Giovedì 02 Maggio 2024
Le opere sull'A18 dopo il crollo del 2015. Tra gli imputati funzionari e tecnici del Cas


Frana di Letojanni, sei assolti per i lavori di messa in sicurezza: cadono tutte le accuse

di Andrea Rifatto | 18/07/2023 | CRONACA

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I lavori eseguiti nel 2015 al piede della frana

Nessun colpevole e tutti assolti. È arrivato oggi pomeriggio il verdetto del processo per i lavori di messa in sicurezza eseguiti sulla carreggiata dell’autostrada A18 dopo la frana di Letojanni dell’ottobre 2015, che secondo la Procura della Repubblica di Messina furono pagati troppo, con costi gonfiati, ed eseguiti male. La Prima sezione penale del Tribunale di Messina, presieduta dalla giudice Maria Eugenia Grimaldi con a latere Francesco Torre e Francesca Capone, ha assolto i sei imputati da tutti i reati contestati dalla Procura, facendo così crollare il castello accusatorio che nel 2020 diede il via al dibattimento dopo l’inchiesta avviata nel 2017 che portò l’anno dopo all’applicazione di misure cautelari per due dirigenti del Consorzio per le autostrade siciliane e un imprenditore. Il Tribunale ha assolto l’allora direttore generale del Cas Salvatore Pirrone, l’ex dirigente dell’area tecnica Gaspare Sceusa, l’imprenditore letojannese Francesco Musumeci (titolare della Musumeci Costruzioni Generali Spa), il geometra Antonino Spitaleri, allora responsabile del Cas per la sicurezza delle strade (in pensione dal 2016), l’ingegnere Francesco Crinò di Furci Siculo e il geologo Giuseppe Torre di Sant’Agata Li Battiati, questi ultimi nella qualità di progettisti dei lavori scelti dall’impresa Musumeci, dai sei capi di accusa con la formula “perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato”, mentre per tutti gli altri “perchè il fatto non sussiste”. I reati contestati andavano dal disastro ambientale al peculato, dal falso in atto pubblico all’abuso d’ufficio, fino all’inadempimento in pubbliche forniture. A fine gennaio il pubblico ministero Francesca Bonanzinga aveva chiesto la condanna a 7 anni e 10 mesi di reclusione per Pirrone e Sceusa, 7 anni per Spitaleri, 6 anni e 10 mesi per Musumeci, 5 anni per Crinò e Torre. I sei sono stati difesi dagli avvocati Rosario Trimarchi, Alberto Gullino, Giovanni Calamoneri, Francesca Bilardo, Antonio Pillera e Rosa Anna Scalia. Il Cas si era costituito parte civile con l’avvocato Domenico Andrè.

L’accusa contestava una serie di comportamenti illeciti durante la la fase di progettazione e quella di esecuzione degli interventi di messa in sicurezza dell’area, nonché la realizzazione di una barriera di contenimento del movimento franoso giudicata totalmente inadeguata rispetto al livello di rischio idrogeologico. Secondo la Procura i due dirigenti del Cas avevano omesso di esercitare qualsivoglia tipo di controllo nei confronti della ditta incaricata dell’esecuzione dei lavori, sostenendo in luogo di quest’ultima le spese di progettazione dei lavori e permettendo una ingiustificata lievitazione dei costi dell’opera, senza impedire che la realizzazione dei lavori venisse eseguita in maniera inadeguata, con modalità diverse da quelle indicate nel prezziario Anas, tanto che il 25 novembre 2016 si verificò lo sfondamento della protezione con colamento di materiale sciolto misto a detriti e rotolamento a valle di blocchi di diversa pezzatura, che finirono sulla corsia destinata alla circolazione, a causa dell’inadeguatezza della rete, come attestato dal Genio civile il 6 dicembre 2016. In sostanza gli inquirenti sostenevano che il Cas avesse consegnato all’impresa Musumeci un mandato in bianco senza fornire alcuna indicazione sul tipo di lavori da effettuare e sui costi da sostenere, abdicando a vagliare l’idoneità dell’intera opera ad assicurare effettivamente la messa in sicurezza del tratto autostradale. Tesi che non hanno retto in giudizio. Tra sessanta giorni si conosceranno le motivazioni della sentenza.


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