Clienti truffati per cause e ricorsi-bluff nella zona jonica, assolti anche i due avvocati
di Andrea Rifatto | 16/02/2024 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 16/02/2024 | CRONACA
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Il processo si era aperto nel 2020
L’associazione a delinquere non è mai esistita e per il Tribunale l’unico ad aver svolto attività illecita è stato il “dominus” dell’organizzazione. Si chiude con altre due assoluzioni il processo di primo grado sulle truffe per cause e ricorsi bluff nella zona jonica promossi dal 2013 dall’associazione “Feo Progetto Benessere”, con sedi a Santa Teresa di Riva e Giardini Naxos, scaturito da un’operazione dei Carabinieri della Compagnia di Taormina che nel 2018 ha portato a quattro arresti dopo le indagini scaturite dalle denunce sporte da una ventina di cittadini e piccoli inprenditori di Santa Teresa di Riva, Roccalumera e Pagliara. La Prima Sezione penale presieduta dalla giudice Monica Marino, con a latere Salvatore Pugliese e Rita Sergi, ha assolto gli avvocati Cinzia Tavano di Giardini Naxos e Domenico Risiglione di Motta Sant’Anastasia, difesi dall’avvocato Antonio Noè, dall’accusa di associazione a delinquere perchè il fatto non sussiste e da quella di truffa per non aver commesso il reato. Nel troncone processuale che si è concluso nel 2021 era già stato assolto Carmelo Paterini di Savoca, accusato di essere procacciatore di clienti, mentre per Vincenzo Vanaria di Giardini Naxos, ritenuto promotore dell’organizzazione che si presentava come avvocato nonostante fosse stato radiato dall’Ordine di Messina nel 2004, era stata dichiarata l’estinzione del reato in quanto è deceduto durante il dibattimento. Tavano e Risiglione erano accusati di far parte di “un’organizzazione criminale dedita alla perpetrazione di una serie indeterminata di truffe, realizzate mediante richiesta e ottenimento di somme di denaro per promuovere cause civili o ricorsi avverso cartelle esattoriali che in realtà non venivano iscritte a ruolo, inducendo così in errore gli ignari clienti e procurandosi un ingiusto profitto consistente nel percepire denaro corrisposto dalle vittime”, in quanto “delegati da Vanaria a promuovere le cause civili con procure alle liti rilasciate all’insaputa dei clienti” salvo poi “rinunciare al mandato senza aver compiuto alcuna opportuna attività difensiva, inducendo in errore gli ignari clienti”. Il Collegio ha invece ritenuto che “non sia stata raggiunta la prova dell’esistenza dell’associazione contestata e della partecipazione degli imputati alle truffe loro ascritte”, in quanto non vi è prova che sapessero che Vanaria fosse radiato dall’albo ma “è stata raggiunta solo la prova certa che Vanaria abbia truffato plurime persone avvalendosi dell’ausilio inconsapevole degli imputati no potendo lui patrocinare direttamente essendo stato radiato dall’albo”. Entrambi hanno svolto effettivamente attività difensiva nei confronti di taluni clienti e dunque “non può sostenersi che abbiano truffato i clienti perchè vi è prova della instaurazione dei giudizi e della partecipazione alle udienze, mentre non vi è prova che si siano impegnati personalmente nei confronti delle vittime e di altri clienti di Vanaria per svolgere ulteriori incarichi conferiti personalmente a Vanaria e per i quali non è stata espletata alcuna attività”. Mancano inoltre le prove che gli avvocati Tavano e Risiglione abbiano percepito denaro dai privati che si sono rivolti all’associazione “Feo”, “nè la circostanza che abbiano rinunziato a taluni mandati costituisce un elemento a loro carico”, anche perchè presero poi le distanze da Vincenzo Vanaria e lo querelarono dopo aver lasciato l’associazione rinunziando a tutti i mandati, capendo che molti clienti erano stati truffati, “nè vi è la prova che abbiano lucrato sull’attività illecita svolta dal loro ‘dominus’”, che “proprio per non farsi scoprire li ha esautorati dalla gestione diretta dei clienti”.