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Delitto Scipilliti, indagato anche Ceccio. La Caminiti fa scena muta davanti al gip
di Andrea Rifatto | 26/01/2017 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 26/01/2017 | CRONACA
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I due accusati dell'omicidio e il luogo del ritrovamento del corpo
“Roberto Scipilliti è stato assassinato da una coppia senza scrupoli”. Sono le conclusioni alle quali sono giunti i carabinieri del Comando provinciale di Messina, al comando del colonnello Iacopo Mannucci Benincasa e coordinati dal pubblico ministero Antonella Fradà della Procura della Repubblica, che dopo aver fermato mercoledì pomeriggio Fortunata Caminiti, la 47enne di Mandanici accusata di omicidio, sequestro di persona e occultamento di cadavere per la morte del vigile del fuoco di Roccalumera, hanno concentrato le loro attenzioni anche su Fabrizio Ceccio, 44 anni di Pagliara, compagno della donna adesso indagato per l’omicidio. La Caminiti, piantonata all’ospedale di Taormina dove è ricoverata per una pancreatite, oggi pomeriggio, assistita dal suo legale Salvatore Silvestro, si è avvalsa della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio davanti al gip Eugenio Fiorentino, che si è riservato la decisione sulla convalida del fermo. Ceccio è invece già in carcere, perché è stato arrestato insieme alla donna il 14 gennaio, il giorno del rinvenimento del cadavere, quando entrambi sono stati intercettati su un traghetto Caronte a Messina: il 44enne era infatti ricercato da nove mesi, perchè colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione per delinquere finalizzata alle truffe, al riciclaggio ed alla ricettazione emessa nell'ambito dell'operazione "Clone" del 2014 riguardante truffe e furti messi a segno nella zona jonica, e nella circostanza entrambi sono stati trovati in possesso di documenti falsi e pistole con matricola abrasa, con il colpo in canna, con 60 colpi di riserva. La Caminiti, inizialmente rinchiusa nel carcere di Catania Piazza Lanza, era stata poi scarcerata in quanto il compagno si era assunto la responsabilità del possesso delle armi. Secondo la ricostruzione degli inquirenti la coppia ha agito in concorso attirando in trappola Scipilliti il pomeriggio del 5 gennaio, riuscendo a farlo salire a bordo della Fiat Panda gialla in uso ai due sul lungomare di S. Teresa, dove il pompiere aveva parcheggiato la sua auto: una volta seduto sul sedile anteriore lato passeggero, mentre probabilmente i due uomini discutevano animatamente la Caminiti, dal sedile posteriore, ha estratto una pistola sparando a bruciapelo un colpo calibro 9 alla nuca, uccidendolo all’istante. I due si sono quindi affrettati a scaricare il corpo sulla strada provinciale agricola Rina-Savoca, a ridosso di un canale di scolo, coprendolo con un sacco nero e completando le operazioni di occultamento nel giro di sette minuti. La svolta è arrivata dall’analisi dei tabulati del cellulare della vittima e di quelli ritrovati in possesso a Ceccio e Caminiti: quel giorno, infatti, l’ultimo contatto del vigile del fuoco era stato proprio con un’utenza in uso al 44enne, che lo aveva chiamato mentre stava facendo rientro nella sua abitazione di Roccalumera, chiedendogli di tornare indietro. I filmati di diverse telecamere della zona hanno poi consentito di rintracciare l’auto usata per l’omicidio, noleggiata il 4 gennaio dalla Caminiti sotto falso nome a Giarre, nella quale i Ris hanno trovato numerose tracce di sangue che i due hanno tentato di ripulire doo l'esecuzione, senza però accorgersi che nel vano porta oggetti posto sotto il sedile del passeggero anteriore vi era una pozza di sangue nella quale galleggiava una penna. Dopo il delitto Ceccio e Caminiti sono partiti verso la Toscana, dove l'uomo trascorreva la latitanza, salvo ritornare il 14 gennaio, quando sono stati arrestati a Messina. Perché la coppia ha deciso di fare rientro in Sicilia con due pistole pronte a fare fuoco? Un delitto dai contorni misteriosi sul quale si indaga per capire il movente, che potrebbe emergere nei comuni interessi nell’ambito del traffico di auto rubate e rivendute, nel quale sarebbe coinvolta un’altra persona che avrebbe organizzato l’incontro, già individuata dai carabinieri. La vittima nel 2014 è stato arrestato con l’accusa di truffa ed estorsione per aver messo in piedi un raggiro ai danni dell’Agea (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) e dell'Unione Europea, per far ottenere contributi agricoli a soggetti che non ne avevano alcun titolo. Secondo l’accusa il 55enne consentiva ai beneficiari delle erogazioni di trattenere solamente una minima parte delle somme percepite, facendosi consegnare mediante pesanti minacce quasi l’intera somma di denaro. Vicenda giudiziaria, non ancora giunta a sentenza, per la quale è stato in carcere per sette mesi e poi ai domiciliari. Da poco era stato riammesso al lavoro presso il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Messina. A scatenare la furia omicida potrebbe essere stato anche un buono fruttifero postale da 135mila euro, trovato addosso a Roberto Scipilliti.