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Evasione fiscale alla Fenapi, rinviati a giudizio Cateno De Luca e altri otto
di Andrea Rifatto | 11/07/2018 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 11/07/2018 | CRONACA
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Cateno De Luca e Carmelo Satta
Tutti a processo gli indagati dell’inchiesta Fenapi sull’evasione fiscale. Poco prima delle 17 il Gup Simona Finocchiaro ha emesso il verdetto dopo quattro ore di camera di consiglio, al termine dell’udienza preliminare iniziata questa mattina. Rinviati a giudizio Cateno De Luca, attuale sindaco di Messina, e altre otto persone, che dovranno rispondere di evasione fiscale e false fatturazioni per un importo che a seguito dei proscioglimenti scende da 1,7 milioni a 1,1 milioni di euro. Cade invece per tutti l’accusa di associazione a delinquere contestata dalla Procura della Repubblica, secondo la quale al vertice del sodalizio criminoso vi era proprio De Luca. Il processo inizierà il 21 giugno 2019 davanti la Prima Sezione Penale e vedrà sul banco degli imputati, oltre l’attuale parlamentare regionale e primo cittadino della Città dello Stretto, l’ex sindaco di Alì Carmelo Satta e vari ex collaboratori di Cateno De Luca e consulenti dell’ente, ossia Cristina Triolo, imputata nella qualità di diretta collaboratrice di De Luca, segretaria nazionale Fenapi e membro del Consiglio direttivo; la sorella Floretana Triolo, come diretta collaboratrice di De Luca, consigliere della Dioniso Srl, membro del Consiglio direttivo Fenapi e rappresentante legale del Caf Impresa Fenapi; Antonino Bartolotta (sindaco di S. Teresa dal 1994 al 2003) come stretto collaboratore di De Luca e amministratore della Delnisi Srl tra il 2007 e il 2008; Giuseppe Ciatto, commercialista deputato alla redazione di bilanci, scritture contabili e dichiarazioni fiscali del Caf Fenapi, nonché liquidatore della Delnisi Srl e della Nisaweb Srl; Francesco Vito, responsabile dell’area fiscale del Caf Fenapi Srl; Carmelina Cassaniti (consigliere comunale a S. Teresa dal 2012 al 2017) nella qualità di rappresentante legale del Caf Impresa Fenapi Srl, rappresentante legale della Nisaweb Srl, della Sviluppo Sociale, consigliere della Dioniso e membro del Consiglio direttivo della Fenapi Nazionale; Fabio Nicita, stretto collaboratore di De Luca, vicepresidente del Consiglio di amministrazione e consigliere del Caf Fenapi, membro del Consiglio direttivo della Fenapi nazionale. Stralciata la posizione di Domenico Magistro, collaboratore di De Luca e presidente del collegio sindacale del Caf Fenapi Srl dal 2013 al 2015, che ha chiesto il rito abbreviato e sarà processato il prossimo ottobre. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Carlo Taormina, Tommaso Micalizzi, Giovanni Mannuccia, Emiliano Covino, Massimo Brigandì, Sebastiano Campanella e Maria Grazia Bertilone. In dettaglio è stato disposto il proscioglimento per i capi A, M, N, O, P, Q della richiesta di rinvio a giudizio e le contestazioni suppletive di cui ai capi R, S, T, formulate oggi in udienza. Dunque cadono, per tutti gli imputati, le accuse di associazione a delinquere, di dichiarazione fraudolenta per il conseguimento di risparmi di imposta per un totale di 380mila euro di Ires e 240mila di Iva e di associazione a delinquere per De Luca e Satta come vertici del Caf Fenapi Srl. Il processo verterà sui capi di imputazione B, C, D, E, F, G, H, I, J, K, L, ossia dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici per illecito risparmio di imposta di 756mila euro di Ires, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti per 133mila euro di Ires e 49mila euro di Iva e di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, quest’ultimo capo contestato solo a De Luca e Satta. De Luca e Satta vennero arrestati l’8 novembre da Carabinieri e Guardia di Finanza (e scarcerati qualche giorno dopo dal Gip) perché accusati dalla Procura di Messina, con il sostituto procuratore Antonio Carchietti che ha coordinato le indagini, di aver messo in piedi insieme agli altri indagati un’organizzazione che ha “inquinato” i rapporti tra il Caf Fenapi e la Fenapi con costi fittizi e partite di giro per eludere il Fisco, relativi in particolare al personale, al mantenimento delle sedi e a servizi affidati a società esterne, con un’evasione fiscale da un milione 742mila euro, somma posta inizialmente sotto sequestro dalla Finanza prima che il Tribunale del Riesame revocasse la misura cautelare disponendone la restituzione. Le motivazioni di quest’ultimo provvedimento sono state depositate il 13 marzo e secondo i giudici del Collegio non vi è stata nessuna operazione fittizia ma solo ricostruzioni contabili per predisporre documentazione riepilogativa da produrre presso gli organi di giustizia tributaria a seguito della verifica fiscale delle Fiamme gialle condotta tra dicembre 2013 e maggio 2014. Secondo il Riesame non era inoltre sostenibile l’esistenza di un’associazione a delinquere messa in piedi dare direttive ai collaboratori per falsificare documenti così da costituire prove false per documentare operazioni mai compiute. Provvedimento, quello del Riesame, contro cui la Procura aveva fatto ricorso, che è stato però dichiarato inammissibile questa mattina dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha infatti respinto la richiesta contro il provvedimento di scarcerazione per Cateno De Luca e Carmelo Satta dagli arresti domiciliari e sul dissequestro dei beni e sull’interdizione ad amministrare società.