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Femminicidio di Deborah Pagano, rinviato a giudizio il compagno: un complice lo aiutò
di Andrea Rifatto | 14/06/2023 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 14/06/2023 | CRONACA
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La vittima aveva 31 anni
Undici mesi fa la tragica morte di una giovane nel fiore degli anni, ora il rinvio a giudizio dell’uomo accusato di averla uccisa. Si aprirà il 3 ottobre il processo per il femminicidio di Catena Pagano, da tutti chiamata Deborah, la 31enne di Letojanni uccisa l’8 luglio scorso a Giarre dove viveva con il compagno, il 40enne giarrese Leonardo Fresta (nella foto a lato), con parecchi precedenti alle spalle. Proprio l’uomo che diceva di amarla, rinchiuso nel carcere di Enna da quei giorni, è accusato di omicidio volontario aggravato e adesso il gup Luigi Barone del Tribunale di Catania ha disposto il processo davanti la Corte d’assise, accogliendo la richiesta dei magistrati Fabio Scavone e Fabio Platania della Procura della Repubblica, che hanno coordinato le indagini condotte dai Carabinieri della Compagnia di Giarre e del Comando provinciale. Fresta, difeso dall’avvocato Salvatore La Rosa, è accusato di aver ucciso la donna “colpendola su varie parti del corpo e procurandole ecchimosi e contusioni sparse, nonché la frattura dello sterno, annegandola all’interno della vasca da bagno fino a determinarne l’asfissia meccanica, primitiva e violenta”. Un delitto scaturito per l’accusa da futili motivi, riconducibile “a divergenza relazionali e a non meglio specificate ragioni di gelosia”. Ad aiutare Fresta, secondo la Procura, intervenne un’altra persona, il 49enne giarrese Antonino Pistorio, accusato di occultamento di cadavere in concorso perchè “avvolgevano il corpo all’interno di una coperta, collocandolo all’interno di un’autovettura Fiat 500X, mantenendolo in tale condizione all’interno del vano bagagliaio per oltre una giornata”. Pistorio, difeso dall’avvocato Claudio Grassi, deve rispondere anche di favoreggiamento per aver aiutato l’amico ad eludere le indagini, ma per lui è stato disposto un procedimento separato perchè ha richiesto la messa alla prova e si tornerà in aula il 25 settembre. L’inchiesta condotta dai pubblici ministeri Scavone e Platania, che hanno ripercorso la vicenda in udienza, ha permesso di ricostruire gli avvenimenti di quei giorni, anche grazie alle telecamere di videosorveglianza situate in via Principessa Mafalda a Macchia di Giarre, dove la coppia viveva con la figlioletta, in quei giorni a Letojanni dalla nonna materna, oggi tutrice della bambina e parte offesa insieme ai familiari, tutti assistiti dall’avvocato Angela Ruggeri. Secondo le indagini, dopo il delitto compiuto la sera dell’8 luglio Fresta ripulì tutta la casa e nelle ore successive uscì e rientrò ripetutamente dall’alloggio, fin quando il pomeriggio del 9 luglio si fece aiutare da Pistorio a caricare il cadavere della giovane nell’auto custodita in un garage vicino, dove rimase per le successive 24 ore. Poi, uscito da casa con una pala, iniziò a girare con l'auto per vari comuni etnei, violando anche gli obblighi di sorveglianza speciale, forse con l’idea di liberarsi del corpo della 31enne, ma fece rientro a Macchia di Giarre e nel pomeriggio del 10 luglio riportò la salma in casa, chiamando il 118 e raccontando di aver trovato due giorni prima Deborah ormai priva di vita riversa sul pavimento del bagno. La sua versione non convinse da subito: oltre allo stacco temporale di oltre un giorno e mezzo tra il momento della morte e quello in cui Fresta chiese aiuto, pur essendosi a suo dire immediatamente reso conto del decesso, i carabinieri trovarono grazie al Luminol diffuse tracce ematiche all’interno dell’abitazione anche in ambienti diversi dal bagno e una generalizzata ed ingiustificata opera di pulizia dei luoghi; inoltre il medico legale riscontrò numerose ecchimosi e fratture sul corpo della vittima, tali da poter escludere un decesso per cause naturali e l’acquisizione di immagini dei sistemi di videosorveglianza della zona e le dichiarazioni rese da conoscenti e parenti della famiglia della vittima fecero emergere numerose contraddizioni che portarono al fermo del 40enne per il reato di omicidio volontario.