Giovedì 21 Novembre 2024
Le motivazioni del Tribunale del Riesame. Il 19 aprile l'udienza preliminare


Caso Fenapi, "Nessuna operazione fittizia": De Luca e Satta non andavano arrestati

di Andrea Rifatto | 15/03/2018 | CRONACA

3795 Lettori unici

Cateno De Luca e Carmelo Satta

“Nessuna operazione fittizia, solo ricostruzioni contabili per predisporre documentazione riepilogativa da produrre presso gli organi di giustizia tributaria”. Sono state depositate nei giorni scorsi le motivazioni dell’ordinanza del Tribunale del Riesame di Messina con la quale il 24 novembre è stata revocata l’ordinanza del Gip che 16 giorni prima ha disposto gli arresti domiciliari per Cateno De Luca, ex direttore generale della Fenapi, eletto deputato regionale due giorni prima, e Carmelo Satta, ex presidente della stessa organizzazione, accusati di associazione a delinquere finalizzata all'evasione fiscale con un'inchiesta della Guardia di Finanza che ha visto indagate altre otto persone. L’accusa riguarda la gestione dei rapporti tra il Caf Fenapi e la Fenapi con la contestazione di costi fittizi e partite di giro per eludere il Fisco, relativi in particolare al personale, al mantenimento delle sedi e a servizi affidati a società esterne. Tutto nato da una verifica fiscale delle Fiamme gialle condotta tra dicembre 2013 e maggio 2014. Il Riesame ha annullato le misure cautelari e interdittive nei confronti dei due e il sequestro preventivo da 1,7 milioni di euro per il Caf Fenapi. I giudici del Collegio hanno esaminato la documentazione prodotta dai legali di De Luca e Satta, gli avvocati Carlo Taormina, Tommaso Micalizzi, Giovanni Mannuccia ed Emiliano Covino, valutando un voluminoso incartamento processuale che ha richiesto tre mesi di tempo per essere studiato. Le motivazioni del Collegio, composto dal presidente Antonino Francesco Genovose e dai giudici Alessia Smedile e Giuseppe Miraglia, sono contenute in venti pagine, in cui in sostanza non vengono condivise le tesi della Procura della Repubblica che hanno portato agli arresti “non essendo la gravità indiziaria delle fattispecie ascritte sostenibile con la qualificata probabilità richiesta nella presente sede”.  Ecco perché.

I costi fittizi. "Il costrutto accusatorio si scontra con un dato di partenza innegabile e incontestato, relativo all'effettività del servizio di assistenza fiscale reso dal Caf Fenapi sul territorio a beneficio degli associati per il tramite di alcuni circoli – scrive il Riesame – e non è dato comprendere economicamente come il relativo costo possa considerarsi fittizio, nè, tantomeno, come sia logicamente sostenibile che il Caf dovesse introitare i ricavi dell’assistenza fiscale mentre i circoli dovessero sopportare integralmente i costi senza percepire alcunché”. Per il Collegio “sfugge il vantaggio ottenuto con la presunta frode fiscale in considerazione dei rapporti di cointeressenza tra i soggetti apicali delle varie società” e si tratta di “una problematica quantificazione dei costi dedotti ma non è in alcun modo sostenibile la fittizietà”. In sostanza vi sono stati dei costi effettivi relativi ad attività svolte e sono le modalità di calcolo ad apparire controverse, senza che ricorrano gli indici di fittizietà.

L’associazione a delinquere e l’interesse di De Luca. “Dalla mancata configurabilità in termini di gravità indiziaria dei reati discende l’impossibilità di ravvisare il contestato sodalizio criminoso ravvisato dal Gip finalizzato alla commissione di reati tributari”. Tesi, quella di un sodalizio criminale, sostenuta dalla Procura sulla base delle intercettazioni telefoniche, effettuate tra novembre 2014 e gennaio 2015, che hanno visto De Luca, suoi collaboratori e consulenti “impegnati febbrilmente all’indomani dell’accesso ispettivo (allorquando i presunti reati sarebbero già stati consumati) nella redazione di documentazione ritenuta falsa e tesa a giustificare ex post le operazioni inesistenti condotte. Il Riesame definisce le attività condotta dagli indagati come “predisposizione di documentazione riepilogativa da produrre presso gli organi di giustizia tributaria, al fine di superare le criticità rilevate in termini di indeducibilità dei costi, nonché il ruolo sostanzialmente gestorio assunto da De Luca nelle vicende relative al Caf Fenapi, benché lo stesso all’epoca avesse un ruolo ufficiale solo all’interno della Fenapi quale direttore generale. Tale dato, confermato anche dalla denuncia resa da Giovanni Cicala, avvocato che aveva per un brevissimo tempo assunto la difesa nel processo tributario del Caf, salvo poi essere revocato da Satta per irriducibili contrasti sulla strategia difensiva da mantenere (ulteriormente degenerati in reciproche querele), non appare particolarmente indicativo atteso che il perdurante interesse per De Luca alle vicende relative alla società Caf Fenapi non è contestato e non contrasta col ruolo rivestito all’interno dell’associazione Fenapi, che del Caf Fenapi era socio unico. Il perdurante interesse per le vicende dell’ente da lui creato (tra l’altro dopo le dimissioni De Luca aveva ricoperto il ruolo di amministratore della società ausiliaria Dioniso, per cui aveva continuato a mantenere una “veste interna” al Caf) non appare pertanto di per sé né occulto né criminoso. L’assunto secondo cui De Luca e Satta avessero organizzato un sodalizio criminoso e dato in tale ambito direttive ai collaboratori per falsificare documenti, in guisa da costituire prove false per documentare operazioni mai compiute, non è sostenibile”

La ricostruzione della contabilità. “I costanti riferimenti alla necessità di formulare e riformulare i prospetti riassuntivi da produrre sono compatibili con un’opera di ricostruzione ex post della contabilità, tesa all’evidente fine di sanare la contestata indeducibilità dei costi, cercando di ricondurre gli stessi ad un calcolo preciso, anziché ad un determinazione forfettaria, ritenuta in sede fiscale insufficiente a rendere il costo stesso deducibile”. “A ronte di un’attivitò effettivamente svolta, la necessità di far quadrare i costi indicati con i dati contabili a disposizione può essere indice di una quantificazione approssimativa, ma non può fari ritenere di per sé la totale inesistenza delle operazioni economiche sottese. Peraltro da molteplici passaggi è dato evincere come si trattasse di operazioni di ‘ricostruzione’ di una contabilità tenuta negli in maniera disordinata e poco ortodossa e di operazioni registrate in maniera non accurata”.

L’udienza preliminare. Fin qui quanto deciso dal Tribunale del Riesame. Il 19 aprile Cateno De Luca e Carmelo Satta, insieme agli altri indagati (Cristina Triolo, Floretana Triolo, Antonino Bartolotta, Giuseppe Ciatto, Domenico Magistro, Francesco Vito, Carmelina Cassaniti e Fabio Nicita) dovranno comparire davanti al giudice per l’udienza preliminare Simona Finocchiaro dopo la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero titolare dell’inchiesta, Antonio Carchietti, a chiusura delle indagini. Il magistrato ha lasciato inalterato l’impianto accusatorio contestato sin dall’inizio agli indagati e le ipotesi di reato.

De Luca: "Non cerco vendette"."Giustizia è fatta ed è auspicabile che la presa d'atto per cui in effetti l'onorevole De Luca fu destinatario di persecuzioni investigative e giudiziarie, valga a restituire alla normalità i rapporti tra il parlamentare siciliano, le istituzioni e la società messinese" commentano gli avvocati Carlo Taormina e Tommaso Micalizzi."Siamo rimasti allibiti per la chiara e netta presa di posizione e censure del collegio giudicante contro l’ennesimo provvedimento giudiziario della Procura di Messina che ha rappresentato un ulteriore pagina  nera dell’ingiustizia dei palazzi di giustizia - commenta invece lo stesso De Luca. Il 12 dicembre ho denunziato all’autorità giudiziaria di Reggio Calabria l’ennesimo abuso della Procura di Messina che mi ha torturato per oltre sette anni con 17 procedimenti penali, tutti chiusi in mio favore con sentenze  di assoluzione ed archiviazioni per l’inconsistenza delle accuse. Attendo ora con serenità le risultanze delle mie doglianze per smascherare chi agisce all’ombra della giustizia causando atti ingiusti nei confronti di perone che non appartengono a certe consorterie”. “Non cerco vendetta - conclude il parlamentare - ma spero che il mio calvario giudiziario possa servire a smantellare l’occulta organizzazione che si annida in qualche angolo del tribunale di Messina e che stritola quei malcapitati che non hanno la forza ed i mezzi che io ho avuto per evitare di essere macinato nel tritacarne della mala giustizia”.

Più informazioni: inchiesta fenapi  


COMMENTI

Non ci sono ancora commenti, puoi essere il primo.

Lascia il tuo commento

Dichiaro di aver preso visione dell'informativa privacy ai sensi del D.Lgs. n. 196/2003.