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Furci, caso "Grecale": per la Cassazione vi sono violazioni urbanistiche e abuso d’ufficio
di Andrea Rifatto | 27/04/2018 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 27/04/2018 | CRONACA
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ll Residence Grecale
Per la Corte di Cassazione nella costruzione del Residence Grecale sul lungomare di Furci Siculo vi sono violazioni urbanistiche e abuso d’ufficio. Lo si evince dalla sentenza con cui sono stati dichiarati inammissibili e infondati i ricorsi presentati da familiari e parenti del sindaco Sebastiano Foti, nella qualità di proprietari-committenti dell’immobile all’epoca della richiesta della concessione edilizia con il Piano casa, contro il sequestro della struttura ordinato lo scorso anno. Il provvedimento emesso dalla Terza Sezione penale della Suprema Corte è stato pubblicato nei giorni scorsi, dopo l’udienza del 20 febbraio, e arriva un mese dopo al proscioglimento di tutti gli indagati dalle accuse di abuso d'ufficio e violazioni urbanistiche e al dissequestro dell’immobile disposto dal Gup Simona Finocchiaro del Tribunale di Messina nell’udienza preliminare del 26 marzo, con un provvedimento le cui motivazioni non sono state ancora depositate. Carmela Maccarrone, Concetta Maccarrone, Francesco Maccarrone, Maurizio Maccarrone, Rosario Maccarrone (1960) e Rosario Maccarrone (1964), tramite gli avvocati Ferruccio Puzzello e Pietro Luccisano, avevano chiesto l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale del Riesame di Messina che il 31 luglio 2017 ha rigettato l’istanza di dissequestro, confermando il decreto del 10 luglio del Gip. La Cassazione ha adesso giudicato illegittimi i ricorsi per la proposizione di motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e manifestamenti infondati, confermando le tesi della Procura della Repubblica di Messina, e ha condannato i ricorrenti al pagamento di 2mila euro ciascuno a tiolo di spese processuali. La tesi della difesa. Secondo i legali della famiglia Maccarrone “il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto non ultimato il fabbricato di cui al primo piano e, con una inesatta valutazione dello stato dei luoghi, avrebbe risposto alle censure difensive con motivazione illogica e frutto di errata valutazione dei fatti. La motivazione sarebbe anche contraddittoria laddove avrebbe disatteso i pareri provenienti dal Dipartimento regionale dell'Urbanistica dell'Assessorato regionale e, in particolare, sulla natura residenziale dell'edificio, come risultante dal progetto approvato con il rilasciato permesso a costruire, anche con riferimento al piano terra ove la conservazione del magazzino sarebbe pertinenziale alle residenze sovrastanti. Parimenti, il Tribunale avrebbe disatteso con motivazione illogica il dictum del giudice amministrativo sulla corretta interpretazione del requisito di regolarità tributaria. Infine, dalla lettura degli atti sarebbe illogica e frutto di presunzioni la sussistenza del fumus con riguardo al reato di cui all’art. 323 codice penale (abuso d’ufficio). La sentenza della Cassazione. “Il Tribunale cautelare, contrariamente all'assunto difensivo, ha argomentato, in base ai dati fattuali incontestati l'assenza dei presupposti normativi fissati dall'art. 2 "Interventi edilizi di ampliamento degli edifici esistenti" della legge regionale 6/2010, e segnatamente l'assenza in parte del requisito di residenzialità, in quanto risultava costituito da un piano terra opificio, classato come D1, un primo piano "non ultimato" alla data del 31/09/2009, prevedeva, altresì, in contrasto con il Prg, una terza elevazione, ed era mancante la prevista regolarità tributaria di cui al citato art. 2 ("purché al momento del rilascio del titolo abilitativi edilizio relativo agli interventi di cui al presente articolo siano in regola con il pagamento della Tarsu o della Tia e dell'Ici alla data della presentazione dell'istanza di cui all'articolo 6). Il Tribunale ha confermato il provvedimento cautelare facendo corretta applicazione della legge extrapenale (legge regionale c.d. Piano casa) e dall'assenza dei citati presupposti per l'ampliamento, ha tratto convincente e motivata decisione della sussistenza del fumus commissi delicti del reato urbanistico contestato. La motivazione non solo non appare apparente, ma è anche adeguata e corretta sul piano del diritto. Quanto al profilo del fumus commissi delicti in relazione al reato di abuso in atti di ufficio, esso è stato correttamente individuato sulla scorta di una pluralità di elementi significativi; oltre alle ripetute macroscopiche violazione di legge, la circostanza che l'adozione del provvedimento era avvenuta, nonostante i dubbi sulla regolarità manifestati dall'allora ing. Francesco Foti, responsabile del settore edilizia del Comune di Furci Siculo, all'indomani dell'elezione a sindaco del marito di Carmela Maccarone (Sebastiano Foti, ndc), e con il rientro anticipato dell'architetto Claudio Crisafulli (distaccato ad altro servizio) e la attribuzione al sindaco medesimo della responsabilità di dirigente dell'Area tecnica del Comune, elemento quest'ultimo a connotare il dolo specifico del reato, di cui all'art. 323 codice penale, del fine di ingiusto profitto”.