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Una nuova legge per i Comuni: Cateno De Luca lancia la proposta
di Andrea Rifatto | 26/04/2014 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 26/04/2014 | ATTUALITÀ
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Puglisi, De Luca e Lo Giudice durante la conferenza stampa
Mentre proseguono gli incontri tra gli amministratori dei circa quaranta centri a cavallo del catanese e del messinese per arrivare alla costituzione di un Libero consorzio di comuni (Jonia-Taormina-Etna la denominazione ipotizzata) che sostituisca le ormai soppresse Province regionali, il sindaco di S. Teresa di Riva, Cateno De Luca, che dopo aver partecipato alle prime riunioni si è defilato giudicando inutili le discussioni portate avanti in queste settimane, ha esposto oggi in una conferenza stampa la sua idea in merito alla nascita dei nuovi organi di governo. E non poteva che essere “rivoluzionaria”, distante dalle contese territoriali che ultimamente sembrano essere ostative al raggiungimento di un accordo per la nascita del Libero consorzio o per l'adesione alla Città metropolitana, vista anche la mancanza di elementi che permettano di capire quale strada sia più congeniale per i comuni. Obiettivo comune unico: abbattere i costi e aumentare gli investimenti Sarà il tempo a dire se l'iniziativa presentata oggi avrà successo: che la legge regionale istitutiva dei Liberi consorzi e delle Città metropolitane sia stata mal digerita dagli amministratori locali non è più un mistero, ma le strade da percorrere sembrano ancora più buie.
Insieme al presidente del Consiglio comunale di Fiumedinisi, Mario Puglisi, al suo omologo santateresino, Danilo Lo Giudice, e al vicesindaco della cittadina nisana, Giovanni De Luca, il primo cittadino di S. Teresa ha lanciato una proposta di legge volta ad evitare un salto nel buio nel momento in cui verranno stabilite le competenze ed i poteri delle Città metropolitane e dei Liberi consorzi. Secondo De Luca, infatti, la Regione ha interesse che i comuni vengano inglobati nelle Aree metropolitane, ma ciò comporterebbe la perdita di autonomia decisionale dei singoli centri, in quanto il disegno di legge n.662, presentato dal presidente Crocetta su proposta dell’assessore per le Autonomie locali e la Funzione pubblica Valenti il 6 dicembre scorso, prevede che il comune che rappresenta il 50% degli abitanti all'interno della Città metropolitana abbia potere di veto sulle decisioni riguardanti l’intera Area. Situazione che secondo il sindaco di S. Teresa comporterebbe il rischio che i singoli comuni vengano scippati delle proprie competenze, in particolare in materia finanziaria e di pianificazione urbanistica: da qui l’esigenza di anticipare il legislatore regionale e proporre una norma che lasci l’autonomia d’azione ai comuni nell’ambito delle materie finora gestite dai sindaci. La proposta di legge, per poter essere presa in considerazione, dovrà essere sottoscritta da almeno 50mila abitanti o da 40 Consigli comunali: obiettivo non facile considerando anche che entro ottobre i comuni dovranno scegliere se aderire ad un Libero Consorzio o alla Città metropolitana di riferimento. Se non provvederanno per tempo sarà il Governo regionale a presentare all’Ars un disegno di legge per stabilire le nuove conformazioni territoriali.
Ma “l’anomalia messinese”, come definita da De Luca, sta nel 70% dei comuni con una popolazione sotto i 2mila abitanti. Situazione che si ritrova puntualmente nel territorio della Valle d'Agrò, dove vige una frantumazione a cui si può rimediare con la fusione in un unico centro, così da costituire una macroarea di comuni jonici, con poteri deliberativi, che possa candidarsi ad essere la seconda aggregazione della Città metropolitana di Messina. “La fusione in un unico ente sarebbe ripagata con l’arrivo di fondi nazionali, visto che lo Stato ha destinato il 20% del fondo per i comuni ai centri nati da unificazioni – ha spiegato Cateno De Luca – e per quattro anni il nuovo comune non sarebbe obbligato al rispetto dei vincoli del patto di stabilità: ciò significherebbe avere a disposizione 1,5-2 milioni di euro l’anno da poter investire sul territorio”.
Le normative regionali specificano chiaramente la possibilità che comuni vicini si uniscano in una nuova entità ma non prevedono alcun finanziamento per incentivare le fusioni, come invece avviene a livello nazionale. La proposta presentata oggi vuole essere uno sprone anche in tal senso: premiare con appositi fondi i comuni che intraprendono un percorso di accorpamento, con un minimo di 15mila abitanti, razionalizzando le spese.
E nonostante le barricate erette dai sindaci della Valle d’Agrò sull’ipotesi di fusione (leggi qui l'articolo), il primo cittadino di S. Teresa ha presentato oggi una prima bozza progettuale per la nascita del Comune Val d’Agrò, frutto dell’unione dei nove centri della vallata: S. Teresa di Riva, Sant’Alessio Siculo, Forza d’Agrò, Savoca, Limina, Roccafiorita, Antillo, Casalvecchio Siculo, Furci Siculo. Una nuova realtà con una popolazione di 20.027 abitanti ed un’estensione territoriale di 137,12 km2, governata da un sindaco e sei assessori, un consiglio comunale con 20 componenti, e 9 presidenti di Municipalità che partecipano con voto consultivo ai lavori della giunta. La struttura amministrativa subirebbe uno snellimento, essendo previsti un segretario comunale, 6 direttori d’area e 25 responsabili dei servizi. Tutto ciò allo scopo di giungere ad un’economia annua di circa 3 milioni di euro sulla spesa corrente: 700mila euro sarebbero le somme risparmiate per i costi della struttura politica, 1,3 milioni per le risorse umane necessarie alla gestione amministrativa, 300mila euro per l’organizzazione degli uffici. Ma la voce di spesa su cui si interverrebbe in modo consistente è il capitolo dedicato alle funzioni attualmente di competenza dei singoli comuni: la fusione permetterebbe di risparmiare 2 milioni di euro su pianificazione urbanistica e territoriale, programmazione delle opere pubbliche, assistenza e consulenza legale. Se ne riparlerà martedì 29 aprile, quando il sindaco Cateno De Luca relazionerà in Consiglio comunale sul progetto di fusione.