Sabato 31 Agosto 2024
L'inchiesta che ha portato a quattro misure interdittive per corruzione, truffa e falso


Gestione clientelare e inquinamento al Consorzio Rete Fognante, 13 gli indagati - I NOMI

di Andrea Rifatto | 11/05/2024 | CRONACA

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Reflui inquinanti sversati nel fiume Alcantara

Sono complessivamente tredici gli indagati nell’inchiesta della Procura della Repubblica di Messina sulla gestione clientelare al Consorzio per la Rete Fognante di Taormina-Giardini Naxos-Letojanni-Castelmola. Ieri la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato di Taormina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dalla giudice per le indagini preliminari Tiziana Leanza per le ipotesi di reato di corruzione, turbativa d’asta, falso materiale e ideologico, truffa e inquinamento ambientale, con misure interdittive a carico di quattro persone. Disposta la sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nei confronti di un ex dirigente del Consorzio, Giuseppe Caudullo, ex responsabile dell’Area economico-finanziaria; e poi il divieto temporaneo di contrarre con la Pubblica Amministrazione per un professionista già dirigente dell’Ente, l’ingegnere Oscar Alberto Aymà, ex responsabile dell’Area tecnica del Consorzio, e per due imprenditori, Angelo Oliveri di Taormina e Sebastiano Sgroi di Giardini Naxos. Nell’inchiesta risultano indagate altre nove persone:  l’ex presidente del Consorzio Rete Fognante Mauro Passalacqua, in carica fino a maggio 2023; Patrizia Savio di Giardini Naxos, legale rappresentante della ditta “Eco Beach”; Francesco Cipolla di Taormina, Antonio Culoso di Castelmola, Orazio Luigi De Maria di Giardini Naxos, Fabio Maccarrone di Piedimonte Etneo, Veronica Spoto di Gaggi, Giuseppe Sterrantino di Fiumefreddo e Giovanni Taliò di Taormina.

Le indagini partite dopo una denuncia, andate avanti per alcuni anni con complesse ricostruzioni documentali, intercettazioni ambientali e accertamenti bancari, hanno messo in luce l’esistenza quello che la Procura di Messina definisce “un collaudato sistema di cattiva gestione delle funzioni pubbliche, in totale spregio dei principi di correttezza, trasparenza ed imparzialità che dovrebbero presiedere all’azione amministrativa”. Il sistema illecito ruotava attorno alle figure Aymà e Caudullo, che secondo l’accusa gestivano in maniera clientelare i lavori di manutenzione al Consorzio Rete Fognante, senza rispettare la normativa sui contratti pubblici, affidandoli arbitrariamente ad alcuni imprenditori per la realizzazione di scopi personalistici, quali incarichi privati retribuiti ed altre varie utilità economiche. Inoltre gli investigatori hanno dimostrato che il responsabile tecnico aveva consentito l’utilizzo dell’impianto di depurazione anche in assenza dell’autorizzazione allo scarico, risultata ormai scaduta, e della manutenzione della struttura, obbligatorie per il trattamento a norma di legge delle acque reflue, arrivando ad autorizzare uno degli imprenditori colpiti dalla misura restrittiva allo scarico reiterato di reflui fognari non depurati nelle acque del fiume Alcantara, in totale inosservanza delle prescrizioni e provocando un significativo danno all’ecosistema fluviale.


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