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Dipendenti sfruttati nelle case anziani: "Li dobbiamo spremere" - NOMI e DETTAGLI
di Andrea Rifatto | 13/10/2022 | CRONACA
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La rsa "La Reggia dei Nonni" di Gaggi
"Facciamogli vedere che toccano duro, se vogliono è questo, sennò ci sottomettono". "Ci tiriamo il sugo ai dipendenti! E se la fanno f… nei c… tutti. Tutti! Che ne pensi?”. Era questo il tenore delle conversazioni intercettate dalla Guardia di Finanza tra i gestori delle residenze sanitarie assistenziali finite nel mirino degli inquirenti, che ieri hanno fatto scattare cinque arresti e due obblighi di firma in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dalla giudice per le indagini preliminari Claudia Misale del Tribunale di Messina, su richiesta della Procura, notificata dalle Fiamme gialle di Taormina guidate dal capitano Francesco Borbone, nuovo comandante della Compagnia. Agli arresti è finita l’intera famiglia proprietaria delle residenze assistenziali sanitarie “La Reggia dei Nonni” di Gaggi, “Casa Parisi” di Giarre e di un’altra struttura ad Acicastello, oltre ad una nuova rsa a Messina. Ai domiciliari vanno Nunziato Parisi, 66 anni, amministratore delle società, la moglie Rosa Arcidiacono, 63 anni, e i figli Federico (26 anni), Mauro Francesco (30 anni) e Rosario (32 anni), amministratori, soci e gestori di fatto. Obbligo di firma, invece, per Maria Grazia Parisi (69 anni), sorella di Nunziato, e per la commercialista messinese Maria Ausilia Malaponti (66 anni). Indagate a piede libero altre quattro persone, tra cui una dipendente e un’altra consulente, oltre alle società “La Reggia dei Nonni Srl” e “Multiservices Parisi cooperativa sociale”. Le accuse sono di associazione a delinquere, estorsione e intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro nei confronti di 29 dipendenti a partire dal 2016, mentre alcuni reati vengono contestati sin dal 2014. Il pubblico ministero Stefania La Rosa aveva chiesto il carcere per Nunziato Parisi, i domiciliari anche per Maria Grazia Parisi e l’obbligo di firma per altri due indagati, ma la gip Misale ha concesso solo i domiciliari ai cinque imprenditori e i due obblighi di presentazione alla pg, respingendo le altre richieste. Ad assistere gli indagati sono gli avvocati Salvatore Silvestro e Bonaventura Candido. Le indagini sono partite dopo due controlli a marzo 2020 nelle rsa di Gaggi e Giarre, quando la Finanza ha scoperto che dal 2016 al 2020 fossero stati impiegati 32 lavoratori in nero su 40, assunti con contratti part time da 12 a 24 ore settimanali, quando in realtà ne effettuavano dalle 42 alle 60 a settimana, come dichiarato ai finanzieri. La gip Misale ha disposto anche il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, per i cinque arrestati, di beni per un valore di 187mila 875 euro e l’applicazione del controllo giudiziario alle due società, nominando amministratore l’avvocato Salvatore Arlotta. Secondo l’accusa “è indubbio il ruolo di capo e organizzatore rivestito da Nunziato Parisi, che ricopre incarichi direttivi nelle società e nello stesso tempo è al vertice dell’associazione, fornendo le direttive agli altri partecipi ed essendo destinatario di molteplici richieste da parte degli stessi, sia legate alla gestione delle strutture sia per questioni personali”. La busta paga regolare andava da 1.184 a 1.426 euro per 38 ore settimanali, ma i lavoratori percepivano solo 600/700 euro, indipendentemente dalle mansioni svolte e dalle ore di lavoro. “Non c’è nè tredicesima ne quattordicesima e non Tfr, chi ci vuole stare ci sta chi non ci vuole stare si va a cercare un altro posto” diceva Nunziato Parisi durante una discussione con la sorella. Dalle indagini e dalle dichiarazioni dei dipendenti è emersa la sussistenza dei cosiddetti “indici di sfruttamento”, in particolare retribuzione e orario di lavoro con una paga fissa di 600/700 euro imposta e non corrispondente al contratto collettivo nazionale nè alle ore di lavoro realmente svolte, violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene (niente mascherine e guanti durante la pandemia), sottoposizione dei lavoratori a condizioni di lavoro degradanti. “L’esistenza del sodalizio criminale è comprovata dai numerosi elementi che confermano da un lato l’esistenza di un pactum sceleris, ovvero un accordo stabile tra gli indagati con l’assegnazione di ruoli e compiti con i quali gli stessi contribuiscono a perseguire le finalità criminali dell’associazione - scrive la gip - e dall’altro dell’affectio societatis, ovvero della consapevolezza, da parte di singoli associati, di appartenere ad in sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare nel tempo per il raggiungimento dei suoi scopi. Gli stretti vincoli di parentela e convivenza hanno consentito alla consorteria criminale di raggiungere importanti profitti economici consentendo di passare in sei anni dalla modesta struttura assistenziale di Gaggi all’apertura di più strutture a Giarre e Acicastello fino a Messina. La serialità delle condotte criminose e il preciso tecnicismo nel porle in essere - si legge nell’ordinanza - si realizza grazie al prezioso coinvolgimento della consulente Malaponti, che ha fornito al sodalizio quelle peculiarità indispensabili alla realizzazione dei fatti criminosi”. Inoltre “la pianificazione dell’offerta di lavoro ad un tariffario standard e senza riconoscimento di alcun beneficio di legge proseguivano nonostante l’attività ispettiva amministrativa eseguita dalla polizia giudiziaria nel marzo 2020”. Le esigenze cautelari. “Deve ravvisarsi sia per le specifiche modalità dei fatti sia per la personalità degli indagati il concreto pericolo che commettano altri delitti della stessa specie - viene evidenziato nel provvedimento cautelare - gli stessi sono risultati gli artefici di un sistema estorsivo e più ampiamente di sfruttamento della forza lavoro atto a destare peculiare allarme sociale, per efficienza, durata e organizzazione. Il ricorso a modalità di sfruttamento delle dipendenti, in dispregio ad ogni basilare regolare a tutela dei diritti dei lavoratori, appare per gli indagati assunto al rango di versi e proprio metodo di lavoro, che ha stabilmente connotato lo svolgimento delle loro attività professionale, come confermato dalla pluralità di testimonianze raccolte in sede di indagine”. Secondo l’accusa si tratta di “soggetti ampiamente proclivi alla reiterazione dei reati” ed emerge “la concretezza e l’attualità del pericolo di reiterazione del reato, attesto che alla data della richiesta risultano aperte e funzionanti le strutture con sede a Gaggi, Giarre e Acicastello, mentre quella di Messina risulta di prossima apertura. La pervicacia nel reato da parte degli indagati si evidenzia dalla circostanza che fossero a conoscenza dell’indagine in corso ma la gestione in maniera del tutto illecita del personale proseguiva e ponevano in essere tutta una serie di atti finalizzati ad occultare la stessa e a predisporre una documentazione apparentemente regolare della società. Anche l’utilizzo di un linguaggio particolarmente forte (le dobbiamo spremere…) manifesta l’assenza di alcuna forma di resipiscenza”. Ai consulenti viene contestato di aver predisposto la documentazione societaria (in particolare le buste paga e i contratti di lavoro) in modo tale da garantire una apparente regolarità della gestione societaria del personale, nonostante la piena consapevolezza delle condizioni di lavoro imposte alle dipendenti dai gestori delle case di cura.