Sabato 23 Novembre 2024
Indagini partite dopo la scoperta di 36 lavoratori in nero. Due società sotto controllo


Estorsione e caporalato nella casa anziani a Gaggi: 5 arresti, sequestrati 190mila euro

di Redazione | 12/10/2022 | CRONACA

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Operazione delle Fiamme gialle di Taormina

Cinque persone arrestate e poste ai domiciliari, due sottoposte all’obbligo di firma, beni sequestrati per un valore di 187mila 875 euro e applicazione del controllo giudiziario nei confronti di due società. Sono gli esiti dell’operazione condotta dalla Guardia di Finanza di Taormina, che ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale peloritano, su richiesta della Procura della Repubblica, per i reati di associazione a delinquere, estorsione e intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (cosiddetto caporalato) nella gestione di una residenza sanitaria assistenziae nel comune di Gaggi. I cinque arrestati appartengono allo stesso nucleo familiare (padre, madre e tre figli), mentre l'obbligo di firma è stato disposto per un consulente del lavoro e la sorella del titolare della casa di riposo. Dopo una meticolosa mappatura economica del territorio, in pieno periodo pandemico, le Fiamme Gialle hanno effettuato un mirato intervento in materia di sommerso da lavoro in una Rsa di Gaggi, riscontrando come il titolare si fosse avvalso negli anni dal 2016 al 2020, per l’assistenza degli anziani ricoverati, di ben 32 lavoratori "in nero", a fronte di una forza lavoro complessiva impiegata di 40 dipendenti. Da qui sono scattate le successive indagini, coordinate dalla Procura, consistite in complesse ricostruzioni documentali, intercettazioni telefoniche e accertamenti bancari, dalle quali è emerso come il dominus della struttura residenziale, al fine di ottenere indebiti risparmi in termini di versamento di contributi ed oneri previdenziali, avesse abusivamente impiegato i lavoratori, completamente e/o parzialmente, senza effettuare la prescritta comunicazione al Centro per l’Impiego. In particolare, all’esito degli accertamenti svolti dai finanzieri, è stato riscontrato come il titolare delle strutture assistenziali giungesse, addirittura, ad impedire la fruizione di qualsiasi forma di riposo o ristoro durante l’orario di lavoro, nonché di socializzare tra loro, arrivando persino a vietare lo scambio reciproco dei numeri di telefono.

Nonostante la busta paga prevista andasse da 1.184 a 1.426 euro, secondo la previsione dei contratti di lavoro collettivo per i dipendenti di cooperative, consorzi e società consortili del settore socio-sanitario-assistenziale-educativo e di inserimento lavorativo, a seconda del livello di inquadramento e per un orario di lavoro pari a 38 ore settimanali, i lavoratori della residenza sanitaria ispezionata percepivano solo 700 euro circa, indipendentemente dalle mansioni svolte e dalle ore lavorate, peraltro pari, in media, a 45 ore settimanali. Di non minore rilevanza, poi, la circostanza come i medesimi lavoratori effettuassero, singolarmente, il turno notturno, pari a dodici ore, durante il quale, oltre ad accudire gli anziani, avrebbero anche dovuto svolgere altre incombenze, quali il lavaggio e la stiratura delle telerie. In altri termini, secondo l'ipotesi d’accusa, si documentavano palesi violazioni alla normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie, in totale spregio della normativa nazionale e comunitaria in materia di organizzazione dell’orario di lavoro. Le indagini hanno consentito di documentare come, al fine di giungere contabilmente all’importo di 700 euro, il gruppo tra imprenditori e consulenti oggi tratto in arresto predisponesse specifici prospetti paga che per un verso, solo formalmente, certificavano l’esecuzione di prestazioni lavorative in linea con la tipologia di contratti di lavoro stipulati con i dipendenti, attestanti la corresponsione di tutte le categorie di indennità spettanti, al solo scopo di dare una parvenza di legalità in termini di diritti sindacali concessi e, così, evitare eventuali successivi controlli; d’altro canto, invece, riportassero anche l’inserimento, tra le voci stipendiali, di giorni e/o ore di assenza dal lavoro che, di fatto, non risultavano fruite dai dipendenti, talché si determinava una significativa riduzione delle spettanze stipendiali, in palmare danno dei medesimi lavoratori. Tale illecito meccanismo era oggetto di imposizione sin dalla prima fase del colloquio per l’assunzione, mortificando le legittime aspettative dei lavoratori che, loro malgrado, si trovavano costretti a soggiacere all’illecito meccanismo estorsivo perché bisognosi di lavorare.

L’Autorità giudiziaria ha inoltre disposto, nei confronti delle due Rsa coinvolte, anche l’applicazione del controllo giudiziario introdotto con la Legge 199/2016, nominando un amministratore giudiziario che affiancherà gli imprenditori nella gestione dell’azienda e autorizzerà lo svolgimento degli atti di amministrazione utili all’impresa, al fine di impedire il reiterarsi di situazioni di grave sfruttamento del lavoro. Si tratta di uno dei pochi casi a livello nazionale e, sicuramente, il primo caso di applicazione a livello provinciale di tale straordinario strumento di contrasto, previsto dal legislatore quale misura alternativa al sequestro cosiddetto “impeditivo”, proprio al fine di salvaguardare i livelli occupazionali. Sul punto, il giudice ha evidenziato come “nel caso di specie, sussistono fondate ragioni per ritenere che la libera disponibilità da parte degli indagati delle strutture possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato, atteso che, in assenza di controllo, è del tutto probabile che gli stessi proseguirebbero nelle condotte di sfruttamento dei lavoratori dipendenti.” L’operazione scaturisce dalla rimodulazione delle linee d’azione volte a contrastare, in maniera trasversale, i fenomeni di illegalità economico-finanziaria più lesivi ed insidiosi del già precario quadro socio-economico, così progressivamente orientando i controlli in materia di lavoro nero e irregolare, verso le condotte più gravi e pervasive. Secondo le Fiamme gialle l’operazione testimonia come la Procura della Repubblica di Messina e la Guardia di Finanza, in ragione delle specialistiche funzioni di polizia economico-finanziaria, operino costantemente per la salvaguardia dei lavoratori, per garantire il corretto assolvimento degli oneri contributivi e previdenziali, nonché, soprattutto nell’attuale periodo di crisi economica, attribuisca una rilevanza primaria alla tutela dei diritti delle fasce più deboli della società, le quali potranno rivolgersi con fiducia alle Istituzioni in ipotesi della specie.

Più informazioni: caporalato rsa  


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