Depuratore di Nizza, tutti assolti nel processo per omissione e inquinamento ambientale
di Redazione | 15/01/2025 | CRONACA
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L'impianto di contrada Piana a Nizza
Nessuna omissione e nessun inquinamento, così come lo scorso anno vennero escluse le altre contestazioni. Cadono tutte le accuse a carico dei sei imputati del processo principale sulla gestione del depuratore intercomunale di Nizza di Sicilia, scaturito dall’inchiesta chiusa nel 2019 dalla Procura della Repubblica di Messina. Ieri pomeriggio il collegio della Prima Sezione penale del Tribunale di Messina, presieduto dalla giudice Maria Eugenia Grimaldi con a latere Alessandra Di Fresco e Antonino Barbagallo, ha assolto con la formula “perché il fatto non sussiste” gli ex sindaci Piero Briguglio (Nizza di Sicilia), Carlo Giaquinta e Giuseppe Marino (Alì Terme), l’attuale sindaco di Fiumedinisi Giovanni De Luca e due responsabili dell'Ufficio tecnico di Nizza di Sicilia, l’attuale vertice Umberto Valerini e Rosario Porto (oggi in pensione). I fatti contestati risalivano al periodo tra gennaio 2018 e febbraio 2019, quando secondo l’accusa l’impianto in territorio nizzardo, utilizzato anche dai centri di Alì Terme e Fiumedinisi, aveva fatto registrare gravi malfunzionamenti con conseguente sversamento di liquami del mare. I sei dovevano rispondere in questo procedimento dei reati di omissione d’atti d’ufficio e inquinamento ambientale, quest’ultimo contestato nel corso del processo dal pubblico ministero Rosanna Casabona, che allora ha coordinato l’inchiesta della Procura. Nell’udienza di ieri la sostituta procuratrice Alice Parialò, dopo un’ampia disamina dei fatti, ha invece chiesto l’assoluzione di amministratori e tecnici con la formula “perchè il fatto non costituisce reato”, smontando di fatto tutta la ricostruzione finora tenuta in piedi dalla Procura, e poche ore dopo è arrivata la sentenza di primo grado, con l’assoluzione piena di tutti i coinvolti, difesi dagli avvocati Giovanni Calamoneri, Massimo Brigandì, Giovambattista Freni, Giovanni Mannuccia, Carmelo Lombardo e Antonio Scarcella. Il collegio ha disposto anche il dissequestro del depuratore fognario, sul quale nel 2019 vennero messi i sigilli dai carabinieri. Il processo giunto ieri a sentenza si era aperto dopo il rinvio a giudizio disposto il 14 dicembre 2020 dalla Corte d’Appello di Messina, che aveva ribaltato parzialmente la sentenza emessa il 27 febbraio dello stesso anno in udienza preliminare dalla gup Monica Marino, relativamente alle assoluzioni parziali, e aveva disposto il rinvio a giudizio per il reato di omissione d’atti d’ufficio a carico di sindaci e tecnici, inizialmente prosciolti con la formula “perché il fatto non sussiste” e rinviati a giudizio solo per i reati di getto pericoloso di cose, violazione del Testo unico ambientale per il superamento dei limiti dei valori inquinanti e attività di gestione rifiuti non autorizzata (quest’ultima contestazione è stata mossa solo all’ex gestore dell’impianto, Agatino Mantarro). Procedimento che si è chiuso in secondo grado il 4 marzo scorso con sei assoluzioni e la condanna del solo Mantarro a 3 mesi e 10 giorni (pena sospesa). Nel processo definito ieri la Procura contestava il reato omissivo a Briguglio, Giaquinta, Marino, De Luca, Valerini e Porto in quanto “in concorso tra loro e nelle rispettive qualità”, consentivano “il funzionamento dell’impianto consortile di depurazione delle acque reflue sito in contrada Piana in condizioni inadeguate al corretto ciclo depurativo e in assenza di adeguata manutenzione” e “consentendo il funzionamento dell’impianto in assenza di autorizzazione allo scarico dei reflui fognari nelle acque marine attraverso una condotta sottomarina (con autorizzazione della Regione del 2010 revocata nel 2013), omettevano indebitamente di compiere un atto del loro ufficio che, per ragioni di igiene e sanità, doveva essere compiuto senza ritardo consistente nel procedere al trattamento delle acque reflue provenienti dal territorio comunale attraverso un impianto di depurazione a norma di legge”.