Frana sull'A18 a Letojanni, chieste 6 pesanti condanne per i lavori di messa in sicurezza
di Andrea Rifatto | 01/02/2023 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 01/02/2023 | CRONACA
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Le opere realizzate dopo la frana
Sei richieste di condanna per i lavori di messa in sicurezza eseguiti sulla carreggiata dell’autostrada A18 dopo la frana di Letojanni dell’ottobre 2015, che secondo la Procura della Repubblica di Messina furono pagati troppo, con costi gonfiati, ed eseguiti male. Le ha formulate ieri il pubblico ministero Francesca Bonanzinga nell’ambito del processo iniziato tre anni fa dopo l’inchiesta avviata nel 2017 che portò l’anno dopo all’applicazione di misure cautelari per due dirigenti del Consorzio per le autostrade siciliane e un imprenditore. Imputati davanti la Seconda Sezione penale del Tribunale di Messina, presieduta da Maria Eugenia Grimaldi, sono l’allora direttore generale del Cas Salvatore Pirrone, l’ex dirigente dell’area tecnica Gaspare Sceusa, l’imprenditore letojannese Francesco Musumeci, titolare della Musumeci Costruzioni Generali Spa, il geometra Antonino Spitaleri, allora responsabile del Cas per la sicurezza delle strade (in pensione dal 2016), l’ingegnere Francesco Crinò di Furci Siculo e il geologo Giuseppe Torre di Sant’Agata Li Battiati, questi ultimi nella qualità di progettisti dei lavori scelti dall’impresa Musumeci. L’accusa ha chiesto 7 anni e 10 mesi di reclusione per Pirrone e Sceusa; 7 anni per Spitaleri; 6 anni e 10 mesi per Musumeci; 5 anni per Crinò e Torre. I reati contestati sono disastro ambientale, peculato, falso in atto pubblico, abuso d’ufficio, mentre è stata chiesta l'assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” per l’ipotesi di inadempimento nelle pubbliche forniture, che era contestata solo ad alcuni. I sei sono difesi dagli avvocati Rosario Trimarchi, Alberto Gullino, Giovanni Calamoneri, Francesca Bilardo, Antonio Pillera e Rosa Anna Scalia. Ieri sono intervenuti alcuni legali e l’avvocato Domenico Andrè, che rappresenta il Cas costituito parte civile nel procedimento: poi l’udienza è stata rinviata al 4 aprile quando prenderanno la parola gli altri avvocati e poi arriverà la sentenza. Secondo l’accusa vi furono una serie di comportamenti illeciti che hanno contrassegnato la fase di progettazione e quella di esecuzione degli interventi di messa in sicurezza dell’area, nonché la realizzazione di una barriera di contenimento del movimento franoso risultata totalmente inadeguata rispetto al livello di rischio idrogeologico. L’accusa contesta ai due dirigenti del Cas di aver omesso di esercitare qualsivoglia tipo di controllo nei confronti della ditta incaricata dell’esecuzione dei lavori, sostenendo in luogo di quest’ultima le spese di progettazione dei lavori e permettendo altresì una ingiustificata lievitazione dei costi dell’opera, senza pertanto impedire che la realizzazione dei lavori venisse eseguita in maniera inadeguata, con modalità diverse da quelle indicate nel prezziario Anas tanto che il 25 novembre 2016 si verificò lo sfondamento della protezione con colamento di materiale sciolto misto a detriti e rotolamento a valle di blocchi di diversa pezzatura, che finirono sulla corsia destinata alla circolazione, a causa dell’inadeguatezza della rete, come attestato dal Genio civile il 6 dicembre 2016. In sostanza, come scrisse il giudice per le indagini preliminari Eugenio Fiorentino, il Cas consegnò all’impresa Musumeci un mandato in bianco senza fornire alcuna indicazione sul tipo di lavori da effettuare e sui costi da sostenere, abdicando a vagliare l’idoneità dell’intera opera ad assicurare effettivamente la messa in sicurezza del tratto autostradale.