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Femminicidio di Furci, i risultati dell'autopsia: ecco come è stata uccisa Lorena Quaranta
di Andrea Rifatto | 03/09/2020 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 03/09/2020 | CRONACA
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Lorena Quaranta aveva 27 anni
È morta per strangolamento Lorena Quaranta, la 27enne di Favara uccisa il 31 marzo a Furci Siculo dal fidanzato Antonio De Pace. La certezza arriva dagli esiti dell’autopsia depositata alla Procura della Repubblica di Messina, sul tavolo del sostituto procuratore Roberto Conte che insieme ai Carabinieri coordina le indagini, dal medico legale Daniela Sapienza, consulente incaricato dopo il delitto per chiarire le cause del decesso della giovane studentessa di Medicina, prossima alla laurea a Messina. La morte, secondo quanto ricostruito dal medico legale, “si è verificata nella mattinata del 31 marzo 2020 intorno alle ore 6.00 (tra le ore 5.30, 6.00)” e “l’esame cadaverico consente di ritenere che sia stata determinata da arresto cardio-respiratorio per asfissia acuta da soffocazione diretta omicidiaria. La suddetta modalità asfittica è documentata dalla presenza della lesività riscontrata a livello degli orifizi respiratori e sul collo. L’esame esterno cadaverico, infatti, ha messo in evidenza i segni esterni della soffocazione rappresentati nello specifico dall’azione diretta delle mani dell’aggressore sul viso e sul collo della vittima”. Prima di strangolarla in quell'appartamento di via Delle Mimose 12, però, il 27enne infermiere calabrese, fidanzato da tre anni con Lorena, l’ha colpita al viso con una lampada e ciò ha provocato una lesione mandibolare riscontrata dal medico legale: “quanto alla lesione riscontrata sul margine inferiore del ramo mandibolare di destra, la stessa per caratteristiche ed entità, risulta conseguenza di trauma diretto prodotto con un oggetto contundente che stante il contestuale riscontro di una sparsa petecchiatura da infiltrato emorragico alla fronte... potrebbe risultare - in via di possibilità -, compatibile con la base della lampada descritta in sede di sopralluogo, sopra il comodino accanto al cadavere”. De Pace, durante il primo interrogatorio nella caserma dei Carabinieri di Santa Teresa, aveva detto di aver ucciso la propria fidanzata “se non erro alle quattro o cinque di mattina, l’orario non lo ricordo. Ho usato un coltello, ho usato un piede, l’ho colpita alla testa con una lampada, l’ho colpita con un coltello all’addome e poi è morta. Con una lampada l’ho colpita alla faccia, la lampada era sul comodino. Le mani le ho messe al collo. L’ho affogata. Non ho altro da dire”. Tra i due c’è stata probabilmente una colluttazione seguita ad un violento litigio, Lorena ha tentato forse di difendersi ma lui non le ha lasciato scampo strangolandola: “La mia ragazza ha reagito, abbiamo avuto una colluttazione e poi l’ho uccisa - aveva detto sempre in sede di interrogatorio - e iniziata una lite alle nove di sera circa e poi l’ho ammazzata alle quattro. Avevo litigato perché soffrivo di ansia per il Coronavirus”. Poi l’infermiere ha tentato di suicidarsi, provocandosi dei tagli al collo e ai polsi. Antonio De Pace, difeso dagli avvocati Ilaria Intelisano e Bruno Ganino, da quel giorno è in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla convivenza e dai motivi abietti e futili e non ha ancora chiarito il perché di tale furia omicida, tranne che sostenere di avere ucciso la propria fidanzata perché in preda all’ansia dovuta alla positività al Coronavirus a lui trasmesso dalla ragazza (circostanza rivelatasi falsa, come dimostrato dall’esito degli accertamenti effettuati, che hanno acclarato la negatività di entrambi al virus) a causa della quale “sono uscito pazzo - aveva riferito agli inquirenti - ho saputo un venti giorni fa che mi sono ammalato e ho contagiato tutti. Ho contagiato tutti i miei parenti”. Ma non era vero. Adesso si attende l’esame sui cellulari dei due fidanzati, sequestrati dai Carabinieri dopo il delitto, per provare a dare delle risposte anche ai familiari di Lorena, rappresentati dall’avvocato Giuseppe Barba.