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Femminicidio di Lorena Quaranta a Furci, aperto il processo: sfilano i primi testimoni
di Redazione | 18/03/2021 | CRONACA
di Redazione | 18/03/2021 | CRONACA
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Lorena Quaranta aveva 27 anni
Si è aperto ieri mattina davanti la Corte d’Assise di Messina il processo per il femminicidio di Lorena Quaranta la studentessa di medicina, originaria di Favara, uccisa il 31 marzo dello scorso anno in una villetta di Furci Siculo. Sul banco degli imputati Antonio De Pace, infermiere calabrese, fidanzato della ragazza, difeso dagli avvocati Salvatore Silvestro e Bruni Ganino. L’udienza è stata dedicata all’esame dei primi testimoni dell’accusa, rappresentata dal pubblico ministero Roberto Conte, il magistrato che ha condotto le indagini: in particolare, i carabinieri della Stazione di Santa Teresa di Riva intervenuti nella villetta, i familiari della ragazza, amici e conoscenti La Corte d’Assise, presieduta dal giudice Massimiliano Micali, con giudice a latere Giuseppe Miraglia, ha ammesso tra le parti civili altre due associazioni antiviolenza, il centro antiviolenza di Bronte e una onlus di Floridia. Si erano costituite parte civile, già in fase di udienza preliminare, i familiari della studentessa, assistiti dall’avvocato Giuseppe Barba, e otto associazioni impegnate nella sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, "Al Tuo Fianco" di Roccalumera (che gestisce un centro antiviolenza proprio a Furci), "Evaluna Onlus", "Insieme per Marianna Manduca", "Genesis", "Gens Nova", "Pink Project", "Cedav Messina" e "Una di noi Onlus". La prossima udienza è stata fissata per il 16 giugno. Già in udienza preliminare il gup aveva rigettato l'istanza avanzata dai legali di De Pace finalizzata a disporre una perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e di volere dell’imputato per celebrare il processo con il rito abbreviato, rinviandolo quindi a giudizio con rito ordinario davanti alla Corte d’assise. Secondo l’accusa, Antonio De Pace ha premeditato l’uccisione di Lorena Quaranta, studentessa di Medicina all’Università di Messina, e non ha agito in preda ad un raptus o preso dalla rabbia, come si era pensato in un primo momento. A sostegno di questa tesi alcuni messaggi WhatsApp inviati prima del delitto alla sorella e al fratello, con i quali manifestava la volontà di trasferire i risparmi, accumulati nel proprio conto corrente, ai nipoti: messaggi che poi ha cancellato dal cellulare per non lasciare tracce. Per la Procura segno che aveva pianificato il delitto attuato nella villetta di via Delle Mimose ed era certo delle conseguenze che ne sarebbero derivate. L’assassino, secondo quanto ricostruito dalle indagini, ha colpito Lorena con un oggetto contundente per tramortirla e poi le ha messo la mani al collo per strangolarla, causandone la morte pochi istanti dopo per asfissia acuta da soffocazione diretta.