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Femminicidio di Lorena Quaranta, nel processo "bis" De Pace potrebbe evitare l'ergastolo
di Andrea Rifatto | 18/10/2024 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 18/10/2024 | CRONACA
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Lorena Quaranta e Antonio De Pace
Si è riaperto a Reggio Calabria il processo per l’omicidio di Lorena Quaranta, la studentessa 27enne originaria di Favara uccisa il 31 marzo del 2020 a Furci Siculo. Un processo “bis” nato dopo che la Corte di Cassazione ha disposto l’annullamento con rinvio, limitatamente all’applicabilità delle attenuanti generiche, della condanna all’ergastolo inflitta dalla Corte d’appello di Messina il 18 luglio 2023 al trentenne calabrese Antonio De Pace, il fidanzato della giovane accusato di omicidio aggravato e premeditato. Ieri il sostituto procuratore generale ha chiesto alla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria la condanna dell’infermiere 34enne di Dasà (Vivo Valentia) a 24 anni di reclusione con il riconoscimento dell'equivalenza delle attenuanti generiche alle aggravanti, richiesta alla quale si sono opposti tutti i legali di parte civile, a partire dall’avvocato che assiste la famiglia Quaranta, Giuseppe Barba, chiedendo la conferma dell’ergastolo, così come le avvocate Cettina Miasi e Cettina La Torre in rappresentanza delle associazioni antiviolenza. I difensori di De Pace, gli avvocati Bruno Ganino, Salvatore Staiano e Salvatore Silvestro sollecitano invece la concessione delle attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante, che consentirebbe di evitare l’ergastolo con una riduzione della condanna a 30 anni di reclusione. La sentenza arriverà il 28 novembre. La Cassazione ha chiesto di considerare anche lo stress da Covid dell’imputato, ritenendo che “i giudici di merito non abbiano verificato se la specificità del contesto, il periodo Covid e la difficoltà di porvi rimedio costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale” e “andava verificato se, data la specificità del contesto, possa, e in quale misura, ascriversi all'imputato di non avere efficacemente tentato di contrastare lo stato di angoscia del quale era preda e, parallelamente, se la fonte del disagio, evidentemente rappresentata dal sopraggiungere dell'emergenza pandemica con tutto ciò che essa ha determinato sulla vita di ciascuno e, quindi, anche dei protagonisti della vicenda, e, ancor più, la contingente difficoltà di porvi rimedio costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale”. Parole che hanno suscitato reazioni di sgomento da parte della società civile e delle associazioni antiviolenza, che hanno portato anche ad organizzare una marcia silenziosa a fine luglio a Furci Siculo.