Furci, la Cassazione conferma la condanna dell’ex assessore Crinò per abuso d’ufficio
di Andrea Rifatto | 22/04/2017 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 22/04/2017 | CRONACA
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Francesco Crinò all'epoca dei fatti era consigliere comunale
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a otto mesi di reclusione (pena sospesa) nei confronti dell’ingegnere Francesco Crinò, assessore del comune di Furci Siculo tra il 2010 e il 2012, imputato per abuso d’ufficio per fatti commessi nel 2007, quando era consigliere comunale e ricopriva il ruolo di componente della Commissione comunale permanente Urbanistica-Assetto del Territorio e Piano Servizi. Crinò, difeso dall’avvocato Francesco Siracusano di Messina, era stato condannato in primo grado dal Tribunale peloritano nel gennaio 2014, sentenza confermata dalla Corte d’Appello nel novembre 2015, perché nella seduta della Commissione consiliare del 12 ottobre 2007 ha richiesto alla Commissione edilizia comunale, congiuntamente ad altri componenti, la modifica di un articolo delle norme di attuazione del Regolamento edilizio, contravvenendo all’obbligo di astensione in quanto aveva un interesse proprio nella vicenda. Secondo i giudici dei tre gradi di giudizio, quella specifica modifica al Regolamento, sulla quale la Commissione edilizia espresse parere favorevole e che venne approvata dal Consiglio comunale il 7 novembre 2007, ha favorito Crinò ed era correlata a un suo interesse personale e diretto, in quanto gli ha consentito di regolarizzare una situazione che riguardava due palazzine di sua proprietà, finite al centro di una controversia legale con alcuni privati limitanti per questioni di distanze non rispettate. La Terza Sezione di Cassazione ha quindi rigettato il ricorso presentato da Francesco Crinò contro la sentenza d’Appello, condannandolo al pagamento delle spese processuali e alla refusione delle spese sostenute delle parti civili, liquidate in 2mila 800 euro. Il reato si sarebbe prescritto l’1 giugno 2018. La vicenda. L’ingegnere Crinò era uscito sconfitto in primo grado in un procedimento civile che prese il via nel 1996, quando venne citato in giudizio, insieme ad altri tre familiari, dai proprietari di un’abitazione di Furci per motivi inerenti l’inosservanza della distanza tra il loro terreno con annesso fabbricato e quello di proprietà Crinò, in quanto ritenevano che non fosse stata rispettata la distanza di 3 metri dal confine per pareti non finestrate e di 5 metri per pareti finestrate. Crinò, dopo il sopralluogo e la perizia redatta da un consulente tecnico del tribunale, era stato condannato nel luglio 2004 a procedere all’arretramento di due corpi di fabbrica edificati sul confine tra il suo fondo e un vicolo, così da rispettare le distanze previste. Sentenza contro cui Crinò propose appello, evidenziando come nel frattempo fosse intervenuta una modifica al Regolamento edilizio e alle norme di attuazione del Prg di Furci che faceva cadere il mancato rispetto delle distanze, così come effettivamente riscontrato dal consulente tecnico nominato dalla Corte d’Appello, che stabilì il posizionamento conforme dei corpi di fabbrica oggetto del contendere alla luce delle modifica al Regolamento, in quanto venne inserita la possibilità di costruire sul confine anche nel caso sia interposto un preesistente fondo avente larghezza inferiore a 6 metri, quindi nel caso specifico il vicolo. Quella modifica, hanno stabilito i giudici penali, è stata richiesta da Crinò “all’evidente scopo di rovesciare le sorti del giudizio” e lo stesso “doveva astenersi anche dall’intervenire in Commissione promuovendo e conseguendo una specifica modifica a proprio favore del Regolamento edilizio”. Crinò si è difeso dicendo che il voto favorevole espresso in Commissione permanente Urbanistica-Assetto del Territorio e Piano Servizi non configurava abuso d’ufficio essendo improduttivo ai fini giuridici, in quanto contava l’approvazione in Consiglio comunale, alla cui seduta non partecipò. I giudici hanno invece ritenuto che avesse l’obbligo di astenersi anche in Commissione, articolazione interna al Consiglio, evidenziando come quella modifica, “stante il carattere assai limitato del territorio comunale, riguardava una specifica prescrizione di cui era riconoscibile l’obiettivo, non involgente linee generali di pianificazione ma correlato ad un interesse personale del pubblico amministratore”. La vicenda ebbe anche risvolti politici in quanto Crinò si dimise da assessore nell’agosto 2012, dopo che il sindaco Bruno Parisi gli revocò le deleghe in seguito alla notifica dell’avviso di garanzia. Concluso il processo penale in Cassazione, alla luce della condanna definitiva le parti civili potranno adesso chiedere il risarcimento del danno subito, come stabilito nella sentenza di primo grado.