizzata dal Comune
Può un Ufficio tecnico di un Comune autorizzare la costruzione di un parco giochi su un sito archeologico vincolato, consentendo la realizzazione di una piattaforma di cemento armato sul terreno sotto al quale potrebbero esserci antichissimi resti? A Forza d’Agrò sì, è successo davvero, e adesso chi ha sbagliato dovrà tornare sui propri passi e quell’obbrobrio dovrà sparire. Come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, l’Amministrazione comunale ha deciso di realizzare un parco giochi inclusivo proprio davanti l’area archeologica all’ingresso della frazione, un sito scoperto nel 1987 dal professor Giuseppe Lombardo che lo collegò all’originario monastero bizantino dei Santi Pietro e Paolo d’Agrò e sul quale è stato posto il vincolo archeologico, che vieta nuove costruzioni e infrastrutture. Dopo la segnalazione alla Soprintendenza di Messina inviata dal presidente di Archeoclub Area Jonica, Filippo Brianni, i lavori sono stati sospesi e nei giorni scorsi sono giunti a Scifì l’architetto Giuseppe Natoli, dirigente dell’Unità operativa Beni Archeologici della Soprintendenza e la dottoressa Giuseppa Zavettieri, allo scopo di verificare la fondatezza dell’esistenza di interventi edili nell’area del sito archeologico. Il sopralluogo, svolto in presenza del responsabile dell’Ufficio tecnico comunale, l’architetto Sebastiano Stracuzzi, ha rilevato che l'area antistante gli scavi archeologici è stata livellata ed è stato steso un massetto in conglomerato cementizio per installare giochi funzionali alla realizzazione del parco “Il giardino dei bimbi”. “Per l’intervento - ci ha fatto sapere la Soprintendenza da noi interpellata - che ricade peraltro in una fascia di rispetto torrentizia ed è stato realizzato in un’area sottoposta a vincolo archeologico, non è mai stata presentata richiesta di autorizzazione: per questo motivo, nonostante i lavori effettuati non abbiano provocato danneggiamenti né alle strutture né ai livelli archeologici, i tecnici hanno espresso il parere contrario al mantenimento della struttura, annunciando l'emanazione di un provvedimento di demolizione e di ripristino dei luoghi”. Dunque quella piattaforma costata 3mila 300 euro di fondi comunali, che si estende per circa 200 metri quadrati con uno spessore di 20-30 centimetri, dovrà sparire, con altri costi sempre a carico della collettività che dovrà pagare il grave errore del Comune. Nei giorni scorsi il gruppo di minoranza consiliare ha presentato un’interrogazione chiedendo al sindaco se il Comune abbia ottenuto la necessaria autorizzazione da parte della Soprintendenza per realizzare i lavori: le Belle Arti, però, non ne sapevano nulla e dopo aver scoperto l'esistenza dell'obbrobrio si sono recati suoi luoghi e adesso emetteranno il provvedimento di demolizione.