Sabato 23 Novembre 2024
In servizio al Policlinico di Messina, avrebbero ingannato l'azienda e le pazienti


Falsi tumori per giustificare interventi di chirurgia plastica, arrestati tre medici

25/06/2016 | CRONACA

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Certificavano l’esistenza di falsi tumori sulle pazienti così da giustificare la necessità di eseguire interventi di chirurgia plastica. Tre medici in servizio presso il Policlinico “G Martino” di Messina sono stati arrestati questa mattina dalla Polizia di Stato con l’accusa di falso materiale e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale, peculato e truffa aggravata, consumati in concorso nell’esercizio delle loro funzioni di dirigenti medici dall’Azienda universitaria messinese tra il 2011 e il 2013. Ai domiciliari, in base  ad un’ordinanza emessa dal gip di Messina Tiziana Leanza, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Antonella Fradà, sono finiti Letterio Calbo, 69 anni, all’epoca dei fatti direttore del Reparto di Endocrinochirurgia; il figlio Enrico Calbo, 40 anni, in qualità di specializzando dello stesso reparto, e Massimo Marullo, 59 anni, all’epoca vicedirettore di Endocrinochirurgia; La complessa attività d’indagine svolta dai poliziotti della Sezione di Polizia giudiziaria, avviata a partire dal giugno 2013 su delega della locale autorità giudiziaria a seguito di una segnalazione pervenuta dalla Direzione generale del Policlinico, parallela ad un’attività ispettiva interna che aveva dato luogo a delle sanzioni disciplinari, in ordine ad anomalie riscontrate in alcuni interventi eseguiti nel periodo 2012-13, consentiva di appurare la natura fraudolenta delle condotte poste in essere dai tre medici, non solo nei casi evidenziati bensì per tutta una serie di interventi chirurgici praticati presso il reparto di Endocrinochirurgia addirittura a partire dal 2011.  

La condotta materiale consisteva nel dissimulare degli interventi di chirurgia estetica additiva (mastoplastica), certificando l’esistenza di patologie oncologiche, di origine traumatica e/o malformativa; in alcuni casi si era poi reso necessario un secondo intervento per la sostituzione delle protesi difettose, in precedenza impiantate da Massimo Marullo e da Enrico Calbo, che pur essendo ancora uno specializzando operava o insieme a Marullo o in via esclusiva. Secondo le indagini, il consolidato modus operandi implicava la sistematica alterazione della documentazione clinica, cui concorreva a pieno titolo  Letterio Calbo nella qualità di direttore del reparto di Endocrinochirurgia, con l’effetto di trarre in inganno sia le pazienti, sia l’Azienda ospedaliera che il Servizio sanitario regionale.

Alle pazienti veniva richiesto il pagamento delle protesi impiantate, per importi di qualche migliaio di euro, di cui i medici si appropriavano, omettendo di dichiarare all’Azienda sia l’indebito compenso ricevuto, sia l’impiego di una diversa tipologia di protesi rispetto a quelle in uso alla farmacia del Policlinico, in palese violazione del protocollo sanitario. Ciò era possibile grazie all’apposizione sulle cartelle cliniche di etichette non corrispondenti a quelle delle protesi impiantate. Il danno economico arrecato al Policlinico non si limitava però solo al mancato versamento delle somme corrisposte dalle pazienti, essendo aggravato dalla regolare utilizzazione di sale operatorie e apparati della struttura pubblica. Ad un secondo livello si verificava la truffa in danno del Ssr, cui venivano falsamente segnalati come rientranti nella casistica dei Les (livelli essenziali di assistenza) interventi non coperti in tutto o in parte dalla Regione, per i quali non era quindi dovuto il rimborso.    

La nota dell’Università di Messina. In relazione all’inchiesta che ha portato la magistratura all’emissione di provvedimenti restrittivi nei confronti di docenti dell’Ateneo in servizio presso l’Azienda ospedaliera universitaria “G. Martino”, l’Università degli Studi di Messina, una volta che verranno notificati gli atti relativi, adotterà i provvedimenti del caso di concerto con l’Azienda. Si evidenzia  inoltre, come la vicenda giudiziaria nasca proprio da una segnalazione dell’Aou che, insieme all’Ateneo, aveva anche comminato delle prime sanzioni.


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