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Corruzione all’Anas, 10 arresti. Ai domiciliari gli imprenditori catanesi Bosco e Costanzo
22/10/2015 | CRONACA
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Sequestrati dalle Fiamme gialle 200mila euro
Dalle prime ore dell’alba, circa 300 finanzieri del Comando provinciale di Roma hanno eseguito 10 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip del Tribunale di Roma, Giulia Proto, nei confronti di 5 dirigenti e funzionari di Anas Spa (Direzione generale di Roma), 3 imprenditori titolari di aziende appaltatrici di primarie opere pubbliche, un avvocato e un politico, Luigi Meduri, già presidente della Regione Calabria, dal gennaio 1999 all’aprile 2000, deputato nella XIV legislatura (Margherita Ulivo) e, dal maggio 2006 al maggio 2008, sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture (Governo Prodi). A finire in manette, con l’accusa di associazione per delinquere, corruzione per l’esercizio della funzione e per atto contrario ai doveri d’ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, voto di scambio, sono Antonella Accroglianò, 54 anni; Oreste De Grossi, 59 anni; Sergio Serafino Lagrotteria, 48 anni; Giovanni Parlato, 48 anni; Antonino Ferrante, 54 anni, tutti reclusi in carcere. Ai domiciliari sono andati invece Eugenio Battaglia, 53 anni; Concetto Albino Bosco Lo Giudice, 52 anni; Francesco Domenico Costanzo, 53 anni; Luigi Giuseppe Meduri, 73 anni; Giuliano Vidoni, 70 anni. Il provvedimento cautelare è stato emesso sulla scorta delle risultanze delle investigazioni esperite dalle Fiamme gialle del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma, coordinati dalla Procura della Repubblica. Gli indagati dell’operazione, denominata “Dama nera”, sono complessivamente 31: le indagini hanno consentito di disarticolare una vera e propria cellula criminale, costituita da dirigenti e funzionari “corrotti” di Anas, i quali - abusando dei poteri derivanti dall’incarico ricoperto nell’ambito della azienda pubblica - sono riusciti ad ottenere utilità e provviste corruttive da imprenditori, titolari di società di rilievo nazionale, in alcuni casi con l’intervento di un “colletto bianco” (un avvocato di Catanzaro) e dell’ex sottosegretario Meduri. Insieme agli arresti sono state poste sotto sequestro somme di denaro per l’equivalente delle somme corruttive allo stato accertate nei confronti di tutti i dipendenti pubblici infedeli, fino al totale di 200mila euro. Oltre 90 le perquisizioni effettuate in Lazio, Calabria, Puglia, Campania, Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria, Piemonte, Veneto e Abruzzo, con il supporto anche dei Nuclei di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza alle sedi di Bari, Arezzo, Catanzaro, Catania, Gorizia, Cosenza, Padova, Messina, Siracusa, Udine, Torino, Vercelli e Venezia. Le accuse mosse alla Accroglianò, a Meduri e agli imprenditori Bosco e Costanzo Pressioni per assunzioni in Calabria e voto di scambio Gli altri coinvolti
Nel dettaglio, gli specialisti del Gico (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) della G. di F. di Roma hanno condotto complesse ed articolate attività investigative, tramite intercettazioni telefoniche, ambientali e video riprese, integrate dalle classiche attività di polizia giudiziaria (appostamenti e pedinamenti). Figura centrale è risultata Antonella Accroglianò, dirigente responsabile del Coordinamento Tecnico Amministrativo di ANAS SPA, vero e proprio deus ex machina all’interno del sodalizio definita la "dama nera", che ha visto la fattiva compartecipazione di ulteriori dirigenti dell’azienda pubblica, quali Oreste De Grossi (dirigente responsabile del Servizio Incarichi Tecnici della Condirezione Generale Tecnica), Sergio Serafino La Grotteria (dirigente Area Progettazione e Nuove Costruzioni) nonché di funzionari “di rango minore”, quali Giovanni Parlato e Antonino Ferrante. La dirigente Accroglianò, secondo le indagini, avrebbe offerto, in un esplicito do ut des, il suo sostegno ad un altro dipendente Anas e fatto intendere a Parlato e Ferrante i suoi propositi poco limpidi soprattutto in relazione al recente cambio del top management di Anas. La condotta illecita posta in essere si è concretizzata nello sblocco di contenziosi in essere con Anas, nella velocizzazione delle pratiche inerenti i relativi pagamenti, nella disapplicazione di penali ed, ancora, nel favorire l’ottenimento di fondi illecitamente maggiorati. In altri termini, le investigazioni hanno consentito di accertare come i predetti dipendenti pubblici si siano esclusivamente occupati di curare e favorire l’interesse particolare di imprenditori con cui, per ragioni d’ufficio, si interfacciavano, a completo discapito dell’interesse generale, riguardante la corretta edificazione di opere pubbliche strategiche per la collettività. Le Fiamme gialle hanno documentato come i dipendenti abbiano ottenuto provviste corruttive in danaro ovvero richiesto l’assunzione di persone “a loro vicine” e/o l’affidamento di lavori in sub appalto a soggetti agli stessi riferibili. Le somme di denaro venivano definite in codice “libri”, “topolini” o “medicinali/antinfiammatori”.
Gli autori degli episodi di corruzione nei confronti dei pubblici ufficiali sono stati identificati in Concetto Albino Bosco Lo Giudice e Francesco Domenico Costanzo, noti imprenditori di origini catanesi a cui sono riferibili le società di rilievo nazionale Tecnis Spa e Cogip Infrastrutture Spa, entrambe con sede legale a Tremestieri Etneo (Ct).
L’ex sottosegretario e presidente della Regio Calabria Luigi Meduri viene invece definito dagli inquirenti “oscuro faccendiere” che, da un lato, ha sostenuto le illecite richieste degli imprenditori Bosco e Costanzo, dall’altro, si è interessato per la corresponsione di indebite provviste di denaro da parte di questi ultimi in favore dei dipendenti pubblici arrestati ed ha, inoltre, richiesto alla dirigente Anas Antonella Accroglianò l’assunzione e/o la riconferma dell’impiego la Spa di due geometri di suo diretto interesse. La Accroglianò veniva interessata dai due imprenditori catanesi e, per conto degli stessi, da Meduri,non solo per la velocizzazione dei pagamenti conseguenti all’iscrizione di “riserve” nelle contabilità di cantiere, risolte attraverso il meccanismo del cd. “accordo bonario”, ma, anche e soprattutto, per l’ottenimento dell’autorizzazione alla cessione di un ramo d’azienda (in realtà una vera e propria cessione del contratto d’appalto, normativamente non lecita), concernente la realizzazione della cd. Variante di Morbegno, in Lombardia, provincia di Sondrio. In sintesi, è emerso come le aziende di Bosco e Costanzo risultassero aggiudicatari, con un’associazione temporanea di imprese, di un appalto Anas per un importo pari ad oltre 145 milioni di euro, per la progettazione e l’esecuzione della Variante di Morbegno, dallo svincolo di Fuentes allo svincolo del Tartano. I due imprenditori avevano per intenzione di cedere il ramo d’azienda (ma in realtà l’appalto) in favore di un’altra società con sede a Sondrio: tale cessione per la Finanza era però condizionata all’autorizzazione di Anas, attraverso la cd. presa d’atto. Proprio per facilitare questa sono stati documentati dagli investigatori plurimi episodi di corruzione, concretizzatisi in 6 dazioni di denaro, dal dicembre 2014 all’agosto 2015, per un totale pari ad almeno 150mila euro.
Sempre nel corso delle indagini, è stato altresì individuato un gravissimo episodio, che i finanzieri giudicano assolutamente esplicativo dello spessore criminale della dirigente pubblica Antonella Accroglianò. È stato rilevato, infatti, come quest’ultima avesse “consigliato” ai titolari di un’azienda, aggiudicataria di un appalto pubblico in Calabria, di subappaltare alcune opere a ditte facenti capo ad imprenditori già noti alle cronache giudiziarie per contiguità alla criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetista, i quali avrebbero garantito la necessaria sicurezza in un territorio ad alta densità mafiosa. In particolare, la Accroglianò, nei rapporti corruttivi con la De Sanctis, in ordine alla realizzazione di opere pubbliche nel comune di Palizzi (Rc), non solo richiedeva l’assunzione di operai/geometri, ma esercitava inequivoche pressioni affinché la fornitura del calcestruzzo ovvero il movimento terra - attività notoriamente di interesse quasi esclusivo delle cosche di ‘ndrangheta in quei territori - venisse affidato a persona di sua fiducia, che avrebbe così garantito la sicurezza del cantiere da interventi o pressioni di gruppi criminali egemoni nella zona di competenza. Da ultimo, ad aggravare ulteriormente il già fosco quadro indiziario, è emerso un chiaro episodio di voto di scambio, concernente la promessa di assunzione lavorativa in ANAS S.p.a. ovvero in società collegate, effettuata dalla Accroglianò in favore di un soggetto calabrese, in cambio del sostegno elettorale fornito al fratello, candidato (non eletto) alle elezioni regionali in Calabria dello scorso novembre 2014.
Ai domiciliari è finito anche Giuliano Vidoni, titolare della Vidoni Spa SPA, con sede legale a Travagnacco (Udine), azienda operante nella realizzazione di opere pubbliche, aggiudicataria di appalti con Anas, nel periodo tra il 2006 e il 2014, per un importo totale pari a oltre 275 milioni di euro. La dirigente Accroglianò si sarebbe attivata per l’adozione degli atti finalizzati al pagamento ed all’erogazione dei corrispettivi contrattuali in favore della società venetain via privilegiata rispetto ad altre imprese realizzatrici, facendosi indebitamente promettere, quale corrispettivo, l’assunzione di un soggetto “di suo interesse” presso una società del gruppo riconducibile all’imprenditore friulano: assunzione, poi, effettivamente avvenuta nel febbraio 2015.
Tre avvisi di garanzia sono state invece notificati a Francesca e Girolamo De Sanctis, titolari della De Sanctis Costruzioni Spa con sede legale a Roma, e a Giuseppe Ricciardello, titolare della Ricciardello Costruzioni di Roma.
Un altro episodio corruttivo accertato ha riguardato l’esproprio di un terreno da parte di Anas Spa, in relazione al quale è stata documentata la corresponsione di una provvista corruttiva di 50mila euro materialmente effettuata da parte dell’avvocato catanzarese Eugenio Battaglia, oggi ristretto ai domiciliari, per conto dei proprietari del cespite, identificati nei fratelli Giuseppe e Saverio Silvagni, anch’essi di origini calabresi ma da tempo dimoranti a Roma, destinatari di avviso di garanzia.